Ci ha fatto individuare sperimentalmente il bosone di Higgs, mezzo secolo dopo la previsione teorica della sua esistenza. Ha infranto tutti i record di energia, toccando l’incredibile quota di 13 TeraelettronVolt (TeV). Le sue osservazioni hanno permesso, alternativamente, di confermare o smentire le attuali leggi della fisica. Nel complesso ha scoperto oltre 60 nuove particelle, tra cui quattro tetraquark e un pentaquark, entità esotiche di cui ancora sappiamo molto poco. Ma il Large Hadron Collider (Lhc), l’enorme acceleratore di particelle (il più grande al mondo, per la precisione) del Cern di Ginevra, è tutt’altro che pago. E oggi, dopo tre anni di maquillage, è tornato a operare, ancora più potente di prima. Il 9 febbraio scorso è stata infatti finalmente accesa Linac4, una nuova sezione dell’acceleratore lunga 86 metri, la cui costruzione era stata completata nel 2017 e che rimpiazza il suo predecessore, Linac2. L’avvio di Linac4, come raccontano al Cern, segna ufficialmente l’inizio del conto alla rovescia per il terzo round di esperimenti di Lhc, il cosiddetto Lhc Run 3. Vediamo di cosa si tratta e cosa speriamo di scoprire.
Sostanzialmente, Lhc è un enorme autoscontro per particelle pesanti (tipicamente protoni), di forma circolare. Nello specifico, i protoni vengono prodotti all’esterno della circonferenza e quindi vi vengono “iniettati” tramite un acceleratore lineare (le macchine Linac, per l’appunto), che ne aumenta l’energia. Linac4 accelera gli ioni di idrogeno negativi (H–, ossia un atomo di idrogeno con un elettrone aggiuntivo) fino a portarli a un’energia di circa 160 MegaelettronVolt (MeV). Il meccanismo di accelerazione delle particelle è abbastanza complesso, e si basa su cavità a radiofrequenza che caricano positivamente e negativamente (in modo alternato) conduttori cilindrici: quando gli ioni entrano nella cavità, i conduttori dietro di loro li “spingono” e quelli davanti a loro li “tirano”, sfruttando rispettivamente la repulsione e l’attrazione elettromagnetica e aumentando così la loro energia. A questo punto, gli ioni entrano in un’altra macchina, il Proton Synchroton Booster, che li priva di due elettroni, trasformandoli di fatto in protoni accelerati, e finalmente li inietta nella parte circolare di Lhc, dove cominciano a girare, accelerando sempre più, e a scontrarsi. È proprio studiando le caratteristiche di queste collisioni che i fisici sono in grado di inferire informazioni sulla natura delle particelle e sulle leggi della fisica.
Cern: Lhc ha rilevato tracce di neutrini
“Nonostante tutte le difficoltà dovute alla pandemia, abbiamo completato tutti gli obiettivi che ci eravamo posti di raggiungere durante questi tre anni di spegnimento” – ha spiegato Lothar Bauerdick, program manager di Cms, uno degli esperimenti di Lhc – “e non vediamo l’ora di ricominciare a raccogliere dati, con un rivelatore nuovo e aggiornato, e con particelle a energie ancora maggiori. Tutto questo dovrebbe consentirci di fare nuove scoperte nei prossimi anni, e di raffinare ciò che già conosciamo”. Le migliorie, nello specifico, dovrebbero servire per comprendere ancora più in dettaglio la natura del bosone di Higgs, fare luce sui misteri di materia ed energia oscura e definire i limiti del Modello Standard, la teoria al momento più affidabile e precisa per spiegare il comportamento delle particelle elementari e delle forze fondamentali a oggi note.
“I nuovi esperimenti” – ha detto a New Scientist Phil Allport, della University of Birmingham – “ci aiuteranno a far luce su cosa succede a energie altissime, il che potrebbe spiegare i fenomeni avvenuti nei primi momenti di vita dell’Universo e quelli non completamente descritti dal Modello Standard”. Tra questi, per esempio, c’è il cosiddetto problema della gerarchia, ossia l’apparentemente inspiegabile differenza tra la massa del bosone di Higgs e quella di altre particelle fondamentali: “È necessario estendere il Modello Standard delle particelle per tenere conto di questi fenomeni inspiegabili. E sappiamo che per estendere il Modello Standard bisogna aumentare l’energia delle collisioni”. In questo senso, si può pensare a un acceleratore di particelle come a un enorme microscopio: maggiore è l’energia che vi si riesce a raggiungere e maggiore è l’“ingrandimento” con cui si può osservare quello che accade su scale microscopiche.
Tra l’altro, l’aggiornamento di Lhc non è l’ultimo: ne è già in programma un altro, previsto per il 2024, che renderà i fasci di particelle ancora più stretti e precisi, aumentando così il numero di collisioni. Negli ultimi esperimenti i fisici avevano osservato circa 40 collisioni ogni volta che due fasci di protoni si incrociavano tra loro; nei prossimi, sperano che la cifra arrivi a 250. A quel punto, sarà necessario anche un cambio di nome: Lhc diventerà ufficialmente Hllhc, ovvero High Luminosity Large Hadron Collider. E probabilmente comincerà tutta un’altra storia.
Credits immagine: Cern
Via: Wired.it