La prova che Lucy, forse il più famoso dei nostri antenati, fosse anche un’arrampicatrice era arrivata già tempo. Uno studio di qualche anno fa mostrava che a dispetto dell’indiscusso bipedismo, gli Australopithecus afarensis (di cui Lucy fa parte) non erano ancora del tutto scesi dagli alberi: le loro caratteristiche anatomiche suggerivano abilità a metà tra gli camminatori e gli scalatori. E abiliti scalatori erano in particolare i più piccoli della specie, come sembra suggerire uno studio pubblicato su Science Advances. E lo erano non a caso.
A far da spia è stato proprio il piede di un piccolo rappresentante di A.afarensis. Un rappresentante, così come Lucy, ben noto tra gli antropologi, che ha più di tre milioni di anni, arriva da Dikika (Etiopia), ed era una femmina di circa due anni e mezzo. Presentata ufficialmente nel 2006, la “bambina di Dikika” è oggi al centro degli studi del team di Jeremy DeSilva del Dartmouth College e fornisce indizi preziosi sull’evoluzione dell’anatomia, delle capacità di movimento degli ominidi di oltre tre milioni di anni fa. Ma permette di fare anche qualcosa di più: capire come si muovevano questi ominidi apre una finestra anche sulle loro abitudini, sul loro stile di vita.
Così è stato anche per le analisi condotte sul piede del fossile di Dikika, che mostra caratteristiche anatomiche a livello di un osso, il cuneiforme mediale, associate a una maggiore mobilità dell’alluce insieme a una maggiore fragilità nelle ossa nella parte posteriore del piede. Quanto osservato suggerisce che questi piccoli ominidi fossero abili a camminare su due gambe, ma potevano anche a restare abbracciati alle loro mamme mentre queste giravano in cerca di cibo ed erano anche abili anche ad arrampicarsi sugli alberi. Anzi potrebbero aver passato anche più tempo quassù che a terra, suggeriscono gli autori. Perché? “Se vivevi in Africa tre milioni di anni fa senza fuoco, senza alcuna struttura, e senza nessuno strumento di difesa, meglio era per te essere in grado di rifugiarti su un albero dopo il tramonto”, commenta De Silva.
La selezione dei tratti associati alle capacità di presa del piede in un contesto di vita arboricola o dipendenza dalle cure durante l’età infantile, concludono gli autori, potrebbe fornire nuove spiegazioni alle ragioni del mantenimento dei tratti più tipici delle scimmie di A. afarensis. Ancora considerati però, almeno da adulti, arrampicatori solo occasionali.
Riferimenti: Science Advances
Immagine copertina: Piede di A.afarensis sopra l’impronta di un bambino (Credit: Jeremy DeSilva)