Vincere la battaglia contro il narcotraffico potrebbe essere anche questione di matematica. Perché un’analisi scientifica delle dinamiche e delle strutture dei gruppi criminali impiegati nel traffico di droghe potrebbe mettere in luce relazioni e punti chiave delle organizzazioni che sfuggono alle autorità. È quanto suggerisce un’analisi riportata sul New Scientist che prende in considerazione studi e progetti matematici e informatici usati per analizzare le dinamiche del narcotraffico e i modi per combatterlo.
Oggi la logica del top-down – colpire la cima di un’organizzazione per nuocere a valle – non può bastare. Insomma è improbabile che la morte di Heriberto Lazcano decreterà la fine del cartello di narcotrafficanti messicano di cui era il leader, quello dei Los Zetas. I protagonisti non spariranno semplicemente per la perdita del capo. Era stato così dopo la morte del colombiano Pablo Escobar, a capo del cartello del narcotraffico di Medellin. Nel 1993 Escobar moriva, e con lui il suo cartello, che non sarebbe scomparso, ma solo frammentato. Nel 1996 in Colombia si contavano 300 mini organizzazioni, ha spiegato Michael Lawrence del Waterloo Institute for Complexity and Innovation, in Canada.
Ecco allora che un aiuto potrebbe arrivare dall’informatica, con algoritmi in grado di analizzare e rappresentare il network di relazioni esistenti tra i diversi membri delle organizzazioni, mostrandone anche le relative forze. In questo modo, suggerisce Eduardo Salcedo-Albaran, della Vortex Foundation di Bogotá, che si occupa proprio di questo, è possibile rendere visibile relazioni e protagonisti che altrimenti sfuggirebbero. Personaggi chiave del narcotraffico, come quelli che Salcedo-Albaran chiama i betweeners, quelli che si trovano in mezzo tra due gruppi e che pure tra loro non sembrano così legati. La via tra l’illegalità e il legale, continua Salcedo-Albaran, quali sono poliziotti e autorità, spesso corrotti in Colombia e Messico da parte dei vari cartelli e che potrebbero rappresentare il target da colpire nella lotta al narcotraffico. Un’alternativa, o una strada parallela da percorrere, rispetto a quella del top-down.
Anche perché l’eliminazione dei boss rischia di aumentare le violenze più che mettervi fine, e cercare di colpire quanti più nodi possibili della rete non è sempre la scelta migliore. Sean Gourley della società di analisi Quid di San Francisco ha analizzato i dati di alcune rivolte, incluse quelle legate al traffico di droga della Colombia, scoprendo come dispiegare un numero maggiore di forze significhi spesso aumentare la durata delle violenze. Lo dimostrano i numeri della guerra messicana della droga: prima del 2006, quando il presidente messicano Felipe Calderón ha dato inizio al dispiego massiccio di forze nella lotta ai cartelli, i crimini legati alla droga nello stato erano 3700 l’anno. Lo scorso anno sono stati oltre 16mila.
Anche Google in tutto questo può fare la sua parte. I vari cartelli di narcotrafficanti fanno spesso ricorso ai media per farsi pubblicità o minacciarsi tra un clan e l’altro. Lasciando una sorta di tracce. Mogo, il programma sviluppato da Viridiana Rios e l’italiano Michele Coscia della Harvard University infatti sfrutta Google News per cercare riferimenti e luoghi associati ai cartelli della droga tra il 1999 e il 2011. Partendo da questo il programma riesce a estrapolare le mappe sull’attività e sui movimenti dei diversi gruppi, svelando strategie e informazioni preziose.
Via: Wired.it
Credits immagine: Diego Fernández/Wikipedia