L’ultimo risultato negativo lo ha fatto registrare il progetto statunitense Lux un paio di mesi fa; poco prima di lui, anche PandaX-II in Cina si era aggiunto alla folta schiera di esperimenti volti a misurare la materia oscura e conclusisi con un nulla di fatto. Eppure, dobbiamo dare conto di quell’ 85% di massa che calcoliamo essere presente nell’Universo e che non riusciamo a osservare direttamente. Uno degli enigmi più affascinanti della fisica contemporanea, dunque, continua a rimanere tale. Ma quali sono le ragioni di questo stallo? Abbiamo fatto il punto della situazione con Alessandro Melchiorri, fisico, docente di cosmologia alla Sapienza Università di Roma.
Professore, cos’è la materia oscura, e come mai l’abbiamo prevista ma non riusciamo a dimostrarne l’esistenza?
“Cosa sia esattamente ancora non lo sappiamo, poiché non l’abbiamo ancora misurata in laboratorio. Ciò che chiamiamo materia oscura ci aiuta a spiegare le osservazioni in cosmologia astrofisica. Pensiamo che dovrebbe essere costituita da una particella molto pesante, con massa superiore a 100 GeV – circa cento volte la massa del protone – che non emette né interagisce con la radiazione elettromagnetica, come la luce. Con queste caratteristiche la materia oscura può spiegare ad esempio la formazione delle strutture degli ammassi di galassie e – anche se in maniera non perfetta – le curve di rotazione delle galassie. In sostanza, la cosmologia ci dice semplicemente che la materia oscura non può non esserci: telescopi come Planck ci hanno fornito misure estremamente precise sui parametri cosmologici che ne richiedono la presenza, dunque o la materia oscura c’è, o il modello standard della cosmologia – l’impalcatura teorica su cui poggia attualmente la nostra comprensione dell’universo – è essenzialmente da buttare”.
Nonostante ciò, la materia oscura continua a essere estremamente elusiva. Gli sforzi sperimentali per rilevarla direttamente si moltiplicano a livello internazionale, ma continuiamo a non vederne traccia: c’è qualcosa che non va?
“È che non conoscendone la natura, le difficoltà sono molte. Al Large Hadron Collider di Ginevra, per esempio, si stanno cercando particelle supersimmetriche [la supersimmetria è un’estensione, al momento speculativa, del modello standard delle particelle Ndr] che potrebbero costituire la materia oscura. A tutt’ora non sono state trovate, e questa strada sta diventando via via sempre meno attraente. Ma i dati raccolti non ne escludono l’esistenza e la speranza ancora c’è. Per le misure nei laboratori sotterranei, come al Gran Sasso, la situazione invece si sta facendo abbastanza drammatica perché potrebbe essere che questa particella interagisca cosi debolmente che non si riesca a vederne un effetto. Inoltre, seguendo i modelli più accettati, questi esperimenti sono tarati per particelle di grande massa, mentre un ottimo candidato alternativo per la materia oscura potrebbe essere l’assione, una particella con le caratteristiche giuste ma una massa molto piccola, che lo rende elusivo rispetto alle misurazioni fatte fino ad adesso”.
Questi risultati negativi stanno influenzando il consenso della comunità scientifica attorno all’esistenza della materia oscura?
“Non direi. Certo, se non ci fossero state tutte queste scoperte in cosmologia come ad esempio la radiazione di fondo cosmico e tutte queste misure così perfette a dirci che deve esserci qualcosa oltre il modello standard, l’idea di lasciar perdere potrebbe anche venire in mente a qualcuno. Abbiamo ottime ragioni per continuare la caccia, anche se è vero che ci troviamo in una situazione un po’ paradossale: da una parte c’è una evidenza sempre più forte su scale cosmologiche, dall’altra parte in laboratorio, negli esperimenti diretti che dovrebbero dirci tutto sulla materia oscura, non troviamo niente”.
Queste considerazioni hanno portato allo sviluppo di modelli alternativi alla materia oscura?
“Sì, alcuni fisici hanno per esempio cominciato a pensare a possibili modifiche della teoria della relatività generale di Einstein. Teorie di questo tipo però, per spiegare alcune delle osservazioni che abbiamo, diventano troppo complicate e comunque non riescono mai a spiegare tutti gli effetti che osserviamo. È chiaramente possibile che la materia oscura non esista e che invece la spiegazione risieda in una teoria della gravità molto più complessa, però al momento una teoria del genere non è stata formulata coerentemente, quindi a mio avviso non c’è una alternativa valida”.
Se le chiedessimo di sbilanciarsi un po’ riguardo alla possibilità di rivelare la materia oscura in un prossimo futuro cosa direbbe?
“Diciamo che, nonostante le difficoltà, non scommetterei contro una possibile scoperta in laboratorio nei prossimi anni. È uno di quei settori in cui tutto può capitare da un giorno all’altro, sicuramente non getterei la spugna in questo momento”.
Articolo prodotto in collaborazione con il Master SGP della Sapienza Università di Roma
Si sa che e’ in corso una disputa, tra gli addetti ai lavori, sull’ esistenza o meno della materia oscura.
Dal mio punto di vista, opto per l’ esistenza considerando che tutta la materia contenuta in una galassia debba necessariamente essere bilanciata da una pari forza attrattiva atta a tenerla unita.
Il buco nero presente al centro di tutte le galassie,anche prendendone in esame uno dalla massa di miliardi di soli,non soddisfa al compito menzionato perche’ la galassie contengono centinaia di miliardi di stelle.
Essendo la galassia un oggetto cosmico dove il rapporto energia/materia e’ di tipo dinamico, penso occorra pensare al buco nero non solo come divoratore di materia ed accumulatore di massa ma anche come macchina cosmica atta alla gestione di tale rapporto convertendo parte della massa accumulata in materia oscura producendo in compound la forza necessaria a tenere compatta la galassia.