Nel 1967 alcuni satelliti militari americani, progettati per controllare l’attività nucleare nemica, rilevarono delle improvvise e grandiose esplosioni nello spazio. Era la prima volta che si osservava un fenomeno del genere. Cinque anni più tardi un gruppo di astrofisici del Los Alamos National Laboratory (Usa), in un ormai celebre articolo scientifico, rivelarono la natura cosmica di quei lampi, che presero il nome di “Gamma Ray Burst” (Grb). A 30 anni da quella eccezionale scoperta, il centro di ricerca statunitense ha riunito a Santa Fe (Usa) dal 9 al 12 settembre esperti di Grb di tutto il mondo per fare il punto delle conoscenze.
Negli ultimi mesi, infatti, le ricerche hanno fatto passi da gigante e ora si aspetta il lancio dei satelliti Swift (maggio 2004) e Agile (2005), che studieranno da vicino quello che è ancora uno dei fenomeni più affascinanti e misteriosi dell’Universo. I Grb sono lampi di raggi gamma che rilasciano una quantità enorme di energia in un tempo brevissimo, che va da meno di un secondo a qualche minuto. La loro origine è rimasta oscura fino a non molti anni fa, quando furono disponibili i dati provenienti dai nuovi satelliti, come l’americano Compton Gamma Ray Observatory (1991) e, in particolare, l’italiano BeppoSAX (1996). Questo strumento segnò la svolta nello studio dei Grb, permettendo per la prima volta di associare questi fenomeni a delle galassie e stabilendo così la loro distanza, migliaia di milioni di anni luce. Questo risultato fu possibile grazie alla rivelazione dei cosiddetti ‘afterglow’ in banda X, una sorta di eco dell’esplosione sotto forma di un’emissione più debole che può durare anche mesi, degradando verso radiazioni meno energetiche, dall’ottico fino alle onde radio.
Ma come nasce un Grb? Nel corso degli anni i ricercatori hanno proposto una grande quantità di modelli, ma si è ormai giunti a uno scenario generale accettato dalla maggioranza della comunità scientifica: il cosiddetto modello a ‘fireball’ (palla di fuoco). Questo consiste di tre fasi. La prima è costituita dall’esplosione vera e propria, probabilmente legata al collasso di una stella in un buco nero e alla conseguente espulsione di un getto di materia a velocità prossime a quella della luce. La seconda fase avviene quando le varie parti del getto collidono tra di loro, producendo l’emissione gamma osservata. “Funziona un po’ come un tamponamento tra vetture che vanno nella stessa direzione”, spiega Davide Lazzati, ricercatore dell’Institute of Astronomy di Cambridge (Uk) che ha partecipato al congresso. Infine, c’è la fase dell’afterglow, quando tutta la materia impatta il gas interstellare: “E’ come se tutte i veicoli che si sono tamponati prima si schiantassero poi contro un muro”, conclude Lazzati riprendendo la metafora automobilistica.La fase che gli scienziati comprendono meno è la prima, ovvero la causa vera e propria dell’esplosione.
Questo è, infatti, uno degli argomenti su cui a Santa Fe si è discusso di più. In particolare, un’intera sessione è stata dedicata a una recente scoperta che potrebbe aprire qualche spiraglio verso la comprensione del processo all’origine dei Grb. Il 29 marzo 2003 il satellite americano Hete-II (High Energy Transient Explorer ) ha osservato un Grb particolarmente brillante, denominato 030329, come si usa convenzionalmente fare a partire dalla data. Nel giro di 90 minuti, un telescopio ottico in Australia è riuscito a identificare l’afterglow associato al Grb. In meno di 24 ore, da un altro telescopio, in Cile, si è ricavato uno spettro ad alta risoluzione dell’oggetto, a partire dal quale si è determinata la distanza del Grb, ovvero 2.650 milioni di anni luce.
Ma la scoperta più importante è venuta nei mesi successivi, quando, durante il continuo controllo dell’afterglow da parte dei telescopi, i caratteristici segni di una supernova sono emersi dall’emissione totale. “Questi dati hanno dimostrato oltre ogni ragionevole dubbio che l’esplosione di un Grb è associata a quella di una supernova e che, almeno in alcuni casi, i due avvenimenti sono simultanei”, commenta Lazzati. “Inoltre, ci ha fatto capire che le supernovae associate ai Grb non sono normali, ma estremamente energetiche e associate a stelle particolari”, continua il ricercatore.
Si tratta delle cosiddette ‘hypernovae’, rari eventi legati all’esplosione di stelle di massa molto elevata e denominate di ‘Wolf-Rayet’.Grazie a questi eccitanti risultati, lo studio dei Grb sta vivendo un momento di grande progresso, ma sono ancora tanti i punti oscuri della teoria. Le speranze sono riposte nella nuova generazione di satelliti, anch’essa presentata al congresso. “Nel maggio 2004 verrà lanciato Swift, una missione dedicata allo studio dei Grb che li scoprirà e ne seguirà l’evoluzione nei primi giorni con un’accuratezza mai raggiunta prima. Ci sarà poi il satellite italiano Agile (nel 2005), che studierà l’emissione ad alta energia”, ci ha riferito Lazzati. Come a dire: sono passati 30 anni, ma i Grb hanno ancora tanto da svelare.