Li chiamano cervelli in fuga. Quelli che, con laurea, master, o dottorato in tasca, varcano il confine della propria nazione a caccia di posizioni e stipendi che difficilmente riuscirebbero a conquistare in patria. Per necessità, ma anche per fare esperienza. Nell’ottica, condivisa dalla comunità scientifica e condivisibile, che vivere e lavorare fuori dai propri confini non possa che aiutare la formazione del capitale umano. Eppure, almeno guardando all’Unione europea, quello che sta accadendo non è tanto una fuga dei cervelli, quanto più propriamente una riconfigurazione dei cervelli, non proprio bilanciata, che potrebbe minare la competività scientifica in Europa. A sottolinearlo sono due articoli che hanno analizzato il movimento dei cervelli, capitale umano, e di collaborazioni scientifiche, prima e dopo l’allargamento a Est dell’Unione europea del 2004-2007.