Anche se il quorum non è stato raggiunto, pochi giorni fa l’Ungheria ha detto “no” per il referendum all’obbligo di accogliere i profughi, alleggerendo così il carico degli altri Paesi Europei. Il popolo ungherese, domenica scorsa era infatti stato chiamato alle urne per votare sulla redistribuzione dei richiedenti asilo tra i paesi europei: il numero di cittadini che ha dato il proprio parere non ha superato il 50%, fermandosi a meno del 45%. Ma la percentuale di coloro che hanno votato contro il piano europeo di ripartizione dei migranti anche in questo Paese è stata del 98%.
Pochi giorni dopo il “no” ungherese, arriva una ricerca che dimostra come l’immigrazione e criminalità non sono collegate tra loro. Equiparare, quindi, alti livelli di immigrazione con aumenti del tasso di criminalità, come spesso capita di sentire, è sbagliato. Anzi, è l’esatto contrario. A dimostrarlo è lo studio della University of Huddersfield secondo cui un “forte raggruppamento di popolazioni immigrate registra sempre tassi di criminalità molto più bassi, indipendentemente dal tipo di reato. È proprio dove le culture si mescolano con la forza che si verificano molti più crimini”.
“La mia ricerca mostra che le aree con concentrazioni molto elevate di popolazioni immigrate tendono ad avere meno polizia e registrano tassi di criminalità molto più bassi rispetto alle aree con concentrazioni basse o medie di immigrati”, ribadisce Dainis Ignatans, coordinatore dello studio finanziato dalla British Academy.
Servendosi di fonti come il censimento e il British Crime Survey, l’autore spiega che “i modelli in tutta l’Inghilterra e il Galles dimostrano che le zone che hanno una forte concentrazione di immigrati presentano anche un basso tasso di criminalità”, aggiungendo che molto dipende dalla distribuzione delle persone. Spiegazioni per cui ci sia meno criminalità potrebbero includere il fatto che le comunità di immigrati hanno un forte un senso di appartenenza e le caratteristiche della loro cultura hanno portato ad un miglioramento comune.
Secondo l’autore inoltre bisogna distinguere i concetti di “integrazione” e “assimilazione”. Gli immigrati si possono integrare con successo nella comunità che li ospita, anche se non si assimilano a livello culturale. “Se permettiamo agli immigrati di dimostrare il meglio della loro cultura, tutti possiamo trarne beneficio. Ma se continuiamo a ghettizzare gli immigrati – conclude Ignatans – le loro culture verranno forzatamente mescolate, come avviene per esempio nelle case popolari, in cui persone provenienti da diversi paesi si ritrovano a vivere insieme,elevando così il tasso di criminalità”.
questo articolo e’ una fesseria. e’ chiaro che gli immigrati in inghilterra si comportano bene visto che e’ un paese che li controlla ma qui da noi fanno quello che vogliono quando vogliono .ma che giornalisti avete?
Ma Galileo è un giornale di scienza o estrema sinistra?
sarà, ma per quello che ci è dato di vedere questi grandiosi, educati e rispettosi individui si comportano nè più ne meno come i branchi di cinghiali.
Haaaa, dite che non li trattiamo abbastanza bene, è per quello!