I liscianti per capelli finiscono di nuovo alla ribalta delle cronache per il loro legame con tre tipi di tumori sensibili agli ormoni: cancro al seno, all’ovaio e ora – la prima conferma arriva dall’Nih statunitense – anche cancro all’utero. Secondo Alexandra White e i suoi collaboratori che firmano lo studio, le donne che usano spesso prodotti chimici per lisciare i capelli avrebbero un rischio maggiore di sviluppare un tumore dell’utero entro i 70 anni rispetto a chi non fa uso di questi cosmetici. E sono passati solo pochi giorni dalla pubblicazione dello studio epidemiologico sul Journal of the national cancer institute, che negli Stati Uniti cominciano a essere intentate cause alle aziende produttrici, accusate di aver contribuito a creare un bisogno – soprattutto tra le donne nere – per vendere cosmetici non sicuri. Bisogna allarmarsi? Spoiler: no. Vediamo perché.
Evidenze precedenti
White non è una novellina nell’ambito. Il suo nome ricorre in altre indagini dell’Nih che hanno evidenziato una correlazione tra l’uso di cosmetici come tinte per capelli e liscianti e tumori sensibili agli ormoni. Nel 2019 aveva suscitato parecchio clamore l’analogo studio che metteva in relazione l’impiego di tinte per capelli e liscianti con l’aumento di rischio di cancro al seno. Clamore e preoccupazione, visto che anche in Europa la pratica di ricorrere alle tinte per capelli è molto diffusa e praticata da più della metà delle donne e anche da una più piccola ma significativa quota di uomini. E poi nel 2021, uno studio di follow-up ha osservato una relazione simile con il cancro alle ovaie.
Come allora, però, è necessario scendere più nel dettaglio per capire chiaramente la portata della ricerca del Nih.
Lo studio
L’ultima fatica di White rimane all’interno del filone di studi che derivano dal progetto epidemiologico “Sisters Study”. In particolare per questo studio i ricercatori hanno raccolto per circa 11 anni i dati di quasi 34mila donne statunitensi tra i 35 e i 74 anni. Quella di oggi è però la prima indagine a evidenziare il legame tra l’impiego di liscianti chimici per capelli e il rischio di cancro all’utero.
Nel periodo di osservazione 378 partecipanti si sono ammalate di cancro all’utero. Analizzando i dati, i ricercatori hanno stimato che per le donne che utilizzano frequentemente prodotti chimici liscianti (cioè più di 4 volte nell’anno precedente alla diagnosi) il rischio di sviluppare un cancro dell’utero entro il 70° anno di età sia pari al 4,05%, una probabilità bassa in valore assoluto, ma che risulta del 155% più alta del rischio corso da chi non ha mai fatto uso di simili prodotti (1,64%). Nessuna correlazione, invece, è stata trovata tra tinte per capelli e cancro all’utero.
Sebbene non siano state riscontrate differenze significative in relazione all’etnia delle persone, gli autori sottolineano come il fenomeno possa avere più peso per le donne nere e afro-americane, abituate a ricorrere a prodotti liscianti fin da giovanissime.
Altri fattori, poi, possono contribuire all’aumento del rischio di sviluppare un tumore uterino. White e colleghi hanno notato come la suscettibilità potrebbe essere aumentata nelle donne che fanno poca attività fisica, in cui i livelli di ormoni steroidei e di infiammazione cronica latente sono più alti.
Non ci sono prove di causalità
Come sottolineato dagli stessi autori, l’indagine non stabilisce un nesso di causa-effetto, ma mette in luce una associazione statisticamente significativa, che suggerisce la possibilità che alcuni componenti dei prodotti liscianti, assorbiti dalla cute, abbiano effetti nocivi sul sistema endocrino predisponendo allo sviluppo di tumori ormoni-sensibili. D’altra parte c’erano già alcune evidenze che l’esposizione ai liscianti fosse correlata a un menarca precoce e a alterati livelli di ormoni steroidei.
Mancano dati sulle sostanze sospette e sull’esposizione
Diverse sostanze che possono imitare estrogeni e progesterone naturali vengono indicate come sospette (parabeni, ftalati, bisfenolo A, ciclosiloxani, dietanolammina e formaldeide), ma lo studio non ha indagato i prodotti utilizzati dalle donne (quindi non è possibile identificare gli ingredienti con esattezza) né ha valutato l’esposizione nel tempo.
Questo vuol dire che sulla correlazione tra l’impiego di cosmetici liscianti e rischio di cancro all’utero appena individuata incidono diverse variabili che rendono più difficile coglierne il significato: dal momento che le neoplasie possono impiegare anche diverso tempo, anni o decenni, a svilupparsi, ai casi individuati oggi potrebbe aver concorso l’impiego di formulazioni non più in commercio.
Paese che vai, legislazione che trovi
A proposito di formulazioni e ingredienti, un’altra informazione importante per contestualizzare lo studio (e dunque l’eventuale rischio corso dalle persone che fanno uso di liscianti per capelli) è che si tratta di un’analisi svolta negli Stati Uniti, in cui vige una legislazione differente da quella europea e italiana.
La formaldeide, per esempio, è un tipico ingrediente dei liscianti per capelli: riconosciuta come cancerogeno certo (è inserita nel gruppi I dello Iarc dal 2004), il suo impiego nei cosmetici, insieme a quello della paraformaldeide e delle sostanze che rilasciano formaldeide, è attentamente e severamente regolamentato nell’Unione europea dalla direttiva 76/768/CEE.
Negli Stati Uniti i cosmetici non sono approvati dalla Food and drug administration (Fda) ma sono regolamentati dalla stessa in ottemperanza al Federal Food, Drug, and Cosmetic Act e al Fair Packaging and Labeling Act, che, in estrema sintesi, decretano che i cosmetici non devono essere pericolosi nelle condizioni d’uso previste e devono essere etichettati in modo adeguato, e che le aziende e le persone che li producono e li commercializzano sono responsabili della sicurezza e dell’etichettatura. Questo, talvolta, costituisce un limite alle possibilità di intervento della Fda (qui il New York Times nel 2020 ha raccontato di come ci fosse l’intenzione di mettere al bando alcuni liscianti per capelli con formaldeide già nel 2016, ma l’azione non ha mai avuto compimento) e contribuisce a marcare la differenza con, per esempio, il Canada e l’Unione Europea. Proprio in questi giorni l’indagine della non profit Environmental Working Group (Egw) ha sottolineato di nuovo quanto la legislazione americana in materia sia obsoleta: “L’Ue e altri paesi hanno proibito o limitato più di 1.600 sostanze chimiche nei prodotti per la cura personale”, si legge sul sito dell’organizzazione. “Ma i regolatori e la Fda ne proibiscono solo 9 per ragioni di sicurezza”.
Via Wired.it
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