Il terremoto dell’Aquila conquista ancora una volta le copertine dei giornali. Questa volta, però, a due anni e passa di distanza dal sisma, a parlare della catastrofe è forse la più autorevole rivista scientifica del mondo. Questa settimana Nature dedica infatti alla cittadina abruzzese e al terremoto del 6 aprile 2009, in cui oltre 300 persone hanno perso la vita, una lunga inchiesta di Stephen S. Hall, giornalista scientifico e docente di comunicazione alla New York University. Tema: il processo alla Commissione Grandi Rischi che si aprirà martedì prossimo, 20 settembre.
L’accusa è di omicidio colposo plurimo e lesioni. Il motivo? “Non ha niente a che fare con la possibilità di predire un terremoto”, come riporta Hall: le responsabilità della commissione sarebbero quelle di non avere saputo valutare e comunicare in maniera adeguata il rischio potenziale per la popolazione”.
A sedere in tribunale, la prossima settimana, saranno Enzo Boschi (allora presidente dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, Ingv), Franco Barberi (dell’Università di Roma Tre), Mauro Dolce (direttore dell’Ufficio valutazione, prevenzione e mitigazione del rischio sismico e attività ed opere post-emergenza della Protezione Civile), Claudio Eva (dell’Università di Genova), Giulio Selvaggi (direttore del Centro nazionale terremoti dell’Ingv) e Gian Michele Calvi dello European Center for Training and Research in Earthquake Engineering (Pavia), insieme al capo del settore tecnico della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis. Sono i nomi al vertice della Commissione, le persone che il 31 marzo 2009, sei giorni prima della tragedia, si erano riunite per rispondere alla popolazione allarmata da una forte sisma verificatosi il giorno precedente e da numerose altre piccole scosse che si avvertivano da tempo.
La possibilità di un rinvio a giudizio per la commissione era balenata i primi di giugno del 2010. La questione sembrava incentrata sulla incapacità dei ricercatori di prevedere il sisma. La reazione della comunità scientifica fu molto critica: il 29 giugno, la società editrice di Science e la American Geophysical Union scrissero una lettera aperta al presidente Giorgio Napolitano in cui le accuse venivano definite “ingiuste e naive”, dal momento che i terremoti non possono essere previsti. L’inchiesta, però, è andata avanti e il 25 maggio 2011 il magistrato Giuseppe Gargarella ha in fine deciso per il processo.
L’articolo di Nature fa il punto su ciò che viene contestato agli imputati, e riporta le parole della pubblica accusa, Fabio Picuti, che ha raccolto le argomentazioni in un documento di 224 pagine. Nella riunione che la Commissione tenne a L’Aquila sei giorni prima del terremoto – sostiene l’avvocato – sono state fornite informazioni incomplete, imprecise e contraddittorie, che hanno rassicurato la popolazione: gli scienziati avrebbero dovuto considerare la densità abitativa e lo stato fatiscente degli edifici, per valutare il rischio. “Ma non lo fecero”, dice Picuti. “Non è un processo contro la scienza”, precisa, sempre dalle pagine di Nature, una delle vittime dei crolli, Vincenzo Vittorini, costituito parte civile: “Ma il messaggio da parte delle autorità di ‘rimanere calmi e di non preoccuparsi’, che non dava consigli specifici, ha privato i cittadini della possibilità di prendere una decisione informata”.
Le cose non andarono così, secondo Boschi. L’ex direttore dell’Invg marchia come assurda la possibilità che qualcuno della commissione abbia sminuito il rischio per L’Aquila. “Non c’è un punto sulla carta degli Appennini in cui io direi ‘State calmi, non c’è da preoccuparsi’ – avrebbe detto Boschi con in mano la mappa del rischio sismico – Ho affermato per anni che l’Abruzzo è la zona più pericolosa d’Italia dal punto di vista dei terremoti”.
La legge italiana dovrà ora stabilire le responsabilità. Il processo potrebbe durare anni e discuterà, fondamentalmente, anche il ruolo della scienza nella comunicazione del rischio. Ruolo che, secondo Thomas Jordan, direttore del Southern California Earthquake Center della University of Southern California e a capo della International Commission on Earthquake Forecasting (Icef), dovrebbe essere solo quello di fornire le informazioni: “Spetta poi ai politici prendere queste informazioni e considerarle insieme alle altre per prendere le decisioni”, ha detto lo scienziato a Nature.
Credit immagine: A. Nusca/Polaris/eyevine, Nature