Il suo nome per ora è ancora una sigla, come si conviene a un farmaco che non ha ancora passato tutte le fasi di sperimentazione e non può quindi essere venduto, ma di questo composto si parla già molto. È LCZ696, il primo della nuova classe di farmaci ARNI (Angiotensin Receptor Neprilysin Inhibitor, inibitore del recettore dell’angiotensina e della neprilisina) da utilizzare nel caso di scompenso cardiaco, quando cioè il cuore non riesce a pompare abbastanza sangue nell’organismo. Dopo i risultati preliminari presentati lo scorso agosto, che dimostravano la superiorità del nuovo principio rispetto alla cura standard, e che erano valsi a LCZ696 una fast track, vale a dire una corsia preferenziale, da parte della Food and Drug Administration, arrivano ora nuovi dati, resi pubblici durante il congresso dell’American Heart Association e pubblicati sulla rivista Circulation.
Come funziona LCZ696
LCZ696, una compressa, da assumere due volte al giorno, ha una modalità d’azione unica, che si ritiene sia in grado di ridurre il carico di lavoro sul cuore scompensato. La molecola agisce sia allo scopo di migliorare i sistemi neuro-ormonali di protezione del cuore (sistema NP), sia sopprimendo l’effetto negativo del RAAS (sistema renina-angiotensina-aldosterone).
I farmaci attualmente disponibili, invece, agiscono esclusivamente in modo da bloccare gli effetti negativi del RAAS. Nonostante le terapie esistenti, però, il tasso di mortalità rimane molto elevato, con una percentuale fino al 50% di pazienti che muore entro 5 anni dalla diagnosi di scompenso cardiaco.
I nuovi dati:
Lo studio PARADIGM-HF ha dimostrato che, nei pazienti che soffrono di scompenso con frazione d’eiezione ridotta (HFrREF), nel cui organismo cioè, a ogni contrazione cardiaca, la quantità di sangue che viene immessa in circolo è in percentuale ridotta (generalmente meno del 40-50%) rispetto a quanto contenuto nel ventricolo sinistro, LCZ696 ha significativamente ridotto il rischio di decesso improvviso, il numero di prime e successive ospedalizzazioni, la necessità di intensificare il trattamento domiciliare e le visite al pronto soccorso dovute al rapido peggioramento dei sintomi.
In Italia lo studio PARADIGM-HF ha coinvolto oltre 40 centri, arruolando più di 200 pazienti. “I dati mostrati da queste ulteriori analisi sono molto promettenti. Nel dettaglio lo studio ha messo in evidenza due risultati particolarmente importanti che richiedono la massima attenzione: la riduzione delle morti improvvise e del numero di prime e successive ospedalizzazioni”, ha commentato Michele Senni, Direttore della Cardiologia I, Scompenso e Trapianti di Cuore, ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e Coordinatore per l’Italia dello studio PARADIGM-HF.
“Le morti improvvise sono purtroppo frequenti nei pazienti con scompenso cardiaco con frazione di eiezione ridotta e hanno un impatto forte e doloroso per le famiglie. Inoltre, la pratica clinica dimostra che il decorso della malattia e la prognosi sono strettamente legati alle ospedalizzazioni. Per questo una riduzione di questi due aspetti rappresenterebbe un notevole passo avanti verso l’allungamento della sopravvivenza dei pazienti”.
Quando sarà disponibile?
Le analisi dei biomarcatori cardiaci (NTpro-BNP e troponina), sostanze che indicano la progressione della patologia e del rischio per il cuore, hanno mostrato livelli stabilmente più bassi con LCZ696 che rispetto a enalapril, a dimostrazione della riduzione dell’affaticamento cardiaco e del conseguente danno. Novartis, la casa farmaceutica che lo sta studiando, prevede di presentare la domanda di autorizzazione all’immissione in commercio alla FDA statunitense entro la fine del 2014 e agli organi competenti della UE all’inizio del 2015.