Federico Neresini
Il nano-mondo che verrà. Verso la società nanotecnologica
Il Mulino Saggi Bologna, 2011, pp. 193, euro 18,00
C’è una tesi di fondo nel libro di Neresini. Ed è da questa che dobbiamo partire se vogliamo comprendere veramente il rapporto tra nanotecnologie e società. E’ una prospettiva per molti aspetti rivoluzionaria quella proposta dall’autore de Il nano-mondo che verrà, raramente teorizzata con argomentazioni tanto convincenti. La possiamo sintetizzare così: è illusorio immaginarsi epocali trasformazioni perché società e sviluppo tecno scientifico evolvono insieme. Gli scienziati non dipingono su tele vergini il nostro futuro, ma fanno parte del quadro e partecipano insieme agli altri elementi alla sua graduale evoluzione. Abbandoniamo quindi l’idea di considerare biotecnologie, neuroscienze o nanotecnologie come i deus ex machina che stravolgono un abitudinario e stagnante quieto vivere.
“Siamo proprio sicuri – si chiede Neresini – che, mentre la scienza scopre e la tecnologia innova, la società rimanga inalterata?”. Non è una questione da poco. A seconda di come si risponde cambia il paradigma con il quale giudichiamo il mondo. Se rispondiamo “no”, come il nostro autore ci invita a fare, abbracceremo una nuova Weltanshaung. Dove scienza e tecnologie perderanno il ruolo di padrone del nostro destino, dove l’innovazione scorrerà parallela alle nostre vite, senza giocare sempre d’anticipo condannandoci a una perenne e frustrante rincorsa, dove le nostre abitudini non verranno sconvolte da novità che nessuno si aspettava. Utili o nocive, risolutive o diaboliche le scoperte che ci immaginiamo di là da venire non ci coglieranno impreparati come se “fossero state catapultate da un universo parallelo”. Semplicemente perché, in gran parte, le innovazioni, che molti auspicano e altrettanti temono, sono già tra noi: quando parliamo di nanotecnologie non dobbiamo immaginarci un futuro lontano, ma un presente in divenire.
Il leitmotiv che accompagna il lettore per l’intero saggio di Federico Neresini, docente di Scienza, tecnologia e società all’Università di Padova, viene riproposto periodicamente con semplici e inequivocabili frasi: “Non siamo in grado di sapere come sarà il nostro mondo da qui a dieci o a cinquanta anni. Sappiamo però che le nanotecnologie fanno già parte del nostro mondo. Quel futuro è adesso”. Apprezziamo la scelta, non solo perché repetita juvant ma anche perché ogni volta il discorso, pur tornando al punto di partenza, intraprende nuovi e inesplorati sentieri.
Uno di questi ci porta indietro agli albori delle nanotecnologie: l’invenzione del microscopio a scansione a effetto tunnel (Stm) negli anni Settanta. Uno strumento che non permette solo di mostrarci ciò che non avevamo mai visto, cioè gli atomi, ma anche di manipolarli. In poco tempo quella scoperta ha provocato una valanga di altre applicazioni, dalla fisica alla biologia che, accelerando senza sosta, ha finito per travolgere l’immaginario collettivo: è nata così l’idea, largamente condivisa e propagandata con la complicità dei media, ma anche dalle istituzioni, del devastante impatto sociale delle nanotecnologia. Non è così, sostiene l’autore: innovazione e società sono strettamente connesse, e insieme costruiscono il futuro.