Il Natale è ormai alle porte e le feste imminenti si porteranno via il 2011. Prima di stappare lo spumante per accogliere il nuovo anno, però, è tempo di bilanci. Per tutti, anche per il mondo della ricerca. E allora, dalla fisica delle particelle alla storia dell’essere umano, ecco dieci tra scoperte, curiosità e notizie scientifiche – buone e meno buone – più significative degli ultimi 365 giorni. Almeno secondo il Guardian.
Il grafene, materiale del secolo A suggerirlo è il proliferare di studi in materia in questo 2011, soprattutto dopo l’assegnazione del Nobel per la Fisica 2010 ad Andre Geim e Konstantin Novoselov “per gli esperimenti innovativi su questo materiale bidimensionale”. Molti i pregi del grafene (un foglietto di carbonio spesso appena quanto le dimensioni di un atomo), che oltre ad essere biocompatibile, non tossico ed estremamente resistente, è anche versatile e quindi utilizzabile per la costruzione dei congegni più disparati: dai circuiti elettronici ai sensori biomedici (vedi Galileo, “Perché dovremmo investire nella ricerca sul grafene” e “Il sensore al grafene che parla con le cellule”). Tutti validi motivi per investire nella ricerca su questo materiale, come hanno già fatto Nokia, Samsung, IBM e il governo della Gran Bretagna.
Più veloce della luce? Lo scorso settembre, alcuni esperimenti dei fisici dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), tra il Cern di Ginevra e il Gran Sasso, ha fatto traballare la Teoria della Relatività di Einstein (vedi Galileo, “I neutrini sono più veloci della luce?“). Secondo le misurazioni effettuate dagli scienziati che hanno partecipato all’esperimento, infatti, alcuni neutrini avrebbero impiegato appena 1/500 secondi per coprire i 730 Km che separano il laboratorio svizzero da quello appenninico: ben (si fa per dire) sessanta miliardesimi di secondo in meno rispetto alla velocità dei fotoni. La portata della scoperta ha provocato molta eccitazione nel mondo scientifico e generato una caccia all’errore tra i fisici che hanno provato a smentirla (vedi Galileo, “Perché i neutrini non sarebbero più veloci della luce”): tuttavia, esperimenti successivi hanno confermato i primi risultati (vedi Galileo, “Nuove conferme per i neutrini superveloci”). La verità potrebbe essere rivelata nel 2012.
Sapiens e Neanderthal hanno convissuto a lungo in Europa. La nuova datazione di alcuni reperti fossili (denti e mandibole) rinvenuti nel secolo scorso in Puglia e in Gran Bretagna ha rivelato che Homo sapiens si aggirava per il Vecchio Continente già tra 45 e 41 mila anni fa (vedi Galileo, “I primi sapiens europei? I fossili più antichi sono in Italia”). Ben prima dell’estinzione di Homo neanderthalensis, avvenuta circa 30 mila anni fa. Questi nuovi dati farebbero aumentare di alcune migliaia di anni il periodo di sovrapposizione delle due specie.
L’orgasmo femminile “accende” quasi ogni regione del cervello. Raccogliendo le immagini ottenute con la risonanza magnetica funzionale (fRMI) alcuni psicologi della Rutgers University (New Jersey) hanno mostrato in un video cosa accade nel cervello di una donna prima, durante e dopo un orgasmo. L’animazione ha rivelato che l’attività neuronale, inizialmente più incerta, va via via crescendo per attenuarsi nuovamente dopo il picco massimo. Inoltre, diversamente da quanto si pensava, sono ben ottanta le regioni del cervello interessate da tale attività in momenti diversi, a seconda delle parti del corpo e dei muscoli coinvolti, delle emozioni provate e degli ormoni prodotti.
Un pianeta extrasolare compatibile con la vita. A caccia di mondi simili alla Terra, l’occhio del telescopio spaziale Kepler ha puntato sei pianeti orbitanti attorno alla stella Kepler-11 (una nana gialla simile al nostro Sole), nella costellazione del Cigno (vedi Galileo, “Sei piccoli pianeti“). Secondo quanto riportato pochi giorni fa dagli astronomi della Nasa, uno di questi – Kepler 22-b – sarebbe il corpo celeste più simile alla Terra finora descritto. Grande appena il doppio del nostro pianeta, con un anno solare lungo 290 giorni e una temperatura media di 22°C, Kepler 22-b orbita nella fascia abitabile del suo sistema, dove cioè l’acqua può essere presente in superficie e le condizioni sono ideali per ospitare la vita. Purtroppo, i 600 anni luce che ci separano da lui ci impediranno, almeno per ora, di conoscere i suoi eventuali abitanti.
Per la prima volta il Nobel a uno scienziato deceduto. Lo scorso ottobre il Karolinska Institutet ha assegnato il Nobel per la Medicina a tre scienziati – Bruce Beutler, Jules Hoffmann e Ralph Steinman – che con i loro studi hanno permesso di conoscere i meccanismi alla base dei diversi tipi di risposte immunitarie, aprendo la strada a nuove terapie per la cura dei tumori. In realtà, anche se il premio non prevede l’assegnazione postuma, l’ultimo dei tre ricercatori sopra citati era deceduto pochi giorni prima (vedi Galileo, “Nobel per la medicina con colpo di scena”): un caso senza precedenti. Dopo un primo momento di incertezza, tuttavia, la commissione ha confermato il nome di Steinman: “è stato fatto in buona fede – ha spiegato – basandosi sull’assunto che l’insignito del Nobel fosse vivo”.
Si allontana il sogno di curare le paralisi con le staminali. L’azienda biotecnologica Geron abbandona il trial clinico cominciato nel 2009, il primo nel suo genere condotto sugli esseri umani, deludendo così le attese di tutti coloro che, costretti su una sedia a rotelle, speravano in una terapia basata appunto sulle cellule staminali. Tra i motivi che hanno portato a questa decisione vi sono la difficoltà nel reperire i fondi per la ricerca e gli scarsi risultati ottenuti finora. A dispetto dei buoni esiti positivi riscontrati sui topi, infatti, sembra che i quattro pazienti sottoposti alla terapia non abbiano mostrato alcun miglioramento.
Continua la difficile esplorazione di Marte. Dopo Spirit e Opportunity, sul Pianeta Rosso già da alcuni anni, e numerosi altri tentativi falliti, a fine novembre 2011 la Nasa ha spedito su Marte anche Curiosity (vedi Galileo, “Curiosity: tutti i segreti del rover che andrà su Marte”). Dotato di telecamere e di sofisticati strumenti di analisi, per i prossimi anni il rover avrà il compito di prelevare immagini e campioni di roccia, e di studiare la composizione chimica e le caratteristiche fisiche della superficie e del sottosuolo marziano. Scopo della missione, individuare e spedire sulla Terra prove dell’esistenza passata di qualche forma di vita su questo pianeta.
Declassato l’Archaeopteryx: non fu il primo uccello. Fin dalla sua scoperta, nel 1861, scienziati e studenti hanno considerato il noto fossile una sorta di anello di congiunzione tra rettili e uccelli, nonché il punto d’origine di questi ultimi: una delle prime prove concrete dell’evoluzione, insomma. A togliergli il primato, lo scorso luglio, è stata Xiaotingia zhengi, una nuova specie fossile scoperta in Cina (vedi Galileo, “Archaeopteryx, più dinosauro che uccello”), datata 155 milioni di anni e anatomicamente simile all’Archaeopteryx. Secondo le analisi condotte sul nuovo fossile, però, si tratterebbe di un dinosauro piumato più che di un uccello primitivo e, data la somiglianza tra i due generi, i paleontologi hanno pensato di spostare l’intera famiglia Archaeopterygidae dal gruppo degli Avialae a quello dei Deinonicosauria, al quale appartiene il reperto cinese.
Alla ricerca del bosone di Higgs. Esperimenti, “apparizioni” e smentite si sono rincorsi per quasi tutto il 2011 tra i più noti laboratori di fisica (vedi Galileo, “Aspettando il bosone di Higgs“). Poi, qualche giorno fa la notizia (“Bosone di Higgs: forse, chissà, magari sì“): durante due test indipendenti, condotti presso l’acceleratore di particelle del Cern di Ginevra dai ricercatori dell’Infn, attraverso misurazioni indirette (cioè rilevando l’emissione di energia sprigionata dalla collisione di protoni), gli scienziati hanno osservato un numero maggiore di eventi, rispetto a quelli attesi, intorno al valore di 125GeV di energia. Eccesso che, secondo i fisici, potrebbe essere dovuto proprio all’esistenza del bosone di Higgs. Ancora troppo poco per parlare di una scoperta: potrebbe trattarsi infatti di un “falso positivo”, ma gli esperimenti continuano e i fisici si dicono certi che la verità si saprà tra meno di un anno.
Credit per l’immagine: woodleywonderworks/Flickr