Un nemico in più nell’antica Roma: la malaria. Il focolaio della malattia etichettata spesso sotto il nome di “paludismo“ ha fatto stragi anche in pieno Impero Romano; ce n’è traccia sui resti umani dei primi secoli dopo Cristo, tra il primo e il terzo. È quanto emerge da uno studio pubblicato su Current Biology a firma degli scienziati del McMaster’s Ancient Dna Centre e dell’University of Sydney, insieme a Luca Bandioli del Museo di preistoria ed etnografia di Roma “Luigi Pigorini”.
I ricercatori, dopo aver isolato frammenti di DNA dentale di 58 adulti e 10 bambini sepolti da oltre duemila anni nei cimiteri dell’Isola Sacra (presso la foce del Tevere), Velia (in provincia di Salerno) e Vagnari (in Puglia), hanno infatti rilevato segni del parassita della malaria: il Plasmodium falciparum trasmesso dalla femmina della zanzara Anopheles. “Ci sono moltissime descrizioni scritte che narrano di febbri assimilabili alla malaria nell’antica Grecia e nell’antica Roma, ma finora la specie responsabile non era nota – ha spiegato Stephanie Marciniak, tra gli autori dello studio – i nostri dati confermano che il responsabile era presumibilmente il Plasmodium falciparum che colpiva in diversi contesti ecologici e culturali”.
Lo studio piuttosto complesso, considerando che il plasmodio si diffonde primariamente nel sangue e in organi che si decompongono facilmente, conduce a un deduzione tutt’altro che ottimista: nonostante la “durevolezza” della malattia, la stessa non è stata ancora debellata completamente. Ogni anno la malaria uccide 450.000 persone nel mondo, un “big killer” soprattutto per l’Africa sub-sahariana.
Riferimenti: Current Biology