A tutti capita di rimandare un impegno all’indomani, ma quando diventa un approccio sistematico nella vita quotidiana, allora possono insorgere dei problemi anche importanti. Oggi, un gruppo di ricercatori dell’Università di Stoccolma mostra che un intervento basato sulla terapia cognitivo-comportamentale (sigla inglese Cbt), un tipo di psicoterapia già utilizzato per trattare numerosi disturbi, ma mai applicato alla procrastinazione eccessiva, è stato efficace, in un gruppo di studenti universitari, nel ridurre questo problema. I risultati dello studio sono pubblicati su Behavior Therapy.
Se posticipare qualche incombenza è del tutto normale, e spesso anche utile per svolgere al meglio tale compito, quando questo comportamento diventa un elemento costante e continuo, una routine nella giornata e nella propria vita, allora possono manifestarsi ansia, senso di colpa e vergogna. In certi casi si rimanda anche l’azione di andare a letto, come ha spiegato al New Scientist Alexander Rozental, primo autore del paper, con una riduzione del riposo notturno. Oppure si procrastina l’attività fisica o una visita dal medico, con conseguenze negative anche per il proprio corpo. Insomma, procrastinare regolarmente può essere un problema anche serio.
La terapia cognitivo-comportamentale è un tipo di psicoterapia già ampiamente impiegato ed efficace nel trattare fobie e il disturbo post-traumatico da stress, che può insorgere in seguito a traumi di varia natura. Oggi, i ricercatori hanno deciso di applicare questo trattamento nel caso della procrastinazione eccessiva, che talvolta può essere considerata alla stregua di un vero e proprio disturbo, dato che può avere conseguenze sul benessere psico-fisico anche importanti. I ricercatori hanno scelto per il loro studio una popolazione degli studenti universitari, fra cui il problema della procrastinazione dei compiti e delle scadenze di studio colpisce, con intensità diverse, circa la metà dei componenti di questa categoria. E tale problema ha un impatto negativo sui voti degli esami, sulla capacità di riuscire a laurearsi, causando talvolta stress, ansia e depressione.
Nella ricerca, un gruppo di 92 studenti con un problema di procrastinazione di grado severo sono stati sottoposti per otto settimane ad un intervento di terapia cognitivo comportamentale. Di questi, 48 ragazzi hanno seguito una terapia via internet (Icbt), mentre i restanti 44 sono stati assegnati a gruppi di terapia Cbt tradizionale, con circa 12 studenti per ogni gruppo e con sessioni ogni 15 giorni. Durante il periodo del trattamento, ogni settimana veniva misurato attraverso un punteggio la frequenza con cui i partecipanti procrastinavano i compiti, mentre i livelli di ansia, depressione e in generale del benessere psico-fisico venivano misurati prima di iniziare la terapia, alla fine e in un follow up a distanza di 6 mesi dalla conclusione.
In base ai risultati, tutti i partecipanti hanno mostrato una riduzione della procrastinazione. Ma anche la performance accademica, l’ansia e la depressione hanno tratto benefici da bassi a moderati da questa terapia. Passando ai numeri, subito dopo il trattamento, circa un terzo degli studenti ha manifestato dei miglioramenti, mentre al follow up dopo sei mesi, questi benefici erano estesi al 46,7% del gruppo, quasi la metà degli studenti che hanno seguito la terapia: dopo 6 mesi, infatti, gli studenti che avevano preso parte a una terapia di gruppo tradizionale (Cbt), mostravano un miglioramento aggiuntivo. Al contrario, quelli che avevano seguito il trattamento via internet manifestavano qualche segno di un peggioramento rispetto ai risultati positivi ottenuti alla fine della terapia: dunque, secondo gli autori, la terapia di gruppo dal vivo è risultata più efficace.
I risultati sono promettenti, secondo l’autore Alexander Rosental, che si augura che anche altre scuole ed università possano offrire questo trattamento agli studenti. Il centro in cui i ricercatori hanno effettuato l’esperimento ha deciso di continuare a fornire questa terapia agli studenti per ridurre la procrastinazione. Una scelta spesso positiva, dunque, sia il benessere degli studenti, sia per il loro percorso accademico, che potrebbe concludersi più in fretta e con risultati migliori. Per ora, la popolazione studiata è quella degli studenti, ma chissà che questo o altri trattamenti non possano essere utilizzati anche per altre categorie di procrastinatori.
Riferimenti: Behavior Therapy