Documentato da una lunga esperienza sullo sviluppo fetale, a volte amaro e a volte ironico, comprensivo e critico, questo libro di Alessandra Piontelli ci porta nel mondo di “prima della nascita”, mostrandoci le speranze e le paure delle donne incinte, il modo in cui si vedono e vengono viste, spesso condizionate e marginalizzate dalla nostra cultura feto-centrica dominante. Il saggio è articolato in tre parti, con caratteristiche abbastanza diverse: nella prima si analizzano i cambiamenti veramente straordinari avvenuti nella società, nelle conoscenze e nelle tecnologie della nascita dagli anni 1960-70 ad oggi; nella seconda si analizzano da un punto di vista scientifico la formazione e lo sviluppo del feto umano, nella terza si guardano i modi in cui società diverse dalla nostra affrontano le gravidanze, le nascite, gli aborti, la paura del parto e la morte dei nuovi nati.
Il feto al centro
Seppure certi radicati modi di pensare siano rimasti immutati, la pressione sociale sull’esperienza della maternità, sul tempo della gravidanza e sulla relazione madre-feto è oggi particolarmente invadente. Attualmente, sostiene l’autrice, chiunque si sente autorizzato a speculare su quello che i feti sentono, percepiscono, fanno; si sostengono senza alcuna prova interpretazioni fantasiose che portano a bombardare le madri con proibizioni e paure non giustificate. Le donne perdono importanti diritti tanto che, durante la gravidanza, vengono considerate quasi dei meri contenitori di figli, mentre – all’opposto – si discute se conferire ai feti cittadinanza, diritti umani e privilegi.
Nella seconda metà del secolo scorso la cosiddetta “rivoluzione sessuale” e la possibilità di usare contraccettivi avevano reso le donne più responsabili della procreazione, lasciandole tuttavia spesso ignoranti sulle conseguenze che i farmaci somministrati dopo il concepimento potevano avere sul feto. Farmaci per evitare le nausee come il talidomide, per controllare il peso, per dormire o per evitare la sonnolenza venivano prescritti e usati senza preoccupazione alcuna: veniva consigliato il fumo per rilassarsi, enormi quantità di birra per “fare latte”, pesce e carne cruda contro avitaminosi e anemia.
Dal forcipe al bonding
Il metodo psicoprofilattico avrebbe dovuto aiutare le madri a superare il momento del parto e la paura di non farcela, ma assai spesso le tecniche di respirazione e rilassamento non funzionavano e le donne urlavano di dolore. Si usava il forcipe, che spesso danneggiava la testa del nascituro, il parto cesareo lasciava nell’utero cicatrici che rendevano difficile una nuova gravidanza; contemporaneamente si inondavano i paesi poveri di latte in polvere da diluire con acqua, spesso molto inquinata.
Alessandra Piontelli
Il culto del feto. Come è cambiata l’immagine della maternità
Raffaello Cortina Editore, 2020
pp. 297, € 25,00
Nei decenni successivi l’uso degli ultrasuoni (l’ecografia) regalava alle famiglie le immagini prenatali di embrioni abbastanza formati, il feto cominciava ad avere una sua personalità e si potenziava socialmente, ad opera di psichiatri e psicanalisti, il concetto di “bonding”, cioè della specificità del legame madre-figlio. Questa forma di attaccamento, sostiene Piontelli, ha una dubbia credibilità scientifica ma viene facilmente usato per continuare a tenere le donne a loro posto, attribuendo loro la colpa dei problemi che potrebbero essere derivati da un insufficiente bonding. Col tempo, anche i padri hanno avuto gradualmente accesso alla sala parto, e più o meno volentieri hanno partecipato a modo loro alla nascita del figlio; tuttavia “le madri continuano ad essere le responsabili di ogni male e raramente di ogni bene”.
Retorica e ideologia della gravidanza
Retorica e ideologia della gravidanza, almeno fino al parto, sono descritte in questa prima parte del libro con onesta durezza. L’autrice è chiaramente critica verso i feti usati per le più svariate pubblicità, trasformati in bambole “reborn” realizzate fin nei minimi particolari, a volte col cordone ombelicale ancora attaccato: assai spesso sostituiscono un feto o un bambino morto ma, talvolta, possono anche essere usate con intenzioni pornografiche.
Intorno ai feti, sempre più controllati dalla pubblicità, si stabilisce un vero e proprio mercato: soprattutto perché questi vengono presentati e rappresentati come deliziose e tenere creature ideali. Vari oggetti che mimano feti-bambini stimolano l’interesse e la sorpresa del pubblico ed i futuri genitori (ricchi!) cercano di conoscere e documentare quello che succede nella pancia della madre. Per esempio, sono state progettate cinture PreVue che permettono di guardare e monitorare il feto con ecografie 4D, altri sistemi “connettono” le madri ai loro bambini, si sviluppano i ”Keepsake ultrasound” che raccolgono amici e parenti intorno alla madre per iniziare a conoscere il bambino…; si creano bisogni consumistici che si soddisfano senza alcun controllo medico. E se la maternità viene sbandierata prima della nascita, viene poi assolutamente sottovalutata e non sostenuta dopo la nascita.
La prima parte del libro di Piontelli ci porta quindi dietro le porte delle sale parto, nelle boutiques di alta moda dove si inventano abiti per donne gravide, nelle botteghe di tatuaggi dove le donne si fanno istoriare disegni o motti affettuosi sulla pancia, nei negozi di protesi di pance che si applicano sotto i vestiti per mimare gravidanze inesistenti… ma oltre tutti questi progetti di dolce attesa l’autrice non dimentica l’alta percentuale di infanticidi spesso mascherati da morti accidentali una volta che il magico feto si è trasformato in un bambino urlante e affamato. Il dolore per la morte di un feto è cambiato socialmente e adesso ha raggiunto delle intensità intollerabili. Questo non accade in tutte le culture, spiegherà l’autrice nella terza parte del libro: qui cita invece i progressi della medicina che può resuscitare e tenere in vita feti sempre più giovani, di 22-23 settimane, dimenticando il prezzo devastante che si paga salvando questi infanti fetali.
La riproduzione assistita e la mistica del feto
Le varie forme di maternità surrogata, i problemi delle coppie omosessuali, le diverse modalità di fecondazione assistita sono velocemente accennate con i loro vantaggi e con le loro difficoltà, sia fisiologiche che psicologiche. Il modo in cui si forma gradualmente un embrione umano fin dalla fecondazione, i suoi movimenti involontari, il suo prepararsi fisiologico alla vita fuori dall’utero sono descritti con ricchezza di dettagli nella seconda parte del libro di Piontelli: la mistica del feto è ben lontana e la scienza è ancora abbastanza incerta nelle interpretazioni di quello che oggi le differenti strumentazioni possono rilevare.
Le sensazioni fetali si possono osservare solo indirettamente, deducendole dai movimenti che reagiscono a qualche stimolazione precisa. Risulta con chiarezza che nei differenti stadi gli embrioni sono perfettamente adattati ai propri cambiamenti e a quelli dell’ambiente ristretto in cui vivono. Sono stati studiati cicli di attività e riposo, movimenti locali o generalizzati, movimenti della testa e delle mani, quelli che preludono alla suzione, alcuni sorrisi ed altre espressioni facciali che stimoleranno, dopo la nascita, la comunicazione con gli adulti. Inoltre, stupisce che tutti i feti abbiano il singhiozzo, e ancora non se ne conosce il preciso significato funzionale.
Altre culture
Nell’ultima parte del libro si descrivono i diversi modi con cui altre culture e altre popolazioni vivono la gravidanza. L’attenzione riservata allo sviluppo e alla cura del feto sembra caratterizzare la nostra società poiché altrove aborti spontanei o procurati, ed anche infanticidi precoci, vengono considerati come contraccezioni tardive e non provocano grandi traumi. La morte e la paura della morte sono invece ben presenti nelle donne che devono partorire, tanto che nei diversi culti, pratiche, droghe e rituali hanno il compito di esorcizzarla. L’autrice non intende entrare nel dibattito sull’aborto, né nella nostra né in altre società tuttavia – conclude – non si può paragonare una morula ad un neonato, ed “equiparare embrioni e feti a bambini, e curarsi di loro ignorando i bambini bisognosi è incomprensibile e può essere un atto irresponsabile e perverso”.
Credits immagine di copertina: Alicia Petresc on Unsplash