Ad innescare la catena di eventi che ha regalato ai mammiferi un cervello straordinariamente grande rispetto agli altri animali è stato lo sviluppo di un più raffinato senso dell’olfatto. A dimostrarlo, applicando allo studio dei fossili tecniche di tomografia computerizzata, è stato un gruppo di ricercatori statunitensi della University of Texas – Austin, del Carnegie Museum of Natural History (Pittsburgh) e della St. Mary’s University (San Antonio), il cui lavoro è apparso sull’ultimo numero di Science.
Per la prima volta, i paleontologi statunitensi sono riusciti a scannerizzare crani fossili di due mammiferi ancestrali – il morganucodonte e l’adrocodio – così da ricrearne dei modelli interni. “Questi due animali – spiegano gli studiosi – popolavano la Cina durante il Giurassico Inferiore, tra 199 milioni e 175 milioni di anni fa”. Entrambi di piccole dimensioni (soprattutto l’adrocodio, lungo più o meno come una graffetta), sono considerati tra i primi cugini ancestrali dei mammiferi odierni per via della loro capacità cranica, di gran lunga superiore rispetto a quella dei loro contemporanei.
Il gruppo di ricerca, guidato da Tim Rowe, direttore del Laboratorio di Paleontologia dei Vertebrati dell’Università del Texas, ha trascorso diversi anni a scannerizzare più di una dozzina di crani fossili di pre-mammiferi con una tecnica chiamata tomografia computerizzata (CT) a raggi X, di solito utilizzata in ambito medico. “La tecnologia CT è indispensabile per l’analisi di fossili così fragili, poiché consente di ricreare immagini precise e tridimensionali di una cavità cranica fossilizzata senza il rischio di danneggiare il reperto”, precisano gli studiosi. Le immagini, ottenute presso la High-Resolution X-ray Computed Tomography Facility di Austin, sono state archiviate online e possono essere consultate al sito http://www.digimorph.org/.
Questi modelli tridimensionali hanno permesso ai ricercatori di osservare dall’interno il cervello e le cavità nasali di questi fossili e riscontrare un allargamento della cavità nasale e delle regioni legate all’olfatto, così come delle aree del cervello deputate a processare le informazioni olfattive. “Entrambe le caratteristiche – spiegano nell’articolo – indicano un miglioramento della capacità olfattiva nei pre-mammiferi”.
Lo studio, tuttavia, non si limita a esplorare il ruolo dell’olfatto nell’evoluzione cerebrale dei mammiferi, ma cerca anche di ricostruirne una storia “a puntate”. Secondo Rowe e colleghi, infatti, il cervello dei mammiferi si sarebbe evoluto in almeno tre fasi, di cui il miglioramento del senso dell’olfatto non è che la prima e la più significativa. Gli altri due momenti di sviluppo, spiegano i ricercatori, sarebbero correlati all’aumento della sensibilità tattile dovuta ai peli corporei e al miglioramento della coordinazione neuromuscolare o dell’abilità di produrre movimenti muscolari più precisi utilizzando i sensi.
Gli autori, infatti, ipotizzano che il pelo (di cui erano dotati sia l’adrocodio che il morganucodonte) servisse originariamente a “guidare” gli animali e ad aiutarli a muoversi all’interno di piccole fessure senza farsi del male. Questa accentuata sensibilità tattile avrebbe favorito la formazione di intricati campi sensoriali nella neocorteccia del cervello mammifero. Infine, poiché la neocorteccia è coinvolta sia nella percezione sensoriale sia nella produzione dei comandi del movimento, il suo sviluppo avrebbe contribuito alla messa a punto delle capacità motorie e della coordinazione neuromuscolare dei pre-mammiferi.
“Grazie a questo studio disponiamo ora di un quadro generale del cervello mammifero ancestrale”, precisano i ricercatori. “Ora siamo in grado di elaborare ipotesi più dettagliate sulla sequenza di eventi che ha portato all’evoluzione cerebrale dei mammiferi e sull’importanza dei diversi sistemi sensoriali”. “Prossimamente – ha concluso Rowe – esploreremo la successiva diversificazione del cervello e dei sistemi sensoriali. Questo ci permetterà di scoprire nuovi segreti su come abbiano fatto i mammiferi a sviluppare cervelli molto grandi e capacità sensoriali estremamente specifiche, come ad esempio l’elettrorecezione negli ornitorinchi e i sonar biologici di balene e pipistrelli”.
Riferimenti:Science DOI: 10.1126/science.1206915
Credits: Mark A. Klingler/Carnegie Museum of Natural History