L’Italia corre nel biotech

    “L’Italia del biotech ha tutte le carte in regola per giocare un ruolo crescente nel contesto europeo, in tutti i settori di applicazione, dalla salute, all’agroalimentare, dal risanamento ambientale, ai processi industriali”. Una visione estremamente positiva quella di Roberto Gradnik, presidente Assobiotec (Associazione nazionale per lo sviluppo delle biotecnologie), che ha commentato così la presentazione del rapporto annuale Blossom Associati – Assobiotech , “Biotecnologie in Italia 2008”, giunto alla sua quarta edizione (scaricale dalla Rete).

    Il volume, che fornisce una fotografia dello stato dell’arte e un’analisi critica dei punti di forza e di debolezza delle imprese del settore, è stato realizzato dal Cresit (Centro di Ricerca su Economia Sanità Innovazione e Territorio dell’Università dell’Insubria di Varese), dal Cibie (Centre for International Business and the International Economy dell’Università di Pavia) e da Farmindustria, con il supporto dell’Istituto Commercio Estero (Ice), ed è stato presentato oggi presso la Camera di Commercio di Milano.

    I dati riportati mostrano effettivamente un comparto in crescita. Questi i numeri: le aziende sono ad oggi 228, di cui 96 (ovvero il 42%) costituite a partire dal 2000. Si tratta soprattutto di piccole imprese specializzate nel campo della salute e della cura alla persona (ben il 74% del totale), settore che contempla oggi 84 prodotti contro i 30 di appena due anni fa. Il valore della produzione è aumentato dell’11 per cento rispetto all’ultimo anno, con 4.800 euro di fatturato e oltre 1.300 milioni di euro investiti in Ricerca e Sviluppo, settore che vede impegnate quasi seimila persone (il 23% di tutta la forza lavoro).

    Secondo Alberto Onetti, Direttore del Cresit, il biotech italiano, seppur in espansione, presenta ancora trend differenziati: ad aziende competitive, si affiancano realtà che faticano a posizionarsi sul mercato. “Il successo”, ha commentato l’amministratore delegato di Blossom Associati Stefano Milani, “dipenderà dalla capacità di attivare relazioni e stringere alleanze con partner europei del settore biotech e farmaceutico”.  (e.r.)

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