La sete del pianeta

Il 22 marzo è la Giornata mondiale dell’acqua, una risorsa preziosa che non è distribuita allo stesso modo sul pianeta. Oltre un miliardo di persone non ha sufficiente acqua potabile e 2,6 miliardi non sanno cosa siano i servizi sanitari. Sono i numeri resi noti dal rapporto triennale presentato dalle Nazioni Unite nella giornata di chiusura del quarto forum mondiale sull’acqua in corso dal 16 marzo a Città del Messico. A risentirne maggiormente sono le popolazioni più povere, soprattutto in Cina e in India. Ma il problema non è la mancanza di acqua, quanto la sua cattiva gestione. In occasione della giornata, Legambiente Italia ha presentato un dossier sull’impatto delle grandi dighe: sono quasi 50 mila le dighe alte almeno 15 metri che, per ottenere il 20 per cento dell’elettricità globale e il 10 per cento della produzione mondiale di cibo e fibre, bloccano il 60 per cento dei grandi sistemi fluviali, con costi sociali e ambientali molto alti. E sono concentrate per la maggior parte (il 67 per cento) in Cina, Turchia, Iran e Giappone. Mentre l’energia idroelettrica fornita dalle grandi dighe alimenta principalmente megalopoli e aree industriali, denuncia l’associazione ambientalista, paradossalmente le popolazioni che vivono a ridosso delle infrastrutture spesso non hanno energia elettrica. Secondo il quarto forum organizzato quest’anno in Messico dal Consiglio mondiale dell’acqua, la disponibilità della risorsa acqua sta diminuendo. Nel corso del XX secolo, la popolazione mondiale è triplicata, mentre il consumo idrico è infatti sestuplicato. Se le riserve mondiali per abitante erano 16.800 metri cubi nel 1950, nel 2000 erano scese a 7.300 e nel 2025 si assesteranno a 4.800. Allo stesso tempo, il consumo in bottiglia è cresciuto del 57 per cento. L’Onu ha stimato che, per raggiungere entro il 2015 l’obiettivo di dimezzare il numero di persone senza acqua potabile o servizi sanitari servono tra i 7,5 e i 25 miliardi di euro all’anno, contro i 4 miliardi stanziati fino adesso. (t.m.)

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