La paura dei ragni, nota anche come aracnofobia, può essere sconfitta in pochi minuti somministrando un farmaco betabloccante che induce una amnesia selettiva. Lo affermano, in un articolo pubblicato sulla rivista Biological Psychiatry, i ricercatori dell’Università di Amsterdam, che hanno somministrato il propranololo, normalmente usato per trattare l’angina pectoris e l’ipertensione arteriosa, a persone con il terrore dei ragni. Il metodo si basa sullo sfruttamento del principio del “riconsolidamento mnestico”. In sintesi si tratta del tentativo di modificare selettivamente la memoria dei soggetti fobici in modo che la visione o il contatto diretto con un ragno non inneschi più uno stato di paura incontrollata.
Il propranololo è stato scelto per questo esperimento perché la sua azione farmacologica si estende anche all’inibizione della produzione di noradrenalina, un neurotrasmettitore implicato nel fissaggio dei ricordi nelle memoria. Il test è stato eseguito selezionando 45 persone con una seria paura dei ragni. A 15 di queste è stata somministrata una singola dose di 40 mg di propranololo e ad altre 15 un placebo. Tutti i soggetti di entrambi i gruppi sono stati messi in contatto per circa due minuti con una tarantola; ad altre 15 persone è stato somministrato il farmaco nella stessa dose ma senza aggiungere l’incontro con il ragno. Le persone che hanno ricevuto il farmaco e “incontrato” la tarantola hanno riferito la completa sparizione o la sensibile riduzione dell’aracnofobia, per un periodo di almeno un anno.
“Per la prima volta, ha commentato Merel Kindt, psicologa dell’Università di Amsterdam e coautrice dello studio, “abbiamo avuto la dimostrazione che la somministrazione di un farmaco in grado di indurre un’amnesia, unito alla riattivazione del ricordo da rimuovere, è in grado di modificare le reazioni delle persone con aracnofobia. Un approccio che è più simile alla chirurgia di precisione che alla terapia comportamentale. Lo standard terapeutico attuale per i casi di fobia, come per quelli di disordine da stress post-traumatico, consiste in lunghe e ripetute sessioni di terapia cognitivo-comportamentale associate all’assunzione quotidiana di farmaci. Tutto ciò, nella maggioranza dei casi, induce solamente una moderata e spesso transitoria riduzione dei sintomi”.
Riferimenti: Biological Psychiatry doi: 10.1016/j.biopsych.2015.04.006