Ci sono batteri cattivi e batteri buoni, ci sono quelli super resistenti e poi ci sono i batteri-Dracula, che soffrono la luce del sole. Come quelli presenti nella polvere che si accumula sotto i nostri letti, sulle poltrone, negli angoli bui delle nostre case. A scovarli, indagando il rapporto tra esposizione alla luce e batteri domestici, sono stati ricercatori dell’Università dell’Oregon. A parità di temperatura e umidità, scrivono in uno studio appena pubblicato sulla rivista open access Microbiome, i batteri della polvere domestica sopravvivono meglio al buio che alla luce del sole ovvero la luce visibile a occhio nudo). La quale, soprendentemente, avrebbe sui batteri domestici lo stesso effetto germicida che hanno i raggi ultravioletti (Uv).
Stanze in miniatura
“Passiamo la maggior parte della vita al chiuso, esposti a particelle di polvere che trasportano una varietà di batteri, inclusi batteri patogeni, che ci fanno ammalare”, dice Ashkaan Fahimipour, primo autore della ricerca. “Per questo è importante capire come le caratteristiche degli ambienti in cui viviamo possono influenzare gli ecosistemi dei batteri e quali effetti possono avere sulla nostra salute”.
Per studiare il rapporto fra luce e batteri, gli scienziati hanno realizzato undici camere in miniatura, una riproduzione in scala 1:32 di ambienti di 4 x 8 x 3 metri e con finestre. E in ogni camera hanno insediato un campione di polvere raccolto in ambienti domestici diversi.
Considerato che i vetri delle finestre di abitazioni e uffici sono trattati per far passare la luce visibile e schermare i raggi Uv, i ricercatori hanno trattato le finestre delle ministanze in modo che alcune fossero del tutto opache, altre trasparenti alla luce visibile, altre solo ai raggi Uv. E hanno aspettato novanta giorni.
Luce e ombra sui batteri domestici
Le analisi dei campioni prelevati in ciascun ambiente al termine del test hanno rilevato differenze nella composizione delle popolazioni batteriche tenute al buio rispetto ai microbiomi esposti alla luce visibile e ai raggi UV. A seconda della quantità di luce, e non del tipo, la porzione di batteri vivi e vitali (in grado di riprodursi) variava dallo 0.4% al 73%. Nelle camere buie i batteri sopravvissuti erano in media il 12% contro una media del 6.1% e del 6.8%, rispettivamente in quelle illuminate da raggi Uv e luce visibile.
Negli ambienti esposti alla luce i batteri provenienti dall’esterno sono risultati più numerosi di quelli di derivazione umana (presenti sulla sulla pelle e poi sulle cellule morte che si disperdono nell’ambiente, pricipale componente della polvere domestica). Inverse le proporzioni nelle stanze buie: in questo caso prevalevano i batteri della pelle umana. Non solo: vi si trovavano microrganismi affini a quelli che causano malattie respiratorie, come il saccaropolyspora, caratteristici in terreni ed edifici rurali ma quasi del tutto assenti in ambienti soleggiati. “La luce solare”, osservano gli autori dello studio “ha alterato il microbioma della polvere domestica rendendolo più simile a quelli che si trovano in ambienti esterni”.
Più luce in casa, meno infezioni
“Il nostro studio sulla relazione tra esposizione alla luce e batteri supporta una saggezza secolare, e cioè che la luce sanifichi gli ambienti”, dice Fahimipour. “Una maggiore comprensione di questo fenomeno permetterà, tenendo conto anche delle variabili geografiche, di progettare edifici, case, scuole, uffici, ospedali e altre strutture a uso collettivo, che riducano il rischio di infezioni da polvere.
Riferimenti: Microbiome