Sentimenti di paura, avversione e ostilità fanno da sempre parte dell’esperienza umana; si scatenano verso quegli individui o quei gruppi che consideriamo “altri”, estranei e diversi, che si contrappongono ai “noi” a cui ci si sentiamo legati da sentimenti di amicizia. Tra i “noi” si costruiscono modalità di appartenenza più o meno durature, e si ha indulgenza per i nostri vari comportamenti, mentre quelli di “loro”, degli “altri”, provocano fastidio, disprezzo e ostilità. Il saggio di Milena Santerini indaga proprio su come si costruisce culturalmente la “mente che odia”, sulle sue eventuali origini biologiche, sulle possibilità di dominarla con educazione e ragionamento.
Certo sono state individuate zone del cervello che si attivano quando si provano emozioni e sentimenti aggressivi verso persone e situazioni, e le tecniche di brain imaging si sono dimostrate in questo estremamente importanti. Altre specifiche aree sembrano impegnate nei casi di paura e ansia e sono stati individuati schemi corticali attivi in relazione alla vendetta, alla voglia di ricompensa, al piacere per le disgrazie altrui. Il cattivo rapporto con “loro” può portare ad aggredirli non per quello che hanno fatto ma, più semplicemente, per quello che sono: e si capisce che per questa via si giunge facilmente alla discriminazione, al pregiudizio, alla categorizzazione superficiale e ingiustificata.
Milena Santerini
La mente ostile. Forme dell’odio contemporaneo
Raffaello Cortina Editore
pp. 242, € 19,00
La ricerca di cause per questo fenomeno di sempre porta Santerini ad analizzare l’individualismo contemporaneo, sostenuto anche dalla Rete che permette la connessione totale di tutti con tutti, portando ad una semplificazione che rende accessibile qualsiasi informazione e fa tutto scorrere in continuo movimento. Si afferma una sorta di dittatura della maggioranza, mentre al tempo stesso si valorizza il bisogno di soggettività; si contrappone il narcisismo individuale al bisogno di essere con gli altri; e a questi sconosciuti si chiedono i like che lo approvino e lo condividano.
L’odio non nasce certo da internet ma la rete ne permette una espansione capillare, gigantesca e pervasiva, sviluppando una sorta di “effetto gregge” che potenzia l’effetto persuasivo delle fake news e di varie altre menzogne. Del resto, continua Santerini, l’anonimato, l’invisibilità, l’asincronicità proteggono gli “odiatori da Internet” e permettono alle persone di fare del male quando sono on line, diffondendo un linguaggio aggressivo seducente e convincente.
L’odio individuale sfruttato e costruito politicamente può dare origine a un odio collettivo: si riesce così ad eliminare dalle giovani generazioni il senso morale che porta ad identificarsi con un altro essere umano. Nella Germania nazista l’addestramento all’odio prevaleva su ogni forma di educazione familiare e scolastica; in Cambogia il regime di PolPot che rivalutava la purezza della razza khmer ha portato alla morte quasi due milioni di persone; in Ruanda il genocidio ha provocato più di mezzo milione di morti. Quando si viene chiusi in una bolla culturale che ammette solo il punto di vista di “noi”, le uccisioni di “loro” diventano un dovere a cui è impossibile sottrarsi. Anche in Italia, pur senza professare apertamente antisemitismo e razzismo, le logiche della violenza, della sopraffazione e del maschilismo seducono ancora oggi formazioni come Casa Pound, Forza Nuova, o Lealtà Azione.
Negli ultimi capitoli, Santerini analizza le caratteristiche moderne della discriminazione razziale, affermando che le razze non esistono non perché gli uomini siano uguali ma perché sono tutti diversi. L’antisemitismo, l’anti-islamismo, l’odio per gli afro-americani e la segregazione dei rom in “campi” spesso invivibili sono descritti e commentati con uno sguardo critico che ne indaga le ragioni storiche e sociali. La paura del contatto con il diverso, per colore della pelle, religione o modo di vivere, stimola atteggiamenti di difesa che diventano troppo spesso aggressivi. Particolarmente interessante e attuale è il capitolo che riguarda le differenze e le disuguaglianze tra maschi e femmine; le donne sono spesso oggetto di aggressione fisica o verbale perché – citando Chiara Saraceno – il maschio ritiene di poterne fare ciò che vuole e non accetta che le donne non corrispondano alle proprie virili aspettative. Non è facile prevedere la fine del dominio maschile legato alla cultura del macho e al sentimento di possesso che tende a giustificare la disuguaglianza sociale con la diversità biologica; anche i nuovi modi di comunicare rinforzano le appartenenze ad una comunità (maschile) dominante. Per esempio il sexting, cioè la condivisione on line di immagini private potenzia la virilità e genera nelle donne offesa e vergogna che non si dimenticano facilmente. Anche i sentimenti di omofobia, molto presenti sul web, si trasferiscono rapidamente nella vita reale discriminando e umiliando anche ragazzi giovanissimi. Forse la situazione va lentamente cambiando, ma l’adolescenza resta l’età problematica e ambigua in cui ragazzi e ragazze sono costretti in ruoli al tempo stesso puerili e ipersessuati che sviluppano sentimenti di non adeguatezza sociale e portano a giocare ruoli non sempre adatti alla propria età.
L’originalità della ricerca insieme all’analisi e alla documentazione partecipata dei vari atteggiamenti di odio sociale presentati in questo volume permettono al lettore una visione meno edulcorata e più realistica della vita di oggi. Ci accorgiamo così di essere variamente condizionati sia dalle quotidiane esperienze di appartenenza o di non-appartenenza a comunità reali sia da quelle che emergono dal mondo virtuale di cui tutti, in un modo o in un altro, siamo partecipi.