Produciamo troppa plastica e tanta, tantissima finisce nei mari. Il Mediterraneo, in particolare, è uno dei mari più inquinati dalla plastica, a causa delle coste densamente popolate e della sua forma a bacino semichiuso che limita il deflusso delle acque. A differenza di quanto accade negli oceani, i rifiuti di plastica non si accumulano in isole, ma si muovono galleggiando nell’acqua, sbriciolandosi in microplastiche col passare del tempo e riversandosi in parte anche sulle spiagge. Alcuni rifiuti, infine, affondano per effetto del biofouling, cioè la colonizzazione da parte di plancton e alghe che ne cambia la densità. Tutto noto, ahinoi, ma finora però poco si conosceva delle dinamiche di questi processi. Per la prima volta uno studio su Nature Communication ha ricostruito il movimento dei rifiuti in tutto il bacino del Mediterraneo, identificandone anche crocevia e percorsi privilegiati.
Le aree più inquinate
Il gruppo di lavoro, costituito da ricercatori di istituti francesi e statunitensi, ha combinato un modello teorico con un gran numero di misurazioni di detriti di plastica rinvenuti nel Mediterraneo durante la spedizione Tara, una campagna durata ben 6 mesi da giugno a novembre del 2014. Il modello di simulazione ha riprodotto, invece, il viaggio dei detriti di plastica per tre anni fino al 2017, considerando l’effetto delle correnti, dell’apporto dei fiumi, del trasporto marittimo nei diversi periodi dell’anno e delle profondità dei fondali. Questa enorme mole di lavoro ha evidenziato che le concentrazioni più elevate di plastica sono localizzate nel Mediterraneo occidentale, a causa probabilmente della maggiore densità di popolazione che vive sulla costa, per poi diminuire fino al valore minimo nel Mediterraneo orientale. Dallo studio è emerso inoltre che pur non esistendo nel Mediterraneo delle vere e proprie isole di plastica, il 21% dei rifiuti, trasportati anche per centinaia di chilometri, attraversa soltanto l’1% delle acque mediterranee, spesso vicino alle coste. Sono stati identificati alcuni crocevia principali per il trasposto della plastica, per la maggior parte collocati in prossimità delle coste algerine e turche e a nord di Maiorca. Nessun crocevia significativo è stato invece individuato nel mar Tirreno e nello Ionio.
Spiagge e fondali pieni di plastica anche in Italia
Il lavoro ha permesso, inoltre, di identificare quali sono le zone costiere maggiormente interessante dal fenomeno dello spiaggiamento dei rifiuti di plastica: secondo il modello, convalidato in alcuni siti dai ritrovamenti della spedizione Tara, nella costa egiziana e algerina e nel bacino della Cilicia quotidianamente si potrebbero accumulare fino a 45 kg di plastica per chilometro di spiaggia. Anche in Italia la situazione è preoccupante: nella regione del Delta del Po si parla di circa 10 kg di rifiuti per chilometro accumulati ogni giorno; a Taranto e nel settore della Sardegna orientale la situazione sarebbe leggermente migliore con circa 0,3 kg di detriti.
I ricercatori, infine, sono riusciti a identificare i fondali maggiormente inquinati dalla plastica che affonda per effetto del biofouling. I bacini del mar Adriatico e del mar Ligure sono particolarmente interessati dal fenomeno: ogni giorno la quantità di plastica che affonda potrebbe arrivare a 40g per ogni km quadrato di fondale. Meno grave, seppur sempre preoccupante, la situazione nel resto delle coste italiane dove si prevede una decina di grammi di nuova plastica che ogni giorno affonda per ogni km quadrato di fondale.
I risultati di questo lavoro permetteranno da ora in poi di monitorare in maniera più efficiente l’inquinamento del mare e di programmate al meglio le campagne di pulizia anche in termini di stagionalità e di flussi della plastica. La mappatura sarà utile, infine, nella gestione delle aree marine, sia per la creazione di zone protette che per il posizionamento dei vivai ittici.
Riferimento: Nature Communication
Foto: Naja Bertolt Jensen on Unsplash