Delta plus. Questo è il nome di una nuova variante del coronavirus, in sigla AY.4.2 – o meglio di una sotto-variante che deriva dalla delta – caratterizzata da qualche mutazione in più nella proteina spike del virus. Diffusa nel Regno Unito, dove è presente in più del 6% dei casi, la delta plus è presente anche in altre nazioni, fra cui l’Italia. Ma nel nostro e negli altri paesi i contagi da delta plus sembrano per ora piuttosto limitati (qui diffusione e caratteristiche). Come accaduto prima della comparsa di altre varianti, anche in questo caso la nostra conoscenza è in divenire. Al momento quello che sappiamo è che la delta plus potrebbe essere un po’ più contagiosa della delta. Inoltre per ora non ci sono prove che dia luogo a forme Covid-19 più aggressive.
Delta plus, variante di interesse
Fino ad alcuni giorni fa la variante delta plus non rientrava in nessuna delle 3 classi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Nella prima classe ci sono varianti che destano interesse, nella seconda quelle che preoccupano e nella terza quelle con conseguenze significative. Da poco però le autorità inglesi hanno ufficialmente inserito la delta plus nella prima categoria. Ma perché allora si chiama delta plus, come se fosse potenziata? Semplicemente perché proviene dalla delta, di cui è una sorta di sotto-prodotto con qualche mutazione in più.
La contagiosità
Non ci sono stime precise su quanto delta plus ci attacchi rapidamente e con efficacia, rispetto alla delta, anche se sulla base di analisi preliminari gli esperti ipotizzano un aumento della trasmissibilità intorno al 10%, non così stravolgente. “Nulla a che vedere pertanto con varianti come la alfa o la delta, che erano più trasmissibili del 50-60%” , ricorda in un’intervista alla Bbc Francois Balloux, direttore dell’Istituto di genetica alla University College di Londra. Il punto è che già la variante delta, oggi dominante in Italia e in Europa, si diffonde molto più facilmente rispetto alla forma precedente. Per questo, se un leggera crescita non sembra cambiare sostanzialmente l’andamento dell’attuale epidemia, non bisogna abbassare la guardia perché la delta è di per sé molto contagiosa.
Ma anche se in futuro la trasmissibilità si rivelasse molto più elevata, non si arriverebbe comunque al picco di casi dell’anno scorso, secondo quanto riferisce a Npr l’epidemiologo Justin Lessler dell’Università del North Carolina. Questo perché la popolazione è in gran parte vaccinata. In ogni caso gli esperti raccomandano di mantenere diverse precauzioni, anche se vaccinati, per ridurre al minimo il rischio di contagio. Dal distanziamento alle mascherine, soprattutto nei luoghi affollati e indoor, alla ventilazione frequente degli ambienti.
A cosa prestare attenzione
Ad oggi non ci sono prove che la variante delta plus possa causare infezioni più gravi. E non c’è alcun indizio che sia necessario aggiornare i vaccini contro le nuove varianti. Riguardo ai sintomi attualmente non sappiamo se ci siano eventuali differenze rispetto a quelli della variante delta. Pertanto l’indicazione è quella di prestare attenzione alle manifestazioni “classiche” del coronavirus e della delta. Quelle tradizionali includono febbre, tosse, stanchezza e perdita dell’olfatto e del gusto. Cui si aggiungono sintomi associati maggiormente alla delta (ma non solo), che in particolare sono mal di testa, rinorrea (naso che cola), mal di gola, starnuti e tosse persistente. Le indicazioni sono piuttosto ampie e non c’è una regola unica (qui anche l’indicazione dei 7 sintomi).
Qui è possibile rintracciare le norme aggiornate del Ministero della Salute per come e quando effettuare un tampone e la quarantena, anche a seconda dello stato di immunizzazione.