“Una incredibile coincidenza”. Così l’ha definita Carlo Alberto Redi, biologo dello sviluppo cellulare a all’Università di Pavia. È quella tra l’approvazione del documento italiano dell’Accademia dei Lincei e di quello americano dell’Accademia Nazionale delle scienze in materia di ricerca sulle cellule staminali, derivate da cellule embrionali. Mentre l’illustre consesso accademico dei Lincei approvava il 26 aprile scorso, a Roma, con 58 voti favorevoli, 14 astenuti e 8 contrari un documento che riconosce l’importanza della ricerca attraverso l’uso delle cellule embrionali (totipotenti) e invita il legislatore a renderla possibile, pur con l’introduzione di rigide procedure di controllo, l’Associazione dei medici nordamericani superava all’unanimità l’ostracismo politico del presidente George Bush e pubblicava le linee guida dell’Accademia Nazionale, per introdurre le giuste regole e dare il via all’utilizzo di queste cellule. L’informazione corretta ed esauriente alle coppie, il loro consenso e l’assenza di commercializzazione sono tra i criteri cardine del documento americano che non lascia nulla al caso nelle sue 130 pagine. “In Italia, al contrario”, commenta Redi, “si ha paura di pensare a linee guida o a valide procedure di controllo, e si sceglie la strada apparentemente più rapida, quella dei divieti, come è stato nel caso dell’approvazione della legge 40/2004, che sanziona qualsiasi sperimentazione sugli embrioni, preferendo lasciarli morire nei congelatori, contro qualunque senso etico. È bene ricordare a tutti che non si chiede di produrre embrioni a scopo di ricerca, ma di utilizzare i trentamila sovrannumerari che sono a oggi nei congelatori e che, se non usati dall coppie, hanno come unica prospettiva quella di deperire”. In realtà, le linee guida della legge 40/2004 stabiliscono che l’alternativa al trasferimento degli embrioni in utero sia proprio la prolungata conservazione fino al loro naturale deperimento, anche se oggi la comunità scientifica, rappresentata nell’Accademia dei Lincei, cerca di far sentire la propria voce. Infatti, l’Accademia, include nel suo statuto il dovere e il diritto di dire la sua e di essere ascoltata, “ma anche in questo caso si rischia che il documento dei Lincei resti nel cassetto”, come ribatte Redi. L’Italia peraltro aveva già siglato il trattato di Nancy in cui si assumeva l’impegno di fare ricerca sulle cellule staminali derivate da quelle embrionali, ma poi le posizioni assunte sono state altre. “Quando si esprime la Royal Society in Gran Bretagna, il Governo ne tiene conto”, continua Redi. “In Italia per la riforma del Cnr si è superata la comunità scientifica e si è richiesta la consulenza esterna a una società di marketing. Peccato”, conclude Carlo Alberto Redi, “perché una società può anche crescere attraverso il confronto tra posizioni molto diverse tra loro se ci si impegna in una forma di dialogo, altrimenti tutti comunque ne sono danneggiati”.