Proprio così: le acque di scolo contenute nelle fognature, se appositamente trattate, possono restituire oro, argento e altri metalli, oltre che elementi rari come il palladio e il vanadio, usati in componenti elettronici e leghe. Lo sostengono alcuni ricercatori, al lavoro per estrarre questi metalli, come hanno spiegato durante una delle presentazioni tenute al meeting annuale organizzato dall’American Chemical Society.
Secondo gli scienziati sarebbe proprio questo il momento giusto per ingegnarsi a trovare nuove fonti di metalli. Lo sostiene, tra l’altro, uno studio pubblicato su Pnas, in cui un team della Yale School of Forestry & Environmental Studies ha esaminato le criticità di tutti e 62 i metalli contenuti nella tavola periodica, e ha mostrato quali di questi diventeranno più difficili tra reperire nei prossimi decenni, quali esigeranno i più alti costi ambientali e quali molto semplicemente non potranno essere sostituiti, in quanto componenti essenziali di apparecchi tecnologici.
Ma veniamo ai risultati di questo studio. Mentre molti dei metalli solitamente usati nell’industria manufatturiera, come ad esempio lo zinco, il rame e l’alluminio, non mostrano per ora segni di vulnerabilità; altri, specialmente quelli usati negli smartphone, ma anche in alcune moderne tecniche di imaging, potrebbero diventare molto difficili da reperire nel futuro quasi immediato.
“I metalli che abbiamo utilizzato per moltissimi anni probabilmente non costituiranno un problema,” ha spiegato Thomas Graedel, principale autore dello studio, “Il motivo per cui li abbiamo usati così a lungo è proprio perché sono abbondanti e ben distribuiti dal punto di vista geografico. Ma alcuni metalli che sono stati sfruttati solo negli ultimi 10 o 20 anni sono disponibili solo come prodotti secondari. Non si possono semplicemente estrarre da una miniera: spesso esistono solo in piccole quantità, sono usati per scopi specialistici e non hanno nessuno sostituto adeguato”
Ma come mai questi metalli sono in via d’esaurimento? Secondo i ricercatori, questo non dipende solo dalla loro abbondanza geografica. Altri fattori chiamano in causa la difficoltà di trovare alternative efficaci nel processo di produzione, lo stato delle tecnologie dell’azienda mineraria, le regolazioni in atto, le iniziative geopolitiche e instabilità economiche e politiche (ad esempio, una percentuale compresa tra il 90 e il 95 % dei metalli rari presenti sul pianeta si trova in Cina, mentre il tantalo, usato per molti componenti elettronici, si trova soprattutto nella Repubblica Democratica del Congo, al momento devastata dalla guerra).
A questo va aggiunto che spesso non è neanche possibile riciclare i metalli contenuti negli apparecchi che non vengono utilizzati: “Credo che questi risultati dovrebbero incoraggiare i designer di prodotti di questo tipo a cominciare a pensare a cosa succedere dopo che questi prodotti non vengono più usati,” ha spiegato infatti Graedel: “Quello che rende difficile riciclare efficacemente questi materiali è proprio il loro design”.
In questo scenario ecco che allora estrarre alcuni metalli dalle acque di scolo potrebbe essere un’alternativa efficace. Ne è convinta Kathleen Smith, che ha condotto la ricerca per l’American Chemical Society: “Ci sono metalli ovunque. Nei prodotti per capelli, nei detersivi, persino in delle nanoparticelle che vengono messe in alcuni tipi di tessuti per prevenire i cattivi odori. Tutti i rifiuti contenenti questi metalli finiscono per essere incanalati negli impianti di trattamenti delle acque di scolo, ecco perché se ne trovano molti nelle acque fognarie”.
Smith e il suo team si stanno occupando di studiare se alcuni elementi chimici, i percolati, usati dall’industria mineraria per estrarre metalli dalla roccia, potrebbero essere utilizzati, in un ambiente controllato, anche per estrarre i metalli da rifiuti soliti appositamente trattati.
Riferimenti: Pnas doi: 10.1073/pnas.1500415112; American Chemical Society
Credits immagine: Daniel Brunner/Flickr CC