Le previsioni sul futuro del nostro pianeta, e in particolare su quello della nostra specie, non sono molto incoraggianti; ancora meno lo sono quelle sul presente di molte specie animali e vegetali con cui la specie umana ha convissuto e che sono attualmente in sofferenza, a rischio di estinzione o già estinte, a causa della nostra invadente occupazione di spazi precedentemente condivisi. Maurizio Casiraghi, appassionato zoologo evoluzionista molto impegnato nello studio delle dinamiche ambientali, documenta lo stato attuale della biodiversità sulla Terra citando i dati raccolti dall’Unione Mondiale della Conservazione della Natura (IUCN) e riportati nella Lista Rossa, un elenco di specie catalogate in base allo stato di conservazione degli organismi. In realtà si possiedono informazioni soltanto sullo stato di conservazione del 5% delle specie attuali, ignorando i dati relativi a tutte le altre, ma i continui aggiornamenti sembrano sufficienti per mettere in evidenza la costante crescita del numero di specie a rischio.
Le estinzioni di specie sono un fenomeno comune nella dinamica della vita sulla terra: sono note ben cinque grandi Estinzioni che hanno preceduto l’esistenza e la diffusione della specie umana e la sesta – che presumibilmente noi stessi stiamo preparando – potrebbe coinvolgere la nostra sopravvivenza. L’impatto sulla biodiversità della nostra specie “prepotente”, come la definiva il genetista Cavalli Sforza, è molto antica e Casiraghi ne traccia una rapida storia, citando i cinque punti critici, individuati dal biologo americano Edward Wilson fin dal 2010, che hanno portato alla crisi attuale. La frammentazione degli habitat, l’introduzione di specie invasive, la crescita della popolazione umana, l’inquinamento e lo sfruttamento sconsiderato delle risorse sono i macro-cambiamenti che hanno avviato i processi relativi alla riduzione della biodiversità. Questi potrebbero essere contrastati da processi di re-wilding, lasciando zone incolte a disposizione della natura, e di de-estinzione, fondate su attività di clonaggio sperimentale e di riproduzione protetta delle specie a rischio.
In realtà le conoscenze sulle dinamiche biologiche fini, sulle potenzialità evolutive e sulle strategie di diffusione delle varie specie sono ancora piuttosto grezze. Le modalità evolutive hanno tempi e opportunità che dipendono da una varietà tale di condizioni da poter essere considerate casuali; il permesso di sopravvivere che l’ambiente dà alle specie che lo abitano dipende dalle caratteristiche delle specie stesse e dalle condizioni in cui vengono a trovarsi; infatti sopravvivenza, estinzione o diffusione dipendono spesso da raffinate sensibilità fisiologiche a variabili che sfuggono alle modellizzazioni umane, spesso solo teoriche o sostenute da esperienze di laboratorio. Così, per esempio, specie introdotte volontariamente in ambienti nuovi o casualmente pervenute da lontano possono trovare condizioni favorevoli al punto di diventare invasive e distruggere popolazioni locali, altre invece possono diventare essenziali per l’economia degli umani o dei loro animali di allevamento.
Dunque, la complessità delle relazioni ecologiche è conosciuta e studiata nelle sue grandi linee, ma i risultati di certi interventi non sempre corrispondono alle aspettative: molte azioni apparente innocue o ritenute utili, una volta introdotte nella complessa macchina ambientale, possono evolvere in modi imprevisti o portare su tempi lunghi a conseguenze spiacevoli. Esemplare è la storia della perca del Nilo introdotto nel lago Vittoria. Questo è un pesce enorme che ha rapidamente divorato la maggior parte della fauna ittica locale; inoltre può essere conservato con l’affumicazione, e questo ha comportato il disboscamento delle rive del lago che, desertificate, sono in breve tempo franate. Grandi quantità di pesce, in eccesso rispetto al fabbisogno della popolazione, sono state trasportate in Europa avviando in parallelo un commercio di armi che ha alimentato i conflitti locali. Il pesce, trasformato in prodotto di lusso, è diventato troppo caro per i locali che lavorano sottopagati nella catena industriale, ma la relativa disponibilità economica ha sviluppato prostituzione femminile mentre i ragazzini allo sbando si stordiscono sniffando i barattoli di colla usata nel sistema di imballaggio dei pesci.
Se non è facile prevedere come si svilupperanno analoghe catene causali, Casiraghi racconta anche casi di biopirateria consapevole, cioè di azioni non autorizzate di appropriazione delle risorse vitali per i paesi poveri: per esempio, l’esportazione di vegetali le cui proprietà terapeutiche sono conosciute dalle popolazioni locali per estrarne molecole o farmaci che non cureranno più le loro malattie.
Intanto la tecnologia e lo sfruttamento delle risorse da parte degli umani depaupera il pianeta e invade lo spazio che dovrebbe essere condiviso con le altre specie. Uno studio recente dimostra che il peso di tutti i manufatti umani (edifici, strade, auto, treni, piramidi, aerei e quanto costruito dall’uomo) supera di circa il 5% il peso della biomassa, cioè di tutto quello che è vivo sulla terra, e, in particolare, tutta la plastica prodotta sulla terra pesa il doppio dell’insieme degli animali viventi. L’uomo e i suoi animali di allevamento rappresentano il 96% della massa di tutti i mammiferi: sembra proprio che la nostra specie sia veramente invadente ma… anche molto fragile. Bastano dei microrganismi o addirittura dei non-viventi come i virus per procurare gravi pandemie. Peste nera nei tempi antichi, peste bovina, peste suina in tempi più recenti, Ebola, Covid-19 hanno sterminato milioni di persone. E l’insieme degli eventi che stanno trasformando il pianeta espongono le popolazioni a rischi ancora sconosciuti.
A proposito del riscaldamento globale, infatti, è bene ricordare che la variazione della temperatura media è solo la più evidente della variazione di molte altre variabili che a questa sono correlate, generando effetti collaterali a cui noi siamo ancora poco sensibili ma che condizionano la vita di altre specie. Per esempio, le variazioni nei regimi pluviometrici incidono pesantemente sulle possibilità di sopravvivenza di diversi biomi e in diversi continenti. Inoltre l’insieme di questi cambiamenti permetteranno probabilmente la diffusione di altri agenti patogeni attualmente latenti, come ad esempio quelli congelati da millenni nel permafrost artico, e ridurranno, forse, la diffusione di quelli selezionati dalle attuali condizioni climatiche.
Intanto, Casiraghi nota anche come il cambiamento globale modifichi la distribuzione di specie all’interno di aree geografiche che stanno a loro volta cambiando, e che di conseguenza migrano per stabilizzarsi almeno provvisoriamente in quelle più simili ai loro habitat attuali, in una sorta di inseguimento alla ricerca di condizioni ambientali accettabili. Queste migrazioni, animali vegetali e umane si sono già verificate nel passato ed è proprio la mancanza di consapevolezza sulla complessità ambientale che ci fa vedere come statico un sistema in continua incessante trasformazione.
Il futuro è difficilmente prevedibile, ma la cecità davanti ad indizi evidenti non aiuta ad immaginare scenari plausibili né ad adoperarsi per rallentare quelle dinamiche di cambiamento che renderanno difficile la nostra sopravvivenza e quella dei viventi da cui siamo involontariamente dipendenti. Siamo infatti “sempre più soli”, come recita il titolo del volume, legati alla vita sulla terra da relazioni ramificate, quasi mai evidenti, spesso inimmaginabili, della cui complessità siamo sostanzialmente inconsapevoli. Soluzioni? Più facili a dirsi che a realizzarsi, ma continuare così, senza cambiare nulla, alimenta solo false speranze. L’evoluzione degli habitat modifica anche, insensibilmente, i modi quotidiani di vivere e gli stessi rapporti tra umani che, conclude Casiraghi, hanno perso la capacità di sognare. Forse, oltre a sognare, potremmo anche assumerci nuove responsabilità, imparare dai nostri stessi errori, avere cura degli altri e del nostro fragile ambiente, perché “non ci si salva da soli, in questo mondo”.
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