Con una delibera della Farnesina, il governo esclude alcune grandi agenzie Onu dai fondi per gli aiuti allo sviluppo, preferendo organismi in perfetto stile “made in Italy”. E mettendo a rischio il potere politico dell’Italia nei board internazionali. Una doccia fredda o piuttosto la cronaca di un evento annunciato? Difficile dire come le agenzie delle Nazioni Unite hanno reagito alla notizia di essere state escluse dagli aiuti italiani allo sviluppo. Dopo aver già ridotto di molto il budget per la cooperazione multilaterale, infatti, con una delibera approvata il 16 febbraio scorso dal Ministero degli Esteri il governo ha deciso di azzerare per il 2006 i contributi volontari che da oltre trent’anni destina ad alcune agenzie Onu. Il taglio è di 52 milioni di euro e i membri del neonato “club-zero” hanno nomi illustri: l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), il Fondo Alimentare Mondiale (Fao), il Fondo per l’infanzia Unicef, l’Alto commissariato per i rifugiati (Unhcr), il programma dell’Onu per lo sviluppo (Unpd) e l’Unesco (l’organizzazione Onu per l’educazione, la scienza e la cultura). In più alcune agenzie minori, come l’Unfpa, il Fondo per la popolazione, l’Unifem, l’agenzia che si occupa del mondo femminile e l’Unaids. Ma se da una parte si toglie, dall’altra si dà. I fondi, infatti, sono stati dirottati verso altri organismi, a forte presenza italiana e coordinati da personaggi vicini all’esecutivo. In attesa della metà di marzo, quando una nuova riunione del Comitato direzionale potrebbe riaggiustare i conti, le reazioni non si fanno attendere. Il rischio per l’Italia, dicono i diplomatici italiani di stanza all’Onu e i politici dell’opposizione, è perdere prestigio e potere all’interno del sistema internazionale. La scelta molto americana di trattenere i denari pubblici entro i confini nazionali, inoltre, potrebbe costare molto cara alle agenzie minori dell’Onu. “L’Unfpa vive interamente di contributi volontari. Lo scorso anno abbiamo ricevuto 3 milioni di dollari dei quali 2 dall’Italia. E’ importante dire che 171 paesi hanno versato i fondi”, spiega Jean-Noel Wetterwald, Chief of Resource Mobilization Branch per l’Unfpa. “La notizia non ci è mai stata comunicata ufficialmente e speriamo che venga riconsiderata come è stato promesso. Anche perché un eventuale taglio potrebbe mandare un segnale negativo alla comunità dei donatori e minare i nostri sforzi per raccogliere nuovi contribuenti”. Chi sono, al contrario, i ‘miracolati’ dalla delibera? Secondo quanto riportato dal Manifesto, si tratta di organismi più piccoli, alcuni interni della filiera Onu e altri esterni. Ma tutti con una forte componente italiana. C’è l’Undesa (Dipartimento delle Nazioni Unite per gli Affari Sociali ed Economici), al quale andranno 9 milioni di euro, l’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine (Unodc), diretto dall’italiano Antonio Maria Costa, che si accaparra 4 milioni, l’Istituto Italo latino americano con 5 milioni. E ancora, 2,5 milioni di euro all’Ufficio per la Promozione Industriale (Ipo), 8,5 milioni all’Unssc, la scuola Onu di Torino collegata all’Ilo (Ufficio Internazionale del Lavoro), e poi il Pam (Programma alimentare mondiale), l’Ipgri, l’Unccd. Ma la parte del leone spetta all’International Management Group (Img), con sede a Roma e ottime ramificazioni nei Balcani. Ad essa vanno 8 milioni di euro di contributi volontari, il 15 per cento dei 52 milioni erogati, oltre a un altro stanziamento speciale di 20 milioni, per l’ampliamento di un ospedale a Tirana voluto dall’Istituto Dermopatico dell’Immacolata, membro della congregazione “Figli dell’Immacolata Concezione”, e dal dicastero vaticano che si occupa di sanità. Di fronte al polverone creato, gli alti funzionari della Farnesina si sono affrettati a spiegare che non c’è niente di definitivo e che nella prossima riunione una nuova delibera potrebbe annullare tutto e ripristinare in parte i fondi. Non prima, però, che il segretario generale dell’Onu Kofi Anann esprimesse le sue perplessità. In una lettera all’ambasciatore italiano alle Nazioni Unite, Marcello Spatafora, Annan ha ricordato al governo italiano gli impegni presi in sede internazionale per “il raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo del Millennio entro il 2015”, toccando una nota molto dolente per il nostro esecutivo. La finanziaria 2006 di Tremonti, infatti, aveva già dimezzato rispetto all’anno scorso i contributi volontari per gli aiuti allo sviluppo, portandoli a soli 52 milioni di euro, e facendo slittare il paese agli ultimi posti tra i paesi Ocse per percentuale del Pil destinata alle agenzie per il 2006: 0,1 per cento contro l’obiettivo dello 0,07. Ma gli effetti di una simile decisione potrebbero essere ben più gravi. L’Italia rischia di non avere più alcuna voce in capitolo nelle politiche delle agenzie Onu né tanto meno al momento del voto per il rinnovo dei seggi a rotazioni al Consiglio di sicurezza che si terrà in autunno. Una prospettiva che ha spinto alcuni esponenti dell’opposizione ad agire. Il senatore ds Nuccio Iovene ha rivolto un’interrogazione al Presidente del Consiglio e ai ministri degli Affari esteri e delle Finanze mentre Luisa Morgantini, parlamentare europea e presidente della Commissione Sviluppo, ha presentato un’interrogazione scritta al Consiglio dell’Unione Europea.