Obiettivo: premiare solo l’eccellenza scientifica. Mezzo: la trasparenza. Una ricetta semplice che, numeri alla mano, non solo fa andare avanti i più dotati ma riequilibra la presenza delle donne nella ricerca. Lo dimostrano gli studi condotti sui concorsi pubblici europei per posizioni di ricerca o finanziamenti su progetti. Dati presentati da Silvana Vallerga, direttore di ricerca del Cnr di Genova al terzo convegno dell’Associazione Donne&Scienza svoltosi gli scorsi 21 e 22 settembre a Padova. “Per avere lo stesso rating e ottenere una valutazione paritaria, in media una donna ha bisogno di 20 pubblicazioni in più di un uomo”, ha spiegato la ricercatrice.
Perché? Spesso si pensa a motivi sociali, psicologici, di stimoli e modelli; raramente si è pensato che potesse dipendere da come un concorso viene gestito. A fare la differenza, invece, sono proprio le modalità con cui il bando viene pubblicato: le caratteristiche del candidato ideale indicate correttamente, i criteri di valutazione noti, i curricula sia dei valutatori sia dei candidati accessibili a chi li voglia consultare. “Dall’analisi che abbiamo condotto risulta chiaro che il numero di donne vincenti è inversamente proporzionale alla trasparenza dell’esame”, ha affermato Vallerga.
In Italia aumentare la percentuale delle donne che arrivano a ricoprire un ruolo di responsabilità nella ricerca è più che mai un’emergenza. Ormai le laureate hanno superato i loro colleghi maschi e rappresentano il 58 per cento dei casi, ma salendo la scala del potere, la presenza femminile si fa sempre più esile. Così si passa al 41 per cento neo caso dei dottorati, al 32 per cento degli associati, al misero 14 per cento dei dirigenti di ricerca. “E guarda caso mano a mano che si sale diminuisce anche il grado di trasparenza dei criteri di assegnazione del posto di lavoro”, commenta la ricercatrice. Numeri che smentiscono l’idea che il problema sia solo quantitativo, che cioè l’equazione più studentesse uguale più dirigenti sia corretta. “E’ evidente che la relazione non è diretta. Si tratta di un sistema complesso le cui proprietà sono ancora tutte da studiare”, ha commentato Vallerga.
Eppure quando riescono a esprimere la propria eccellenza le donne ottengono risultati migliori. Un fenomeno ben visibile se si guarda ai dati relativi ai coordinatori del progetti di ricerca finanziati dall’Unione Europea nell’ambito del 4° programma quadro (1996-2000). A quell’epoca solo il 12 per cento dei capofila era donna, ma fra le ricercatrici che avevano presentato la domanda il tasso di successo è stato dell’80 per cento, contro il 25 per cento degli uomini.
A circa 10 anni di distanza la presenza delle donne nella scienza si è molto rafforzata: nei 25 paesi dell’Unione Europea il 50,4 per cento dei lavoratori del settore scientifico è donna. Tra il 1999 e il 2004, inoltre, la presenza femminile nel comparto è cresciuta del 3,9 per cento, superando quella maschile nella media europea. In ragione di questa presenza sempre più massiccia e dell’entrata in vigore della Carta Europea dei Ricercatori e il Codice di condotta e assunzione dei ricercatori, nel prossimo programma quadro non ci saranno più finanziamenti ad hoc nell’area “donne e scienza” e cadrà l’obbligo di considerare la questione “genere” nella presentazione dei progetti. “Ma abbiamo davvero raggiunto l’obiettivo?”, si chiede Vallerga. “No. Piuttosto la Commissione Europea ha lanciato una nuova sfida: nessuna azione specifica per le donne ma criteri di trasparenza accettati da tutti”.
Il Codice di condotta e assunzione dei ricercatori ha bisogno però di trovare strumenti per la sua applicazione. Per questo il cosiddetto “gruppo di Helsinki”, il panel di esperte costituito da rappresentati dell’Unione Europea che a livello nazionale si occupano di donne e scienza di cui Vallerga fa parte, ha redatto il “Codice Minerva”, cinque punti semplici – addirittura banali se non fossero puntualmente disattesi: la pubblicazione del bando deve essere pubblica a avvenire almeno due mesi prima della scadenza; i criteri di valutazione devono essere noti; i curricula dei valutatori devono essere pubblici così come quelli di tutti i candidati, e una volta decretato il vincitore il suo profilo deve essere reso noto. “Se questi criteri saranno applicati i talenti non saranno sprecati e ci sarà inoltre un vantaggio economico, perché far vincere i migliori garantirà