È una delle cose più affascinanti e uniche che si possono vedere in natura: un gruppo di megattere che nuotano e che con i loro sfiatatoi creano trappole di bolle, le cosiddette “bolle di alimentazione” Questi cetacei, infatti, usano una particolarissima tecnica di caccia che consiste nel creare una rete di bolle d’aria al di sotto di un banco di krill. Come fanno le due megattere che, in parallelo, si vedono sbucare dai cerchi di bolle in uno straordinario video ripreso al largo del sud-est dell’Alaska dai ricercatori del progetto Marine Mammal Research Program (MMRP), che ha lo scopo di studiare le possibili cause del declino di questi grandi mammiferi marini.
Le riprese mozzafiato
“Il video è davvero straordinario”, spiega nel video Lars Bejder, ricercatore a capo del progetto. “Stiamo osservando come questi animali manipolano le loro prede e si preparano alla loro cattura”. Per riuscire a catturare queste straordinarie immagini di caccia, i ricercatori si sono serviti sia di telecamere a ventosa posizionate sui cetacei sia di droni, riuscendo ad avere nuove e preziose informazioni su come le megattere assumono questo particolare comportamento. “La prospettiva del drone ci mostra come queste reti di bolle si formano e in che modo i cetacei escono dalle bolle mentre affiorano in superficie, mentre le telecamere sulle balene ci mostrano il punto di vista dell’animale”, spiega Bejder. “Sovrapporre questi due set di dati è davvero eccitante”.
La lunga migrazione delle megattere
Come spiegano i ricercatori, circa 3mila megattere visitano l’Alaska durante il periodo estivo per nutrirsi e oltre 10mila balene arrivano alle Hawaii durante il periodo invernale per riprodursi. Quando le balene lasciano l’Alaska per migrare per circa 5 mila chilometri, tuttavia, smettono di mangiare fino al loro ritorno, diversi mesi dopo. “Le Hawaii sono un luogo di riproduzione e di riposo per le megattere”, conclude l’esperto. “L’Alaska, invece, è un terreno di foraggiamento e stiamo cercando di capire quanto costa l’intera migrazione a questi animali e, quindi, quanto devono mangiare per riuscire a portare a termine questa lunga migrazione”.
Riferimenti: Marine Mammal Research Program