Mentre a New York è in corso il summit per il clima dell’Onu, il mondo scende in piazza. Centinaia di migliaia di persone in 150 paesi hanno aderito alla Climate Action Week, la settimana di mobilitazione globale per il clima che culminerà nel 3º Global Strike For Future venerdì 27 settembre, con manifestazioni pacifiche organizzate su tutto il territorio nazionale. Il messaggio è chiaro: bisogna agire subito, perché a causa delle azioni umane i cambiamenti ambientali stanno già avendo effetti catastrofici per l’umanità: inondazioni, carestie, siccità, e tutto quel che ne consegue. Bisogna agire subito – dicono i Fridays for Future con Greta Thunberg – perché la Terra è vicina a un punto di non ritorno, oltre il quale non sarà più in grado di sostenere la popolazione umana così come fa oggi. Ma quanto vicini siamo alla catastrofe? Quanto tempo ci rimanga per reagire? Secondo il ricercatore svedese Johan Rockström, non ci sarebbe un solo punto di non ritorno ma ben 9 “limiti planetari” all’interno dei quali la vita umana può continuare a prosperare. Il problema, ha spiegato in un’intervista pubblicata in questi giorni da New Scientist, è che ad oggi ne abbiamo oltrepassati 4: il mondo come lo abbiamo conosciuto fino ad ora potrebbe già non esistere più. Ma secondo Rockström c’è ancora margine di azione per invertire la rotta.
I limiti da non superare
I “limiti planetari” tracciati nel 2009 dal ricercatore svedese definiscono i confini entro i quali noi esseri umani possiamo operare in sicurezza, senza nuocere agli equilibri del pianeta. Se li superiamo, al contrario, rischiamo di trasformare la Terra in un luogo assai meno ospitale per noi di quanto sia ora. “Nel 2009 abbiamo identificato nove sistemi fondamentali – racconta Rockström a New Scientist – di cui tre su scala planetaria: gli oceani, il sistema climatico atmosferico e lo strato di ozono stratosferico. Altri quattro nella biosfera: biodiversità, ciclo idrologico, sfruttamento del suolo e ciclo dei nutrienti come azoto e fosforo. Gli ultimi due appartengono a categorie che non esistono naturalmente, come l’inquinamento atmosferico o le scorie nucleari”.
Le età dell’incertezza
Per ciascun sistema, esiste un limite che separa la “zona sicura” da quella “a rischio”. Una soglia critica, insomma, oltre la quale viene pregiudicata in maniera permanente la stabilità del sistema Terra. Tra le due zone non c’è una linea netta, ma un “intervallo di incertezza”: una sorta di limbo all’interno del quale non siamo più al sicuro, ma forse possiamo ancora limitare i danni.
CO2 e cambiamento climatico
Prendiamo il clima, ad esempio: “Per i cambiamenti climatici – spiega Rockström – abbiamo scelto la concentrazione atmosferica del principale gas serra, l’anidride carbonica. Abbiamo valutato l’intervallo di incertezza tra 350 e 450 parti per milione (ppm), quindi il limite planetario è di 350 ppm.” Oggi, con 410 ppm di anidride carbonica nell’atmosfera, l’impatto ambientale è già evidente: siamo nella zona grigia, sempre più vicini al valore critico di non ritorno.
Quanto può sopportare la Terra
La vera domanda, quindi, è fino a che punto possiamo spingerci. Vale per il clima, ma anche per tutti gli altri sistemi. Uno dei limiti planetari che abbiamo già superato, ad esempio, riguarda la biodiversità. “Il tasso di estinzione naturale è fino a 10 specie l’anno – ha detto Rockström – noi abbiamo fissato il limite a una frequenza dieci volte superiore. Ma oggi questo tasso è di circa 1000 specie l’anno, cento volte superiore.” Anche l’acqua e gli oceani sono stati esplicitamente riconosciuti dall’Onu tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030. Ma nonostante i tanti problemi legati all’inquinamento e all’acidificazione, le analisi di Rockström pongono ancora al di sotto del limite planetario sia le condizioni del ciclo idrologico che quelle degli oceani (in questo caso però di pochissimo). Oltre a biodiversità e clima, ad aver superato i limiti di sicurezza troviamo anche lo sfruttamento del suolo e il ciclo di nutrienti. Siamo a quattro su nove quindi, e la situazione è ben poco rassicurante.
Al concetto di limiti planetari sono state mosse anche delle critiche, in particolare per la sua presunta incapacità di distinguere tra effetti locali e globali. Ma Rockström ribatte che “i problemi locali possono diventare globali” e che “rimanere all’interno dei limiti significa creare una spazio sicuro per il pianeta nel suo insieme, non per i singoli essere umani o ecosistemi”. E benché il mondo stia precipitando verso le zone a rischio, Rockström, a sorpresa, si lascia andare a un cauto ottimismo. “Negli ultimi 10 anni abbiamo assistito a un aumento esponenziale delle soluzioni energetiche sostenibili, come fotovoltaico, energia eolica e mobilità elettrica, che oggi sono molto più competitivi dal punto di vista economico”. E conclude: “Il cambiamento sta avvenendo. Potremmo entrare in una nuova era, un Rinascimento in cui la sostenibilità diventi essenziale per il successo delle imprese.”
Riferimento: New Scientist