Vola in silenzio, è minuscolo e predilige le ore notturne dei mesi più caldi per attaccare le sue prede. Di chi stiamo parlando? Del pappatacio, un insetto molto piccolo, ma altrettanto nocivo, soprattutto per quanto riguarda la salute dei nostri cani. Infatti, questo insetto, proprio come le zanzare, si nutre di sangue e a causa della sua puntura è il principale responsabile della trasmissione della leishmaniosi canina, una malattia infettiva, potenzialmente molto grave per i nostri animali.
Galeotto fu il pappatacio
Il pappatacio (che in Italia è il Phleobotomus papatasi), è un insetto ematofago, ovvero che si ciba di sangue. Proprio come le zanzare, è più attivo nei mesi più caldi, da maggio a ottobre, e colpisce preferibilmente nelle ore dal tramonto all’alba. Ed è proprio quando sferra il suo attacco verso un cane che avviene il contagio: il pappatacio è, infatti, l’insetto vettore della Leishmania infantum, la specie di protozoo presente in Italia, che provoca la Leishmaniosi canina ma anche umana, sia nella forma cutanea sia in quella viscerale (la forma più grave della malattia).
Ma come funziona il ciclo del contagio? Quando il pappatacio punge un animale infetto, alimentandosi del suo sangue, il parassita entra nell’insetto con la forma amastigote (ovvero senza flagello). Una volta passati dai 4 ai 20 giorni e moltiplicatosi nel suo intestino, il parassita diventa infettante: assumendo la forma promastigote (con flagello) risale nel faringe, e viene così espulso dal pappatacio durante una puntura successiva.
Il contagio può avvenire anche da cane a cane o da cane agli esseri umani, ma non per via diretta. In altre parole, è sempre necessaria la puntura di un pappatacio. Nel caso degli essere umani, tuttavia, il contagio è considerato un evento molto raro: la probabilità, infatti, che un pappatacio che ha precedentemente contratto il parassita da un cane infetto punga un essere umano è molto bassa. Inoltre, l’infezione negli esseri umani è solitamente asintomatica e una diagnosi precoce consente di guarire completamente dalla malattia nel 98%.
Il cane come “serbatoio” del parassita
La Leishmania infantum, una volta entrata nel circolo sanguigno del cane, è in grado di raggiungere diversi apparati e organi dell’organismo, come i linfonodi, il derma, midollo osseo, milza, fegato, dove si moltiplica (nella forma cutanea invece rimane nella zona dell’inoculazione). E proprio per questo motivo che la malattia si manifesta con una serie di sintomi molto diversi. In alcuni cani, infatti, si possono presentare delle lesioni cutanee, mentre in altri vengono colpiti gli organi interni.
Tra i sintomi più comuni ci sono: dermatite, perdita di peso e di pelo (alopecia) intorno a occhi, zampe e dorso. E ancora: lesioni alle orecchie, perdita di sangue dal naso, dolori articolari, ulcere. A livello di organi interni, invece, si possono presentare ingrossamento dei linfonodi, di milza e fegato, insufficienza renale, anoressia, vomito, diarrea, ulcere orali, fino a sintomi neurologici.
Diagnosi e terapia della leishmaniosi canina
La diagnosi viene effettuata tramite esami del sangue, dell’urina, ma anche su prelievi citologici di linfonodi, midollo osseo e milza. Qualora il cane risultasse infetto, purtroppo attualmente non ci sono terapie che siano in grado di offrire una cura definitiva. Tuttavia, sono disponibili alcuni trattamenti, come quelli a base di antimoniali o allopurinoli, che potrebbero riuscire a tenere sotto controllo la malattia: alcuni cani, infatti, reagiscono bene alle cure e possono anche vivere per anni senza presentare alcun sintomo. Tuttavia, le recidive sono molto comuni ed è per questo motivo che il cane deve essere sottoposto a esami periodici.
La prevenzione
Oltre a evitare di farlo dormire all’aperto dove è maggiormente esposto alle punture del pappatacio, per proteggere il cane e prevenire la leshmaniosi si possono adottare diverse strategie, come per esempio l’applicazione di prodotti repellenti nei confronti di questo insetto, sotto forma di spray e fiale da applicare direttamente sulla cute, oppure collari specifici. I pappataci, infatti, sono ben diversi da zecche, pulci e zanzare: trasmettono immediatamente all’ospite il parassita infettante della leishmaniosi.
Dal 2012, inoltre, si può ricorrere alla vaccinazione: è disponibile, infatti, un vaccino contro la Leishmaniosi canina, da somministrare con tre iniezioni sottocutanee a partire dai sei mesi di età (ogni dose deve essere somministrata a distanza di tre settimane ciascuna e il richiamo è annuale). Ovviamente, tutti questi accorgimenti devo essere seguiti sotto il consiglio del veterinario, che farà un’attenta valutazione delle condizioni di rischio a cui il cane è esposto.
La leishmaniosi canina: le aree a rischio
Sebbene la leishmaniosi sia una malattia tipica delle zone tropicali e delle regioni vicino al mare, gli ultimi dati raccolti dal Centro di referenza nazionali per la leishmaniosi per il Ministero della Salute evidenziano come questa malattia stia migrando dalle regioni del Centro-sud verso il Nord d’Italia. Negli ultimi anni, infatti, si stanno registrando sempre più numerose segnalazioni di casi di leishmaniosi in aree ritenute precedentemente sicure. Il pappatacio, ormai, è stato dichiarato endemico in molte aree delle regioni italiane settentrionali, come Emilia-Romagna, Trentino Aldo Adige, Friuli Venezia-Giulia, Veneto, Piemonte e Valle D’Aosta.