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L’uragano Mitch

di
Alessandra Goberti

E’ stato giudicato il più grave disastro naturale che si ricordi in America Centrale. L’uragano Mitch, che ha colpito la regione centroamericana tra la fine di ottobre e l’inizio di novembre dello scorso anno, ha seminato oltre 9000 vittime in Honduras, Nicaragua, Guatemala ed El Salvador, e ha avuto conseguenze gravi su almeno altri 2 milioni e mezzo di persone. Oltre mezzo milione di case sono state distrutte e più di un milione di edifici sono rimasti senza tetto. I cicloni tropicali, come il Mitch, non sono eventi straordinari, si verificano annualmente con una certa regolarità in luglio e in dicembre. L’eccezionalità di Mich è nella sua straordinaria potenza, decisamente superiore alla media degli uragani che periodicamente colpiscono il Centro America.

Il ciclone si è generato nella zona delle Isole di Capo Verde e ha viaggiato da Est verso Ovest per subire poi un ulteriore spostamento verso Nord dovuto alla rotazione della Terra. Come tutti gli uragani, il Mitch si è formato perché il vapore provocato dell’elevata temperatura del mare ha sviluppato una corrente calda che a sua volta è salita verso l’alto. A questo punto la rotazione terrestre, obbligando le masse d’aria calda a ruotare, ha dato origine a venti che in pochi giorni si sono sviluppati attorno a un “occhio”, dando vita al ciclone.

E’ necessario precisare che l’uragano Mitch non ha nulla a che vedere con Il Niño e La Niña. Questi, infatti, sono fenomeni climatici non strettamente meteorologici, hanno un’origine diversa e i loro effetti hanno ripercussioni di vasta portata.

Il Niño come fenomeno climatico non è recente. Anzi, con molta probabilità è antichissimo. I primi studi però risalgono al secolo scorso, quando venne riscontrata una diretta correlazione tra pescosità dell’Oceano Pacifico e condizioni di maggiori o minori precipitazioni sul continente sudamericano. Questa alternanza aveva modalità periodiche piuttosto regolari e, nei primi decenni del secolo, si verificava ogni sei-sette anni. Il periodo però è andato via via accorciandosi e, mentre venti anni fa il Niño si verificava ogni quattro anni, attualmente si presenta con una frequenza insolitamente alta: ogni due anni circa.

Esiste sicuramente una correlazione diretta tra il clima e il fenomeno del Niño. Alcuni ritengono che sia lo stesso Niño a incidere sul clima, ma molti scienziati, osservando il continuo riscaldamento che il clima del nostro pianeta sta subendo, sembrano più propensi a credere il contrario e cioè che la maggiore frequenza del Niño sia dovuta ad un aumento della temperatura globale.

Per questo è necessario tenere ben distinti i fenomeni climatici come il Niño dai cicloni tropicali come il Mitch che, anche se hanno un impatto simile sul territorio, non hanno però le stesse origini e tanto meno la stessa prevedibilità. Un fenomeno come il Niño può essere previsto con un anticipo di mesi, mentre per il Mitch la prevedibilità si aggira attorno a qualche ora e richiede, quindi, un sistema informativo ramificato sul territorio per mobilitare la popolazione in tempi ragionevoli.

I governi del Centro America e dei Caraibi devono affrontare queste catastrofi naturali ogni anno. Tuttavia l’uragano Mitch si è manifestato con una violenza superiore a qualsiasi previsione. Inoltre ha colpito i grandi centri urbani, distrutto intere piantagioni di banane e caffè. Per questo ha mobilitato tutti i governi del Centro e del Sud America che, a maggio, si incontreranno a Stoccolma e, in presenza della Banca Mondiale e della Banca Inter-Americana dello Sviluppo, presenteranno delle proposte per incentivare gli investimenti sul sistema di previsione meteorologico.

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