Lise Meitner, una fisica in fuga dalla Germania nazista

lise meitner 1912 Hahn

Lise Meitner fuggì dalla Germania nel luglio 1938, in segreto e nel terrore, per non farvi mai più ritorno. Fu fortunata perché, mentre altri in Germania e Austria erano alla disperata ricerca di una via di fuga e di un posto dove andare, lei aveva amici in vari Paesi, fisici molto noti, che le vennero in soccorso. Questa è la storia della fuga di Lise Meitner, ricostruita dai documenti (1) che sono rimasti: diari personali, telegrammi in codice, messaggi contrabbandati, e soprattutto la numerosa corrispondenza con due amici devoti, Dirk Coster e Adriaan Fokker, che resero possibile il suo espatrio illegale e la portarono in salvo in Olanda.

Gli anni d’oro

La Germania era stata la patria professionale di Lise Meitner per più di 30 anni. Era arrivata a Berlino nel 1907, la seconda donna a vincere un dottorato in fisica a Vienna, sua città d’origine, incredibilmente timida, eppure decisa a continuare lo studio della fisica. A Berlino, nonostante l’esclusione delle donne dalle università prussiane, trovò accoglienza e successo. Max Planck divenne suo mentore e amico, Otto Hahn, un giovane radiochimico suo coetaneo, fu suo “collega-fratello”, un gruppo di brillanti giovani fisici – James Franck, Gustav Hertz, Max von Laue, Otto Stern, Max Born, Niels Bohr, Erwin Schrödinger, Albert Einstein, e molti altri – suoi amici per la vita.

Con Hahn studiò gli spettri della radiazione beta e identificò diverse nuove specie radioattive, si trasferì nel Kaiser Wilhelm Institute (KWI) per la Chimica di Berlino-Dahlem e nel 1918 scoprì un nuovo elemento, il protoattinio. Negli anni Venti i loro percorsi scientifici divergono, Hahn si dedicò al perfezionamento delle tecniche radiochimiche, la Meitner alle ricerche di punta della fisica nucleare. I suoi studi sulla sequenza del decadimento beta-gamma e sullo spettro continuo dei raggi beta primari furono cruciali per lo sviluppo della teoria nucleare, e furono fonte di riconoscimenti per lei stessa e di onore per il suo istituto (2). Furono i suoi giorni più felici. La fisica portò “luce e pienezza” alla sua vita, circondandola di persone che avevano “una grande e amabile personalità” (3).

L’avvento del nazismo

Quando Hitler giunse al potere, Lise Meitner fu protetta dallo status non governativo del KWI e dalla sua cittadinanza austriaca – al contrario di altri “non ariani” non fu congedata. Prese in considerazione l’emigrazione, ma le sembrò ingiusto rubare un lavoro all’estero a qualcun altro, assurdo abbandonare la Germania quando – come molti pensavano nel 1933 – i nazisti se ne sarebbero andati presto. Più pressante fu forse il ricordo delle cicatrici che risalivano alle sue prime lotte – aveva paura di trovarsi di nuovo nella condizione di outsider, indesiderata in terra straniera, paura di perdere il suo istituto, il suo lavoro, i colleghi e gli amici. E così rimase.


Storia della bomba atomica, quando la fisica andò alla guerra


La vita in Germania divenne sempre più mediocre e isolata, ma la fisica la sosteneva. Con la scoperta del neutrone e del positrone nel 1932, la fisica nucleare fece un balzo in avanti. Nel 1933 la Meitner utilizzò le reazioni nucleari indotte dai neutroni per determinare la massa del neutrone, e fu una delle prime a osservare i positroni di origine non cosmica e la formazione di coppie da raggi gamma; nel 1934, affascinata dalla radioattività artificiale e dagli esperimenti di Fermi con i neutroni, persuase Hahn a unirsi a lei per collaborare di nuovo insieme dopo tanti anni: una ricerca sui nuovi eccitanti “elementi transuranici” e sulle reazioni nucleari che li producevano. Per quattro anni la Meitner condusse ricerche sull’uranio che diventarono sempre più complesse e sconcertanti; sarebbero culminate pochi mesi dopo la sua fuga da Berlino con la scoperta della fissione nucleare, che lei e O. R. Frisch sarebbero stati i primi a interpretare (4).

L’Anschluss e la fine di un sogno

Quando la Germania annetté l’Austria nel marzo 1938, Lise Meitner perse la flebile protezione che le derivava dalla cittadinanza austriaca. L’Istituto di Chimica, per lungo tempo disprezzata oasi di tolleranza, fu immediatamente preso di mira. Voci sussurravano a Otto Hahn: “L’ebrea mette in pericolo l’Istituto”. Come direttore Hahn era egli stesso vulnerabile a causa delle sue vedute antinaziste; preso dal panico corse da Heinrich Hörlein, capo della Emil Fischer Gesellschaft, una organizzazione che finanziava il KWI (5). Il verdetto di Hörlein fu: la Meitner deve andarsene.

“Hahn dice che non devo più venire in Istituto”, scrisse lei nel suo diario quel giorno, sbalordita dal fatto che il suo migliore amico e più stretto collega avrebbe voluto congedarla come misura preventiva per proteggere se stesso e il suo istituto. Hahn si pentì, in particolare quando Hörlein cambiò idea pochi giorni dopo e Carl Bosch, presidente della Società Kaiser Wilhelm (KWG), insistette perché restasse (6). All’epoca la Meitner non era in grado di rendersi conto quanto seriamente fosse minacciata la sua posizione. Se congedata, avrebbe dovuto partire, ma l’emigrazione richiedeva preparativi – contatti, lettere, visti, riordinamento dei suoi affari scientifici e personali – attività che avrebbero messo a repentaglio la posizione che lei sperava ancora di salvare. Per settimane fu paralizzata dall’indecisione, vagliando all’infinito la magra informazione disponibile, cercando visitatori dall’estero per notizie attendibili e lavorando come sempre per non suscitare i sospetti dei molti membri del partito nell’Istituto (7).


Quel dicembre del 1938, un mese decisivo per il mondo e per la fisica


Gli amici all’estero si rendevano conto che era in difficoltà. Due giorni dopo l’Anschluss, il fisico Paul Scherrer scrisse da Zurigo, chiedendole di fare una conferenza in aprile, di partecipare a un congresso l’estate; Niels Bohr la invitò per un ciclo di conferenze a Copenhagen, in qualsiasi momento, il più presto possibile, tutte le spese pagate (8). Urgenti e insieme a tempo indeterminato, questi “inviti” erano, come la Meitner sapeva, espedienti per farla uscire, offerte di rifugi temporanei. Lei era riluttante a partire senza la sicurezza di una posizione stabile all’estero. Alla fine di aprile, tuttavia, la Meitner venne a sapere che il suo caso era giunto all’attenzione del Ministro dell’Educazione – un segno minaccioso. Bosch voleva chiedere al Ministro un chiarimento, ma la Meitner stava perdendo le speranze. “Le promesse non vengono mantenute”, annotò concisamente nel suo diario, “le possibilità si restringono” (9). Il 9 maggio arrivò a una decisione: sarebbe partita per Copenhagen (10). Qui avrebbe potuto cercare una nuova posizione e insieme essere vicina a Niels e Margrethe Bohr, al suo Istituto, e al suo nipote preferito, il fisico Otto Robert Frisch, che vi lavorava. Ma al consolato danese il giorno dopo, le fu rifiutato il visto: l’Anschluss, le fu detto, aveva reso nullo il suo passaporto (11).

In trappola, prigioniera della Germania

Molto preoccupata si rivolse a Carl Bosch. Dopo una serie di discrete indagini senza successo (12), egli si rivolse apertamente al Ministro dell’Interno il 20 maggio, chiedendo che alla Meitner fossero forniti i documenti di viaggio di cui aveva bisogno. “Onorevole signor ministro del Reich! La signora Meitner è non ariana… Con l’annessione dell’Austria è diventata una cittadina [tedesca] e si può presumere che la questione del suo congedo diventerà acuta prima o poi… La signora Meitner è pronta a partire in qualsiasi momento per assumere un incarico scientifico in un altro paese… E’ solo questione di ottenere per Frau Meitner, che ha un passaporto austriaco, la notifica che può ritornare in Germania nel caso che la permanenza all’estero a scopo di impiego sia impossibile, o che venga emesso per lei un passaporto tedesco … Heil Hitler! C. Bosch” (13). Le settimane passavano. Dirk Coster scriveva dall’Olanda, invitando la Meitner a passare l’estate con la sua famiglia a Groningen. In una lettera contrabbandata fuori dalla Germania lei replicò: “Al momento attuale non posso viaggiare affatto… Potrebbe non essere mai più possibile” (14). Paul Scherrer scrisse di nuovo da Zurigo, questa volta in modo più pressante. “Fatti coraggio e vieni questa settimana, in aereo è soltanto un passo. Puoi fare la tua conferenza mercoledì o venerdì, dalle 5 alle 7 del pomeriggio” (15). Ma perfino i più insistenti “inviti” erano inutili; la Meitner non poteva entrare in Svizzera o in nessun altro paese senza validi documenti di viaggio.

Il 6 giugno Niels e Margrethe Bohr passarono per Berlino. Dopo pranzo, la Meitner e Bohr andarono da Peter Debye. “Debye ha detto a Bohr che c’era tempo, non c’è tutta questa fretta [che io parta]” (16). Nonostante le assicurazioni di Debye, Bohr era allarmato e tornò a Copenhagen deciso a trovare un impiego per la Meitner in uno dei paesi scandinavi. Chiese anche a H. A. Kramers a Leida di rendere noto ai fisici dei Paesi Bassi che lei aveva urgente bisogno di aiuto. Kramers contattò immediatamente Dirk Coster, che informò Adriaan Fokker l’11 giugno: “Lise Meitner sarà probabilmente buttata fuori tra breve da Berlino-Dahlem”. Coster pensò: “Sarebbe meraviglioso se potesse lavorare in Olanda per un po’ di tempo”; ma dato che la maggior parte degli incarichi universitari non erano accessibili agli stranieri, suggerì: “Forse possiamo spillare ai colleghi dei contributi regolari. Io sono pronto a impegnarmi per 5 anni per una somma fra i 50 e i 100 fiorini l’anno. Se Lise Meitner potesse lavorare a Groningen, ci sarebbe anche una sovvenzione di circa 500 fiorini l’anno dai fondi [universitari]… Mi piacerebbe che venisse qui, ma non farei dipendere il mio impegno personale da questo”. Era essenziale, aggiungeva Coster, che si muovessero in fretta. “Ho dato la mia parola che se avessi avuto l’impressione che non ci fosse nulla per L. M. in Olanda l’avrei fatto sapere a Bohr nel giro di una settimana per dargli il modo di cercare aiuto in Danimarca o in Svezia. Ma mi dispiacerebbe moltissimo se non potessimo averla in Olanda” (17).

La Meitner aveva incontrato per la prima volta Dirk Coster e sua moglie Miep in Svezia nel 1921, quando Coster era un giovane emergente spettroscopista nel campo dei raggi X e Miep una studentessa di lingua e cultura indonesiana. La Meitner era stata subito attirata dal loro calore, dal loro interesse per gli altri, e dal loro impegno – insolito fra gli accademici – per l’uguaglianza sociale; Coster scoprì l’afnio nel 1922 (con George von Hevesy a Copenhagen) e più tardi divenne professore all’Università di Groningen nel nord dell’Olanda. Nel 1923 aveva organizzato il primo giro di conferenze di Lise Meitner in Olanda; lei era tornata di frequente, diventando amica di molti fisici olandesi (18). Uno di loro era Adriaan Fokker di Haarlem. Quando ricevette la lettera di Coster dell’11 giugno, fissò come obiettivo una cifra di 20000 fiorini per finanziare la Meitner per un periodo di cinque anni e immediatamente iniziò a contattare colleghi per consigli e donazioni (19).

Le risposte da parte dei singoli furono incoraggianti – nel giro di pochi giorni Fokker ricevette promesse per 3000 fiorini – ma le prospettive sul fronte istituzionale non lo erano. “La Fondazione Rockefeller ha deciso…che non sosterrà gli scienziati rifugiati…. Il comitato di gestione della Federazione Internazionale donne universitarie [a Londra ha] ricevuto 30 domande… di aiuto dalla sola Austria…e ha 100 sterline nel conto” (20). “Una settimana non basta,” si rese conto Fokker “per dire chiaramente a Bohr ciò che possiamo fare” (21): egli cominciò a domandarsi quanto seri fossero i problemi della Meitner. Il 21 giugno chiese a Bohr “quanto sia certo il congedo di Lise Meitner, e se si sta trovando in difficoltà e in angoscia. Scriverei a Otto Hahn a questo riguardo… ma non so se le sue lettere vengano aperte; se si viene a sapere che lui sta cercando di procurarle un lavoro all’estero, potrebbero licenziarla immediatamente. Penso che se i nazisti le consentano di mantenere la sua posizione, allora non dovremmo cercare di farla venire qui”. Fokker aveva sentito che il biochimico Otto Warburg, un ebreo, lavorava indisturbato in Germania; “per essere sicuri che i nostri tentativi per avere L.M. siano realmente necessari” voleva anche sapere se i nazi l’avrebbero ” lasciata in pace” (22).

Lise Meitner conosceva già le risposte a quelle domande. Il 14 giugno era venuta a conoscenza di nuove restrizioni sull’emigrazione dalla Germania. Frettolosamente annotò: “Prese informazioni. Saputo che al personale tecnico e accademico non viene permesso di uscire. [Max von] Laue ha saputo la stessa cosa da Bosch” (23). Dal momento che aveva già fatto richiesta di partire, la Meitner sperava che almeno sarebbe ancora riuscita a uscire, ma il 16 giugno Bosch ricevette una risposta dal Ministero degli Interni: “Considerazioni politiche di fatto impediscono l’emissione di un passaporto che consenta a Frau Meitner di viaggiare all’estero. Viene considerato non desiderabile che ebrei ben conosciuti lascino la Germania per recarsi all’estero quando rappresentino chiaramente la scienza tedesca oppure quando con il loro nome e la loro relativa esperienza ci sia la possibilità che dimostrino il loro intimo atteggiamento anti tedesco. Va da sé che la KWG riuscirà a trovare un modo perché Frau Meitner rimanga in Germania anche dopo aver rassegnato le sue dimissioni, e nel caso le circostanze lo consentano potrà continuare a lavorare in privato nell’interesse della KWG. La presente dichiarazione rappresenta in particolare il punto di vista del Reichsführer-SS, capo della Polizia tedesca del Ministero degli Interni del Reich” (24).

Qui, distillato in una sola lettera, c’era tutto quello che la Meitner temeva. Le sue “dimissioni” erano una conclusione già scontata. Era in trappola, prigioniera della Germania. E aveva perso l’anonimato – il suo caso era giunto all’attenzione del Capo delle SS, Heinrich Himmler. Bosch preparò un appello diretto a Himmler, ma la Meitner sapeva di dover uscire – illegalmente, e subito. Si rivolse a Paul Rosbaud, un vecchio amico e sicuro antinazista, la cui posizione come consulente per la fisica dell’editore Springer e della rivista Naturwissenschaften gli consentiva contatti di tutti i tipi. Una possibilità era un passaporto falso (25). Nel frattempo, Rosbaud telefonò a Paul Scherrer, che mandò un telegramma il 17 giugno: VUOI VENIRE PER UNA “SETTIMANA DI FISICA”? DAL 29 GIUGNO AL 1 LUGLIO (26). Ma senza passaporto, non sarebbe mai entrata in Svizzera.

Bohr e l’Olanda

L’Olanda e la Svezia erano considerate più indulgenti. A questo punto Peter Debye divenne il contatto cruciale di Lise Meitner con gli amici all’estero. Nato in Olanda, Debye aveva passato la maggior parte della sua vita professionale in Germania ed era stato di recente nominato direttore dell’Istituto Kaiser Wilhelm per la Fisica. Come straniero e capo di un istituto importante, era improbabile che attraesse l’attenzione con la sua estesa corrispondenza internazionale. Nonostante ciò, quando Debye scrisse a Bohr il 16 giugno descrisse la situazione di Lise Meitner con la massima cautela, senza mai menzionare il suo nome. “Quando ti ho visto l’ultima volta [il 6 giugno]… pensavo che tutto fosse risolto, ma nel frattempo mi è apparso chiaro che le circostanze sono sostanzialmente cambiate”. Sicuro che Bohr avrebbe letto fra le righe, Debye continuava: “Ora sono certo che sarebbe bene che qualcosa accadesse il più presto possibile. Perfino una offerta molto modesta verrebbe presa in considerazione e sfruttata se soltanto fornisse la possibilità di lavorare e vivere. La situazione mi è stata presentata in questo modo, ed è stato sottolineato che una offerta inferiore ma più sollecita verrebbe preferita a una migliore ma più dilazionata. Mi sono preso personalmente la responsabilità di scrivere io stesso, in modo tale che tu possa renderti conto che sono della stessa opinione del partito in questione”.


Bohr e Heisenberg, fine di un’amicizia in 11 lettere


Per essere sicuro che Bohr capisse che le forzate dimissioni della Meitner non erano più una congettura, ma stavano per diventare una realtà, Debye sottolineava che “perfino il più spassionato osservatore della situazione non arriverebbe a una conclusione diversa” (27).

Bohr capì. Il 21 giugno mandò una copia della lettera di Debye a Fokker. Pensando che “fosse ormai necessario per la sua salvezza lasciare la Germania alla prima occasione,” chiese di sapere a giro di posta “come stessero effettivamente le cose in Olanda e quale proposta tu e Coster siete in grado di fare attualmente.” Bohr si rammaricava di non avere lui stesso niente da offrire alla Meitner a Copenhagen, essendo “quasi impossibile ottenere il necessario permesso delle autorità considerato il grande numero di stranieri che già lavorano in questo istituto,” ma pensava che “una persona dalla sua unicità professionale difficilmente dovrebbe avere difficoltà di trovare una qualche soluzione a lunga scadenza, se solo riuscisse a uscire fuori dalla sua attuale situazione del tutto precaria” (28). La lettera di Bohr raggiunse Fokker e Coster proprio quando si erano appena scoraggiati. Dopo dieci giorni di sforzo costante, avevano messo insieme soltanto 4000 fiorini (29), ben lontani dal loro obiettivo di 20000 fiorini. Per di più, Fokker aveva appena saputo da un collega di Amsterdam, il professor D. Cohen, che far entrare la Meitner in Olanda “non sarebbe stato del tutto facile” (30).

Come molti paesi, l’Olanda aveva eretto barriere notevoli all’immigrazione: ”Vengono ammessi soltanto coloro la presenza dei quali si può dimostrare che arrechi importanti benefici all’Olanda. Il modo per affrontare la faccenda è di presentare una richiesta al Ministro della Giustizia per l’ammissione della signora Meitner. La lettera verrà passata al Ministero dell’Educazione e quindi dovresti allo stesso tempo informare il Ministero, preferibilmente di persona, e convincerli che la sua presenza in Olanda è di grande importanza. Temo che perfino in questo caso ci saranno difficoltà, dato che i regolamenti di fatto si applicano alla Germania e non all’Austria. Ma se tu e i tuoi amici farete forti pressioni credo che riuscirete a dimostrare che questo è un caso molto speciale… Spero con tutto il cuore che ci riusciate” (31).

Per aiutare Fokker nel difficile e insolito compito di rivolgere una petizione al governo, Coster si recò ad Haarlem venerdì 24 giugno (32). Come necessario la loro richiesta alla Giustizia fu presentata in grande stile. Si appellarono all’onore nazionale: “Considerando che le misure prese dal governo tedesco hanno già causato l’espulsione di molti scienziati e di altri personaggi di prim’ordine, che hanno trovato una collocazione in Francia, Inghilterra, Belgio, Danimarca e America, e considerando che lo stesso destino attende ora la professoressa Lise Meitner…”. Si appellarono alla considerazione in cui venivano tenuti in Olanda i meriti scientifici: “Considerando che sarebbe di grande valore e utilità per lo sviluppo della fisica in Olanda se una scienziata della qualità della signora Meitner potesse lavorare in questo Paese…”. Essi fecero presente che Lise Meitner sarebbe stata la benvenuta in Olanda: “In considerazione del fatto che questa proposta ha il benestare della Accademia Reale delle Scienze di Amsterdam… e che lei è pronta a lavorare nei laboratori sia di Haarlem che di Groningen…” L’aspetto più importante da loro sottolineato riguardava il fatto che la presenza della Meitner non avrebbe creato disagi economici ad alcuno scienziato olandese: “Considerando che il denaro [per il sostegno alla Meitner] è stato donato fino a questo momento da privati… lei non priverebbe gli scienziati olandesi di alcuna opportunità di impiego”. Dopo aver dichiarato la sua stabilità politica e mentale – “Considerato che la signora Meitner non è mai stata affetta da malattie mentali, né ha mai preso parti ad azioni politiche o propaganda” – Coster e Fokker concludevano, “Queste ragioni si raccomandano da sole alla Vostra Eccellenza insieme alla rispettosa richiesta che alla signora Meitner venga garantita la possibilità di essere ammessa in Olanda” (33).

Il 28 giugno la petizione fu inviata al Ministero della Giustizia, un appello meno formale ma più dettagliato andò al Ministero dell’Educazione (34). L’Educazione, qualcuno diceva (35), avrebbe visto la faccenda in modo più favorevole se la richiesta fosse venuta da una università con una posizione ben precisa per Lise Meitner. Poiché agli stranieri non era consentito lavorare a pagamento (36), gli incarichi senza stipendio di privaat-docente rappresentavano l’unica possibilità. Questo richiedeva il consenso della facoltà, normalmente una lunga procedura. Il caso volle che una riunione di facoltà a Leida fosse stata fissata per il 28 giugno; il fisico W. J. de Haas e il chimico A. E. van Arkel fecero in modo che il collocamento della Meitner fosse rapidamente approvato (37). Dopo aver assicurato l’Educazione che anche Groningen sarebbe stata onorata di avere Lise Meitner, Coster richiese che la Meitner fosse accettata in Olanda come privaat-docente che avrebbe mantenuto “stretti contatti con studenti di fisica e di chimica…a Groningen e Leida…occupandosi di supervisionare le loro ricerche e facendo lezione nelle università” (38).

I confini chiusi dei paesi d’Europa

C’era ancora il problema del denaro. I fisici dell’università collaboravano, ma non disponevano di molto (39). Coster si procurò gli indirizzi di quattro industriali ebrei ai quali chiese 1000 fiorini ciascuno. Gilles Holst, direttore di ricerca alla Philips di Eindhoven promise un contributo personale e ipotizzò un contributo della società – Coster suggerì 500 fiorini l’anno – se la Meitner avesse fatto delle conferenze annuali in quella sede (40). Fokker si rivolse direttamente a N. V. Philips, riferendosi a Lise Meitner come a “uno dei pionieri della radioattività”, il cui lavoro nel “nostro paese, con i nostri studenti” costituirebbe “una forte ispirazione” e ricordandogli come la Meitner avesse fatto nel passato conferenze in tutta l’Olanda, “inclusi i vostri laboratori di fisica a Eindhoven” (41).


I fisici e l’olocausto


Il tutto ebbe scarso profitto. Il numero dei rifugiati stava crescendo bruscamente; le risorse si assottigliavano. “Ci rendiamo conto delle infelici circostanze in cui si trovano tante persone sfortunate,” scrisse un industriale a Fokker, “ma abbiamo così tante responsabilità cui far fronte che non è più possibile partecipare alla vostra richiesta di fondi” (42). Un altro si dichiarava dispiaciuto che “a causa dell’atroce situazione di parenti e amici in Germania e ora anche in Austria, le richieste che ricevo siano tali che non sono più libero di offrire aiuto filantropico a persone al di fuori della mia cerchia” (43). P.F.S. Otten, direttore della Philips, rispose freddamente: “considerazioni di bilancio interno e di carattere politico” (44) lo mettevano nell’impossibilità di venire in aiuto.


The Quantum Exodus: i fisici e l’olocausto


Perfino i colleghi che conoscevano bene la Meitner e le erano affezionati stentavano a credere che la sua situazione fosse realmente disperata; G. J. Sizoo di Amsterdam pensò di agire nell’interesse di lei mettendo in guardia Coster: “Considerando che Lise Meitner perderà i suoi diritti sulla pensione nel lasciare la Germania, la responsabilità che ci assumiamo offrendole una posizione qui è enorme” (45). Lo stesso H. R. Kruyt di Utrecht, un altro amico della Meitner, si dichiarò felice di usare la sua influenza con il governo, ma soltanto “se la questione diventasse realmente grave” – e mise in guardia Fokker e Coster: “finché siamo in tempo pensiamo bene a quello che facciamo, specialmente in considerazione del fatto che [la perdita del diritto alla pensione] potrebbe essere irreversibile” (46).

E’ chiaro quanto fosse difficile per la gente comprendere l’ingiustizia di una vita senza lavoro, capire che la Meitner non potesse rimanere in Germania disprezzata e emarginata, perfino nel caso che le fosse assegnata una pensione dopo il suo forzato “ritiro”. E quasi nessuno, inclusa la stessa Meitner, era in grado realmente “di pensarci per tempo” e prevedere quale sarebbe stato il destino degli ebrei d’Europa.

Dopo tre settimane di intensi sforzi, Coste e Fokker avevano messo insieme il necessario per finanziare Lise Meitner soltanto per un anno; a volte pensavano perfino che sarebbe stata meglio a Berlino. Verso la fine di giugno Coster decise di andare a Berlino a vedere personalmente come stavano le cose e, se necessario, riportare la Meitner con sé (47). Prima di partire Fokker gli dette una serie di consigli ambivalenti. “Non farti prendere dal panico! Non far sì che la tua presenza a Berlino sia la causa di una partenza troppo affrettata di L.M. Lascia che sistemi i suoi affari con calma e faccia la valigia; ricorda che non può viaggiare da sola e nemmeno con te. Perdonami per ciò che ti dico, ma non cadere vittima di un istinto mascolino di protezione… Pensa a Warburg, lavora indisturbato e non crea problemi. Non c’è nessun assioma che affermi che devi portare L.M. da me. Inoltre devi anche lasciare che prenda da sola la sua decisione con calma”. L’ambivalenza di Fokker era un riflesso della sua paura: “C’è sempre la possibilità che noi due non riusciamo ad avere il denaro!” (48).

I contatti a Berlino

Lunedì 27 giugno, Coster mandò a Debye un breve messaggio in codice: stava venendo a Berlino per cercare un’ “assistente” (Meitner) a cui poteva offrire un contratto di un anno. Quel giorno, il dr. Rasmussen, un membro dell’Accademia Svedese delle Scienze arrivò a Berlino (49) con un’offerta analoga: un impiego di un anno a Stoccolma con Manne Siegbahn, il cui nuovo istituto, ancora in costruzione, sarebbe stato dedicato alla ricerca nucleare. Questa fu la prima offerta fatta alla Meitner e lei l’accettò. Sapeva che la Svezia era indietro nel campo della fisica nucleare e riteneva di poter essere di qualche utilità là. Quando arrivò il messaggio di Coster due giorni dopo, non cambiò idea. “Il dr. Rasmussen è già stato qui lunedì [27 giugno],” scrisse Debye a Coster, “chiedendo un assistente per il nuovo laboratorio di Siegbahn. Mi dispiace, in effetti, di dover scrivere che alla fine ha vinto Stoccolma. Avrei preferito che fosse stata Groningen, ma mi sono fatto convincere dall’assistente stesso [Meitner], che pensa di poter fare di più a Stoccolma… Naturalmente questa mattina ho reso noto il contenuto della tua lettera… Ho pensato che avrebbe avuto un buon effetto sul suo stato d’animo… Che piacere è per me vedere che cosa riescono a fare una coppia di splendidi olandesi come te e Fokker!” (50).

Soddisfatto di sapere che Lise Meitner era in buone mani, Fokker notificò immediatamente ai vari donatori che il loro contributo, dopo tutto, non sarebbe stato necessario (51). Uno o due giorni più tardi, tuttavia, ricevette una lettera allarmante da Bohr: L’offerta svedese, a quanto pare, non era del tutto sicura. “Tutte le formalità riguardanti il suo invito e il suo permesso di [entrare] in Svezia non sono ancora in ordine, e in caso di impreviste difficoltà ti farò naturalmente sapere” (52). Le difficoltà si presentarono immediatamente. Il 4 luglio Carl Bosch venne a sapere che la politica di impedire agli scienziati di partire dalla Germania sarebbe stata resa presto più restrittiva. La Meitner e Debye erano d’accordo su una cosa: doveva partire immediatamente (53). La Svezia era inaccessibile, l’Olanda era l’unica possibilità. Debye scrisse a Coster con urgenza: “L’assistente di cui abbiamo parlato, che ha preso quella che sembra essere una ferma decisione, mi ha cercato di nuovo… Si è completamente convinto (questo è accaduto negli ultimi giorni) che preferirebbe andare a Groningen, visto che questa è l’unica strada aperta. Intende mantenere l’accordo con Rasmussen, ma ciò avverrà solo in un secondo tempo: in nessun caso può iniziare là immediatamente. Io credo che abbia ragione e quindi volevo chiederti se puoi ancora fare qualcosa per lui. Forse avrò il piacere di mostrarti il mio laboratorio. Se vieni a Berlino ti chiederò di organizzare le cose in modo da stare con noi e (supposto naturalmente che le circostanze siano ancora favorevoli) di venire piuttosto alla svelta – come se ricevessi un SOS – il che sarebbe per mia moglie e me un enorme piacere” (54).

L’SOS di Debye partì mercoledì 6 luglio. Non arrivò a Groningen fino al pomeriggio di sabato 9 luglio. Coster capì immediatamente e mandò un telegramma: “Vengo a vedere l’assistente; se tutto va bene lo porterò indietro con me” (55). Ma Coster non era in grado di dire quando – non aveva ricevuto il permesso di entrata in Olanda per la Meitner. Al momento in cui Fokker aveva chiamato quel sabato pomeriggio, gli uffici governativi erano chiusi. Riuscì a raggiungere il capo della guardia di frontiera, che gli promise una risposta per il lunedì mattina. La domenica non potettero fare altro che aspettare. Il lunedì ebbero la notizia: Lise Meitner sarebbe stata ammessa (56). Coster partì immediatamente per Berlino (57). A Dahlem, nel frattempo, la mattinata del lunedì iniziò e terminò senza una parola da Coster. Nel pomeriggio Debye mandò a Fokker un telegramma: convulso: SENZA RISPOSTA DA COSTER URGENTEMENTE RICHIESTI CHIARIMENTI (58). Fokker telegrafò in risposta: DIRK DA VOI QUESTA SERA NELLE MIGLIORI CONDIZIONI. “Nelle migliori condizioni” rappresentava il tentativo di Fokker di rassicurare Meitner e Debye. “Era veramente spaventoso,” scrisse a Kramers più tardi “non potevo nemmeno telegrafare che avevamo il permesso ufficiale per il suo ingresso” (59).

La fuga dalla Germania nazista

A Berlino pochissimi sapevano dei piani della Meitner. Coster arrivò nella tarda serata di lunedì e andò a stare con Debye e la sua famiglia. Progettava di partire mercoledì 13 luglio, portando la Meitner su una linea ferroviaria poco frequentata che attraversava la frontiera nella piccola stazione di Nieuwescans. Uno dei vicini di Coster a Groningen, E. H. Ebels, era un politico influente di una grande famiglia rurale presso la frontiera. Il lunedì pomeriggio, subito prima della partenza di Coster per Berlino, Ebels lo aveva portato a Nieuweschans, dove avevano parlato insieme agli ufficiali dell’ ufficio emigrazione e avevano mostrato loro il permesso di ingresso per Lise Meitner. Coster sperava che le guardie olandesi di frontiera che erano in buoni rapporti con i loro colleghi tedeschi, li avrebbero persuasi a lasciar passare Lise Meitner indisturbata (60).

Martedì 12 luglio la Meitner arrivò presto all’istituto. “Hahn mi ha detto della proposta di Coster-Debye. Incontrati Coster e Hahn la mattina”(61). Coster cercò di mantenersi nell’ombra a Dahlem quel giorno (62). Anche la Meitner fu cauta”. Per non suscitare i sospetti, ho passato l’ultimo giorno della mia vita in Germania nell’istituto fino alle 8 di sera correggendo un lavoro di un giovane associato che doveva essere pubblicato. Avevo esattamente un’ora e mezza per preparare due piccole valigie con le poche cose necessarie” (63).

Hahn e Paul Rosbaud la aiutarono nei preparativi. “Hahn molto nervoso,” annotò lei. “Alle 10.30 arriva Rosbaud, andiamo in macchina da Hahn”(64). Su suggerimento di Rosbaud la Meitner chiamò Paul Scherrer “perché se non riuscivo ad entrare in Olanda ci poteva essere la possibilità della Svizzera. Scherrer capì immediatamente perché chiamavo e disse che stava aspettando la mia conferenza” (65). La Meitner passò il martedì notte a casa di Hahn. Lui ricordò in seguito: “Ci accordammo su un telegramma in codice nel quale ci sarebbe stato reso noto se il viaggio era finito in un successo o in un fallimento… Il pericolo era rappresentato dal ripetuto controllo dei passaporti da parte delle SS nei treni che attraversavano la frontiera. Le persone che tentavano di lasciare la Germania venivano sempre arrestate sul treno e riportate indietro (66) … Tremavamo dalla paura chiedendoci se ce l’avrebbe fatta o no” (67).

Nel 1907 Lise Meitner era arrivata a Berlino portando con sé soltanto il suo desiderio di imparare la fisica. Trentuno anni più tardi “ho lasciato per sempre la Germania – con 10 marchi nel borsellino” (68). E qualcos’altro: Hahn le dette un anello di diamanti che aveva ereditato da sua madre. “Volevo che fosse in grado di affrontare un’emergenza” (69). Il mercoledì mattina Rosbaud portò la Meitner alla stazione. All’ultimo minuto, sopraffatta dal terrore, lei gli chiese di tornare indietro (70). Ma Coster stava aspettando e si salutarono, come per un incontro casuale. Il viaggio andò liscio. All’avvicinarsi della frontiera, la Meitner divenne molto nervosa. Per aiutarla a non dare nell’occhio, Coster le chiese di levarsi l’anello di diamanti e lo fece scivolare nella tasca del suo gilè. Attraversarono la frontiera senza incidenti (71). Nel suo diario lei scrisse: “13 luglio. Ho salutato Hahn molto presto. Anello. Incontrato Coster alla stazione. A Nieuweschans l’ufficiale doganale era informato. A Groningen alle 6 del pomeriggio” (72).

Una nuova vita a Stoccolma

Era finita. Lise era fuori. Il telegramma preconcordato arrivò a Hahn: La “pupa” è arrivata, tutto bene. Hahn rispose “Affettuose congratulazioni,” aggiungendo “Come si chiamerà la bimba?” (73). Coster fu sommerso di congratulazioni, incluso un telegramma di Wolfgang Pauli: “Sei diventato famoso per il salvataggio di Lise Meitner quanto per [la scoperta dell’] afnio!” (74). Per la prima volta dopo mesi Lise era libera di pensare al di là del momento della fuga.

Il sollievo si mutò in shock: Si sentiva, come Fokker si rese conto, “internamente lacerata” (75), sradicata dal lavoro, colleghi, introiti e lingua, sospesa fra un passato scomparso e un futuro ancora vuoto. Come deve essere insopportabile, pensò Miep Coster, “essere forzati all’età di 59 anni a fare un salto nel vuoto” (76). La Meitner lottava per mantenersi calma. “Le cose avranno il loro sviluppo” (77), disse a Scherrer, con una padronanza di sé che non sentiva affatto.


Lise Meitner, la difficoltà di fare scienza nel Novecento


Immensamente grata a Coster e Fokker, non riusciva a dimenticare coloro che rimanevano intrappolati in Germania in mancanza di amici influenti. “Mi considero fortunata”, disse a Coster “se non sapessi quante cose terribili toccano a tanti altri. Non oso guardare indietro; non riesco a guardare avanti” (78). In Agosto, Lise Meitner si spostò a Stoccolma, dove si preparò a cominciare la sua vita da capo.

RINGRAZIAMENTI

Sono in debito con i dr. L. K. der Veld, del Laboratorio voor Algemene Natuurkunde, Rijksuniversiteit Groningen, per i suoi consigli, per il suo acume e per le lettere di Dirk Coster; al dr. Hans P. Coster, Bellaire, TX e alla dr. Ada Klokke-Coster, Epse, Olanda per aver condiviso con me i ricordi dei loro genitori e un certo numero dilettere del loro padre. Sono grato al Museo Boerhaave, di Leida, per l’accesso alle carte di A. D. Fokker; alla Biblioteca e Archivio Storico della Max Planck Gesellschaft, di Berlino-Dahlem; a Ulla Frisch e al professor Otto Frisch per il permesso di usare la Collezione Meitner, al Churchill College, Cambridge e a Eleanore Watrous, San Jose, California per la traduzione di diverse lettere dall’olandese all’inglese. Sono ugualmente grato per il supporto della National Science Foundation e del National Endowment for the Humanities.

NOTE

  1. Quasi tutte le fonti primarie citate provengono dalla Collezione Meitner del Churchill College, Cambridge [CC], dalla Biblioteca e Archivio Storico della Max Planck Gesellschaft di Berlino Dahlem [MPG], dall’archivio A.D. Fokker, Museo di Boerhaave, Leida [MB], dall’archivio Dirk Coster’s, Università di Groningen [UG]. In mancanza di altre indicazioni, la lingua dei documenti Boerhave e Groningen è l’olandese, il resto è in tedesco. In mancanza di segnalazioni tutte le traduzioni sono dell’autore.
  2. Della bibliografia sulla vita e sul lavoro di Lise Meitner fanno parte: O.R. Frisch, “Lise Meitner 1878-1968”, Biogr. Mem. Fellows R. Soc. 16, 405-420 (1970); Otto Hahn-Erlebnisse und Erkenntnisse, a cura di Dietrich Hahn (Econ, Düsseldorf, 1975), p. 43; Ruth L. Sime, “The discovery of protoactinium”, J. Chem. Educ. 63, 653-657 (1986); Sallie A Watkins, “Lise Meitner and the beta-ray controversy”, Am. J. Phys., 51, 551-553 (1983); Sallie A. Watkins, “Lise Meitner, her life and times – On the centenary of the great scientist’s birth”, Angew. Chem. 17, 826-842 (1978).
  3. L. Meitner, “Looking back”, Bull. At. Sci. 1964, 2-7 (novembre 1964).
  4. L. Meitner, “Wege und Irrwege zur Kernenenergie”, Naturwiss. Rundsch. 16, 167-169 (1963); Ruth L. Sime, “Lise Meitner and the discovery of fission”, J. Chem. Educ. 66, 373-376 (1989).
  5. L. Meitner, Diario, 14 marzo 1938 [CC]; O. Hahn, Agenda da tasca, 17 marzo 1938 [MPG]; D. Hahn, cit. , p. 2

6)L. Meitner, Diario, 20-22 marzo 1938; L. Meitner 21-23 marzo e 5 maggio 1938 [CC]; O. Hahn, Agenda, 31 marzo 1938.

7)L. Meitner, Diario e Agenda, marzo-aprile 1938.

8)Lettere: Paul Scherrer a L. Meitner, 14 marzo 1938; Niels Bohr a L. Meitner, 21 aprile 1938 [CC].

9)L. Meitner, Diario, 22 aprile 1938

10)L. Meitner, Diario, 9 maggio 1938.

11)L. Meitner, Diario, 10 maggio 1938; O. Hahn, Agenda, 10 maggio 1938.

12)L. Meitner, Diario, 11, 13, 16, 20 maggio 1938.

13)Fritz Krafft, Im Schatten der Sensation: Leben und Wirken von Fritz Strassmann (Verlag Chemie, Weinheim, 1981), p. 173.

14)Meitner a Coster, 6 giugno 1938, collezione di Ada Klokke-Coster; la lettera fu probabilmente portata fuori dalla Germania e spedita da Bohr.

15)Scherrer a Meitner, 2 giugno 1938 [CC].

16)Diario Meitner, 6 giugno 1938.

17)Dirk Coster a A. D. Fokker, 11 giugno 1938 [MB].

18)Meitner a Coster, 9 dicembre 1949 [CC], comunicazioni personali: Hans P. Coster, Bellaire, TX, 1 febbraio 1986; Ada Klokke-Coster, Epse, Olanda, 11 febbraio 1986.

19)Fokker a Coster, 14 giugno 1938 [MB].

20)Johanna Westerdijk a Fokker, 14 giugno 1938 [MB].

21)Fokker a Coster, 21 giugno 1938 [MB].

22)Fokker a Coster, 21 giugno 1938 [MB].

23)L. Meitner, Diario, 14 e 15 giugno 1938.

24)Ernst Berninger, Otto Hahn, Eine Bilddokumentation (Heinz Moos, München, 1969, pp. 42-43).

25)Fritz Krafft, cit. , p. 175

26)Scherrer a Meitner, 17 giugno 1938 [CC].

27)Peter Debye a Bohr (in tedesco) [MB].

28)Bohr a Fokker (in inglese) 21 giugno 1938 [MB]

29)Fokker a H.A. Kramers, 13 luglio 1938 [MB].

30)Fokker a Coster, 21 giugno 1938 [MB].

31)D. Cohen a Fokker, 20 giugno 1938 [MB].

32)Fokker a Coster, 21giugno 1938 {MB].

33)Fokker/Coster al Ministro della Giustizia, 28 giugno 1938 [MB].

34)Fokker al Ministro van Onderwijs, 28 giugno 1938 [MB].

35)W. J. de Haas a Fokker, 24 giugno 1938 [MB], traduzione di E. Watrous.

36)Coster a Fokker, 27 giugno 1938 [MB].

37)Fokker a Coster, 29 giugno 1938; A. E . van Arkel a Fokker, 1 luglio 1938 [MB].

38)Coster a A. J. L. v. Baeck Calkoen, 29 giugno 1938 [UG].

39)Paul Jaffe a Fokker, 24 giugno 1938 A. E . van Arkel a Fokker, 1 luglio 1938 [MB].

40)Coster a Fokker, 27 giugno 1938 [MB]. Fokker a A. F. Philips, 22 giugno 1938 [MB].

41)Coster a Fokker, 27 giugno 1938 [MB].

42)W. van Beuningen a Fokker, 28 giugno 1938 [MB].

43)Robert May a Fokker, 24 giugno1938 [MB].

44)P.S.F.Otten a Fokker, 28 giugno 1938 [MB]. Fokker a P.S. Otten, 1 luglio 1938 [MB].

45)Coster a G. J. Sizoo, 20 giugno; Sizoo a Coster, 22 giugno 1938 [UG]

46)H.R.Kruyt a Fokker, 24 giugno 1938 [MB].

47)Coster a Fokker, 27 giugno 1938 [MB].

48)Fokker a Coster, 27 giugno 1938 [MB].

49)L. Meitner, Diario, 27 giugno 1938 [MB].

50)Debye a Coster, 29 giugno 1938 [MB]

51)Fokker a H.A. Kramers, 13 luglio 1938 [MB]

52)Bohr a Fokker, 30 giugno 1938 (in inglese) [MB].

53)L. Meitner, Diario, 4 luglio 1938.

54)Debye a Coster, 6 luglio 1938 [MB], tradotta con la collaborazione di E. Watrous.

55)Meitner a Hahn, 13 maggio 1966 [CC].

56)Il Ministero della Giustizia garantì un permesso provvisorio nello scrivere il giorno successivo: A. B. Calkoen a Fokker, 12 luglio 1938 [MB]

57)Fokker a H.A. Kramers, 13 luglio 1938 [MB].

58)Telegramma, Debye a Fokker (in tedesco) 11 luglio 1938 [MB].

59)Fokker a H.A. Kramers, 13 luglio 1938 [MB].

60)Comunicazioni personali: dr. L.K. ter Veld, Groningen, 6 novembre 1985; H. Coster, A. Klokke-Coster, v. nota18

61)L. Meitner, Diario, 12 luglio 1938.

62)Fokker a Bohr, 16 luglio 1938 [MB].

63)Meitner a Gerda von Übisch, 1 luglio 1947 [MB].

64)L. Meitner, Diario, 12 luglio 1938.

65)Meitner a Hahn, 13 maggio 1966 [CC].

66)O. Hahn, My Life, tradotto da E. Kaiser e E.Wilkins (Herder and Herder, New York, 1968), p. 49.

67)D. Hahn, p. 55, v. nota 2.

68)Meitner a Gerda von Übisch, 1 luglio 1947 [MB].

69)O. Hahn, My Life, cit., p. 149.

70)Arnold Kramish, The Griffin: The Greatest Untold Story of World War II (Houghton-Mifflin, New York, 1986), p. 49

71)Miep Coster pensò che le guardie tedesche di frontiera potrebbero aver lasciato passare la Meitner ritenendola la “moglie” del professore; A. Klokke-Coster, v. nota 18.

72)L. Meitner, Diario, 13 luglio 1938.

73)L. Meitner, Diario, 13 luglio 1938.

74)A. Klokke-Coster, v. nota 18.

75)Fokker a Miep Coster, 16 luglio 1938 [MB].

76)Miep Coster a Fokker, 14 o 15 luglio 1938 [MB].

77)Meitner a Scherrer, 20 luglio 1938 [CC].

78)Meitner a Coster, 9 agosto 1938, collezione A. Klokke-Coster.

78)Meitner a Coster, 9 agosto 1938, collezione A. Klokke-Coster.

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