Valentina Pirro metterà a punto nuovi test per eseguire analisi forensi direttamente sulla scena del crimine; Serena Rubina Baglio studierà i meccanismi di un tumore che colpisce soprattutto bambini e adolescenti, l’osteosarcoma, per cercare di trovare nuove strategie di cura; Elena Bitocchi analizzerà l’evoluzione del genoma del fagiolo comune per capire se si può migliorare; Chiara Cantiani si dedicherà a capire se è possibile prevenire i problemi del linguaggio già a partire dai primi mesi di vita di un bambino; Valentina Martena lavorerà per creare dei farmaci nanotech utili alla terapia dei tumori cerebrali e delle malattie neurodegenerative. Le cinque giovani ricercatrici italiane potranno continuare i loro studi anche grazie al contributo della Borsa “L’Oréal Italia Per le Donne e la Scienza” che hanno ricevuto oggi.
In Italia fare il ricercatore non è facile, ma se si è donna le cose si fanno ancora più difficili. Come dimostrano i dati: secondo il rapporto “She figures 2012” della Commissione Europea, le donne ricercatrici italiane sono il 34% della popolazione che fa ricerca (appena un punto percentuale sopra la media europea) ma se guardiamo ai posti di responsabilità (e di potere) la percentuale crolla miseramente, è donna solo il 17% dei membri dei board di enti e istituzioni (mentre la media europea è del 36%). La fotografia scattata da Bruxelles mostra quindi un sistema che penalizza fortemente la carriera femminile nella ricerca, così come accade in altri settori. Eppure, se ce ne fosse bisogno, le ricercatrici dimostrano di saper gestire in maniera proficua il loro lavoro, come dimostra un altro dei fattori preso in considerazione dalla survey europea: rispetto al 2002, le ricercatrici italiane hanno aumentato di più dei ricercatori la loro capacità di aggiudicarsi dei finanziamenti per la loro ricerca: il 4,9% in più contro il 3,2%.
“Ma se è vero che alcuni gap si stanno colmando, il passo a cui si procede è troppo lento”, come afferma anche il rapporto europeo. Le serie storiche di dati ci dicono che lo sbilanciamento di genere nella ricerca non è un fenomeno che si corregge da solo. Sono necessarie azioni mirate, a livello europeo così come a livello delle singole nazioni, per assicurare il progresso costante verso l’equità di genere nella ricerca e nelle carriere scientifiche. In questo scenario il premio “L’Oréal Italia Per le Donne e la Scienza”, quest’anno giunto alla sua 11° edizione, rappresenta un modello importante di finanziamento a progetti di ricerca di eccellenza condotti da giovani donne.