I risultati degli esperimenti sul cancro effettuati nei topolini di laboratorio potrebbero non essere completamente affidabili a causa delle basse temperature ambientali a cui gli animali sono mantenuti. È questa la conclusione di uno studio effettuato presso il Roswell Park Cancer Institute negli Stati Uniti e pubblicato su Pnas. Secondo gli autori, infatti, le temperature a cui sono esposti i topi negli stabulari (comprese tra 20 e 26 gradi) sono molto più basse di quelle naturalmente preferite dagli animali (30-31 gradi) e favorirebbero la crescita dei tumori e delle metastasi, probabilmente a causa della soppressione della risposta immunitaria dovuta al freddo.
Le linee guida di ricerca internazionali stabiliscono che i topolini di laboratorio devono essere mantenuti a temperatura ambiente, compresa tra i 20 e i 26 gradi, e questo per favorire le condizioni di lavoro del personale addetto e ridurre la frequenza di pulizia delle gabbie. In condizioni normali, però, gli animali preferirebbero temperature più calde, intorno ai 30-31 gradi, per minimizzare la quantità di energia richiesta per mantenere la temperatura corporea. Pur essendo noto che temperature basse causano un leggero stress termico, i topi, in quanto mammiferi, sono in grado di mantenere una temperatura corporea costante indipendentemente da quella esterna.
Per capire se queste differenze tra temperature influenzassero lo sviluppo delle malattie, Elizabeth Repasky e i suoi colleghi hanno usato quattro ceppi comuni di topi di laboratorio mantenuti o a temperatura ambiente compresa tra 20 e 26 gradi (TS, temperatura standard) o a temperatura più alta di 30-31 gradi (TT, o temperatura termo-neutrale). Dopo aver fatto acclimatare i due gruppi di animali per due settimane, i ricercatori hanno iniettato circa 100,000 cellule tumorali e hanno poi studiato la cinetica di formazione dei tumori, monitorando il numero di tumori in ogni animale e la velocità con cui crescevano e si diffondevano ad altri organi.
I risultati hanno dimostrato che nei topi matenuti a temperatura ambientale, quindi bassa, i tumori apparivano più velocemente ed erano di dimensioni maggiori rispetto al gruppo di animali cresciuti al caldo. Anche le capacità di formare metastasi era maggiore a temperature più basse. Infatti, i polmoni dei topi TT avevano un numero molto minore di lesioni metastatiche e il volume dei polmoni rimaneva normale paragonabile a quello di topi senza tumori, mentre nell’altro gruppo il volume era quasi quadruplicato (537 mm3 verso 128 mm3). Questi effetti non erano evidenti in topi immunosoppressi, ossia ceppi in cui il sistema immunitario non funzionava (ceppi Nude o Scid), indicando che l’effetto della temperatura sul tumore dipendeva dalla risposta immunitaria, che era soppressa nei topi che stavano al freddo.
A conferma di ciò, gli autori hanno analizzato la composizione dei leucociti nel sangue dei topi TT e TS, e hanno osservato che, mentre prima che si formassero i tumori questa era simile nei due gruppi, dopo lo stabilizzarsi delle neoplasia, nei topi caldi i linfociti T CD8+ (quelli che presentano l’antigene in risposta alle infezioni), e i monociti erano aumentati, mentre le cellule immunosoppressive Mdsc (cellule mieloidi soppressorie) e i linfociti T regolatori erano diminuiti.
Secondo gli autori, questi dati sono interessanti e sorprendenti, in quanto suggeriscono che i risultati ottenuti finora usando animali da laboratorio mantenuti a temperatura ambiente potrebbero non essere completamente affidabili. Infatti, le condizioni di stress termico dovuto alle basse temperature a cui sono esposti i topolini negli stabulari potrebbero aver esacerbato l’effetto di induzione dei tumori riducendo la risposta immunitaria soppressiva normalmente presente nei topi a temperature termo-neutrali.
“Nessuno si sarebbe aspettato che un processo fondamentale come la risposta anti-tumorale immunitaria potesse essere influenzata dalla temperature esterna”, conclude Repasky, “E questo potrebbe avere importanti implicazioni soprattutto per quanto riguarda la sperimentazione negli animali di nuovi farmaci anti-tumorali, soprattutto quelli che agiscono sul sistema immunitario”.
Riferimenti: Pnas Doi: 10.1073/pnas.1304291110
Credits immagine: Ikayama/Flickr