Basterebbe scioglierli nell’acqua e di essi non rimarrebbe traccia. Sono i nuovi dispositivi elettronici studiati dai ricercatori dell’University of Illinois di Urbana-Champaign che oggi cercando di immaginare in che modo potrebbero essere utilizzati in medicina. I magici dispositivi appartengono a una classe più vasta di nuove tecnologie di cui John A. Rogers, del gruppo di ricerca, parlerà il prossimo novembre in occasione AVS 61st International Symposium & Exhibition, a Baltimora.
John A. Rogers e colleghi nel 2012 avevano già presentato sulle pagine di Science il loro prototipo di sensore biodegradabile: un dispositivo al silicio, magnesio e involucro di seta (vedi Galileo: Il sensore che si scioglie), testato quindi sotto la pelle di alcuni topi. Oggi Rogers torna sui suoi dispositivi al silicio a basso impatto ambientale illustrando le grandi potenzialità che questi potrebbero avere in campo medico. Infatti, essendo biodegradabili, potrebbero risolvere il problema (non di poco conto) dell’accumulo dei rifiuti elettronici nell’ambiente.
Le nuove tecnologie potrebbero servire, per esempio, a sviluppare sistemi elettrici provvisori da impiantare nel corpo (come nel cervello) per facilitare la riabilitazione in seguito a lesioni traumatiche o simulatori elettrici che accelerino la crescita delle ossa. Ma i dispositivi biodegradabili potrebbero servire anche per la somministrazione programmata dei farmaci. In generale, poiché programmabili, questi sistemi dopo aver svolto la loro funzione per il tempo stabilito, scomparirebbero venendo assorbiti dal corpo del paziente, evitandogli un’ulteriore intervento per la loro rimozione.
Riferimenti: American Institute of Physics (AIP)
Credits: J.Rogers/UIUC