La tradizione contro la siccità

Pietro Laureano
Atlante d’acqua
Bollati Boringhieri, 2001
pp. 424, £150.000

Ci pensò Talete per primo: l’acqua è il principio da cui originano tutte le cose. Un’idea che traeva spunto dal primato di questo elemento sugli altri. Il più diffuso e allo stesso tempo il più inconsueto nelle sue diverse forme: liquido, solido e gassoso. Simbolo della purezza, sottile e malleabile, capace di potenza distruttiva e forza costruttiva. Se da sempre l’acqua ha affascinato scienziati di ogni genere, è oggi che il discorso su questo prezioso elemento diviene di bruciante attualità a causa delle condizioni ambientali e climatiche della Terra che ne mettono a repentaglio la presenza soprattutto nelle zone più povere del Pianeta. Per questo è importante cercare di integrare i tradizionali sistemi di sfruttamento delle risorse con le moderne tecnologie, studiare come le popolazioni nella storia hanno “domato” e asservito le scorte d’acqua per sviluppare nuove strategie compatibili con l’intero ecosistema. E proprio combattere la desertificazione attraverso la conoscenza è lo scopo principale del volume di Pietro Laureano, consulente Unesco per le zone aride, la civiltà islamica e gli ecosistemi in pericolo. L’autore propone un’indagine prima di tutto sulle società primitive: dai cacciatori-raccoglitori, agli agropastori passando per i popoli dediti alla caccia e al raccolto. E da qui infatti che deve partire secondo Laureano la riflessione per immaginare il futuro.

Il nuovo paradigma tecnologico deve dunque affondare le radici nella tradizione. A questo scopo l’autore dedica un intero capitolo a contestare le critiche e i pregiudizi sulla conoscenze tradizionali: studiando i sistemi messi in atto nelle Filippine, in India o in Indonesia si scopre che le soluzioni tecniche utilizzate da queste popolazioni sono multiple, produttive, efficienti in maniera eguale se non superiore a quelle moderne. Che non riguardano solo zone limitate e ai margini del mondo, e che gli stessi sistemi appartengono alla nostra tradizione, in Francia come in Italia. Ma soprattutto che la tradizione incorpora l’innovazione perché è un sistema dinamico che si è evoluto nel tempo. “Ad esempio, oggi tutti considerano lo spazio tradizionale mediterraneo inseparabile dalla coltivazione dell’olivo o del pomodoro, ma tutte e due queste piante vi sono state introdotte: la prima nell’antichità, la seconda addirittura dopo il XVI secolo d. C.”. Proprio la tradizione che si costruisce nel tempo può essere la risposta migliore alla desertificazione che si allarga a macchia d’olio. Il volume di Laureano è allo stesso tempo un trattato sullo sfruttamento idrico e un atlante ricco di fotografie e disegni in grado di appassionare anche chi non è addentro alla materia trattata. Da segnalare infine il “Repertorio tipologico delle conoscenze tradizionali”: più di 100 pagine di illustrazioni che svelano i segreti delle miniere neolitiche, dell’architettura idraulica del XV secolo a. C., dei dispositivi di organizzazione idrica che nel corso dei secoli si sono succeduti, fino a schemi e modelli di ecosistemi complessi.

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