Come nascono diverse migliaia di galassie legate gravitazionalmente tra loro, insieme alla materia oscura e all’alone di gas caldo, in quello che viene definito dagli esperti un ammasso di galassie? A rispondere oggi è un team di ricerca internazionale, coordinato dall’Università di Trieste e dall’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), che ha per la prima volta osservato direttamente le primissime fasi della formazione di un ammasso di galassie, descrivendone la nascita in un nuovo studio appena pubblicato su Nature.
La Galassia Ragnatela
Servendosi delle osservazioni del telescopio Alma dello European Southern Observatory (Eso), capace di analizzare lunghezze d’onda millimetriche, il team si è focalizzato su un protoammasso associato alla galassia chiamata Spiderweb Galaxy, o Galassia Ragnatela, proprio perché ricorda un ragno che cattura le sue prede, in questo caso galassie più piccole. Posizionata nella costellazione dell’Idra, a una distanza che corrisponde a quando l’Universo era 10 miliardi di anni più giovane di oggi, Spiderweb Galaxy è destinata a diventare una della strutture più grandi dell’Universo.
Cosa c’è dentro un ammasso di galassie
La nascita dell’ammasso di galassie
Dalle osservazioni svolte, i ricercatori sono riusciti a esaminare le grandi quantità dell’intracluster medium, un gas caldo, principalmente di idrogeno ionizzato ed elio, che ha una massa superiore a quella delle galassie e permea lo spazio tra queste, nelle primissime fasi della formazione di questo ammasso. Più nel dettaglio, si sono serviti del cosiddetto effetto Sunyaev-Zeldovich, un fenomeno che si verifica quando la radiazione prodotta dal Big Bang attraversa un gas caldo. Quando questa interagisce con gli elettroni in movimento nel gas, aumenta l’energia e la sua lunghezza d’onda cambia, formando una sorta di macchia sulla radiazione cosmica di fondo. “Alle giuste frequenze, l’effetto Sz da un ammasso di galassie appare come un’ombra sul fondo cosmico a microonde”, precisa Luca Di Mascolo, primo autore dell’articolo.
Un gas caldo che perma lo spazio
Analizzando le ombre (la nube di colore blu nella foto), quindi, il team ha potuto osservare l’esistenza di un enorme serbatoio di gas caldo e calcolare la sua massa, pressione e struttura. “Il fenomeno osservato presenta enormi contrasti”, aggiunge Tony Mroczkowski, ricercatore dell’Eso e coautore dello studio. “Il gas caldo distruggerà gran parte di quello freddo durante l’evoluzione del sistema: stiamo assistendo a una delicata transizione. Questo studio fornisce una conferma osservativa delle previsioni teoriche di lunga data sulla formazione degli oggetti legati gravitazionalmente più grandi dell’Universo”.
La ricerca, infatti, ha coinvolto anche esperti che da anni lavorano allo studio dei protoammassi utilizzando diverse tecniche osservative, dalla banda radio a quella ottica e ai raggi X. “Lo studio dimostra come combinando sofisticati metodi di analisi dei dati ricavati dai telescopi più avanzati e le simulazioni ottenute con il calcolo ad alte prestazioni si possano aprire nuove vie alla comprensione della formazione delle strutture cosmiche”, commenta Stefano Borgani, ricercatore che si è occupato, insieme ad Alex Saro ed Elena Rasia, le simulazioni numeriche. “Le simulazioni cosmologiche hanno previsto la presenza di gas caldo nei protoammassi da oltre un decennio, ma mancavano finora le conferme osservative”, conclude Rasia.
Via: Wired.it
Crediti immagine: ESO/Di Mascolo et al.; HST: H. Ford
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