L’enigma dei “gamma-ray burst” ha i giorni contati. Grazie a Beppo-Sax, il satellite italo-olandese lanciato nel 1996 e dotato di rivelatori per raggi X e gamma estremamente precisi, stiamo per scoprire cosa si nasconde dietro questi misteriosi lampi di raggi gamma ad altissima energia, che si succedono in cielo al ritmo di circa uno al giorno.Da quasi 25 anni, da quando cioè furono scoperti i burst di raggi gamma, gli astrofisici sono a caccia degli oggetti responsabili delle imponenti e inspiegabili esplosioni cosmiche capaci di generare flussi di luce tanto intensi. Ma non è facile afferrare i burst. Perché avvengono in momenti e posizioni casuali, e non si ripetono praticamente mai nello stesso punto. E, soprattutto, perché durano pochissimo: il gamma-ray burst tipico è un lampo che si spegne in una manciata di secondi, anche se ne sono stati visti alcuni da pochi millesimi di secondo e altri della durata di un’opera lirica.
L’unica maniera per smascherare i burst era quella di riuscire a individuarne la posizione in maniera estremamente rapida e precisa, per puntare i telescopi sulla zona incriminata e scoprire, nella lunghezza d’onda della luce visibile, quali oggetti avessero prodotto il lampo di raggi gamma.
Ci sono riusciti nelle scorse settimane alcuni gruppi di astrofisici, principalmente italiani e olandesi. L’annuncio è sul numero di questa settimana della rivista Nature: puntando in gran fretta i telescopi di mezzo mondo su un gamma-ray burst, individuato il 28 febbraio da Beppo-Sax, è stato visto, per la prima volta, un oggetto. Debolissimo, lontanissimo, ma che ha tutto l’aspetto di una galassia.
Per molti anni le teorie più accreditate avevano sostenuto che i burst avessero origine all’interno o nelle immediate vicinanze della Via Lattea. Ma se le prime analisi dei dati comparsi sulla rivista inglese troveranno conferma nelle osservazioni dei prossimi burst, dovremo concludere che i lampi gamma vengono generati all’interno di galassie lontane. E se la luce gamma ci giunge tanto intensa dopo un cammino di miliardi di anni luce, i gamma-ray burst devono essere in assoluto gli oggetti più luminosi dell’universo.
Già nel gennaio scorso era stato scovato un oggetto, simile a una galassia, proprio nella stessa posizione in cui Beppo-Sax aveva rivelato un burst. Ma all’epoca le osservazioni disponibili (riportate anche su Galileo) erano poche e la galassia era stata osservata quasi solo ai raggi X e non nella luce visibile.Ora invece i dati sono davvero stringenti. Il primo di marzo, puntando di corsa i telescopi sull’area in cui il satellite aveva rivelato il lampo, gli astrofisici hanno trovato un oggetto debolissimo, circa un milione di volte meno luminoso delle più deboli stelle visibili a occhio nudo. Il 6 marzo altri ricercatori hanno scovato, nella stessa posizione, un oggetto che emetteva raggi X. A fine marzo anche il telescopio orbitante Hubble ha visto un oggetto lontano, che andava facendosi sempre più fievole col passare dei giorni.
Secondo Bohdan Paczynsky e Ralph Wijers, due fra i massimi esperti nel settore, entro un anno avremo prove a sufficienza per dichiarare chiusa l’inchiesta sui luoghi di nascita dei burst. Ma riusciremo anche a scoprire quale processo è responsabile della produzione di questi lampi di radiazione di energia prodigiosa? Gli autori dello studio pubblicato da Nature si dichiarano ottimisti: “Noi riteniamo che il problema della distanza, nonché quello del meccanismo alla base degli enigmatici gamma-ray burst, siano ormai in dirittura d’arrivo”. A quanto pare, presto sentiremo parlare di nuovo dei burst gamma. Ma, forse, in maniera conclusiva.