Fa un certo effetto ascoltare su Youtube i giovani psico-neuro-fisiologi di Siena- impegnati nelle ricerche presentate da Simone Rossi in questo libro – che considerano ormai obsoleta la ricerca in biologia molecolare che ha permesso cinquant’anni fa la lettura del DNA umano. Ci sarebbe ancora tanto da capire in questo campo ma è anche molto interessante rendersi conto di come la attuale ricerca neurologica spinga le conoscenze sul sistema nervoso verso obiettivi che cinquant’anni fa erano veramente inimmaginabili. Dal testo di Rossi trapela la coesione di un team coinvolto in un innovativo progetto di ricerca, la gioia di riuscire a verificare sperimentalmente idee azzardate, il piacere e la soddisfazione di aver portato in prestigiose Università straniere i propri risultati, la sfida ad andare ancora avanti su terreni inesplorati.
Come dice il titolo del volume, la neuromodulazione rappresenta la sfida scientifica di oggi e le sue applicazioni terapeutiche aprono prospettive importanti a chi presenta gravi problemi di comportamento, di memoria, di capacità cognitive. Ogni malattia neurologica o psichiatrica, infatti, altera l’architettura funzionale del sistema nervoso determinando “oscillopatie”, cioè anomalie caratteristiche dei ritmi oscillatori cerebrali.
In principio fu l’encefalogramma
Già i primi elettroencefalogrammi potevano registrare l’attività elettrica oscillatoria del cervello con metodologie non invasive, cioè con elettrodi applicati superficialmente sullo scalpo, ed erano stati individuati ritmi di oscillazione caratteristici dei diversi tipi di onde, ben definite dal numero di cicli al secondo e indicate comunemente con lettere greche. Esiste una correlazione fondamentale tra il comportamento e l’attività elettroencefalografica, che varia nel corso della giornata e a seconda delle attività che vengono svolte: veglia, movimento, compiti cognitivi. Se ogni attività corrisponde ad una modulazione dei ritmi cerebrali è possibile pensare che all’inverso, modificando dall’esterno queste attività cerebrali, si possa intervenire di conseguenza sui comportamenti ad esse correlati. E’ importante ricordare anche che, negli anni della Guerra Fredda, la CIA studiava proprio come modificare il comportamento umano, sia usando sistemi farmacologici sia stimolando elettricamente il sistema nervoso.
Dbs, Tms e tDcs: le vie della neuromodulazione
Oggi, alcuni approcci terapeutici possono distruggere in maniera attentamente mirata alcune piccole strutture cerebrali responsabili dei sintomi accusati dai pazienti di varie malattie. Gli effetti non sono sempre duraturi perché la natura plastica del cervello sopperisce facilmente alla funzione della parte eliminata. Più recentemente una tecnica chiamata Dbs (Deep Brain Stimulation) produce effetti migliori senza asportare la parte lesa ma solo stimolandola elettricamente. Disturbi del movimento, distonie, alcuni tipi di Parkinson e di Tourette possono essere trattati con la DBS con risultati che perdurano anche per tempi lunghi. Si potrà agire anche a distanza: apparecchiature elettromedicali terapeutiche possono tele-modulare la stimolazione dei pazienti e apposite interfaccia neurali miniaturizzate possono stimolare o bloccare l’esecuzione di movimenti con grandi possibilità di entusiasmanti sviluppi. L’orgoglio dei neurofisiologi, direttamente o indirettamente coinvolti nella sperimentazione, riguarda anche la bionica vascolare che ”è solo l’ultima dimostrazione di come il cocktail esplosivo composto dalla fantasia dei ricercatori e dall’evoluzione tecnologica produce risultati” in maniera estremamente rapida.
La TMS (Transcranial Magnetic Stimulation) o la tDCS (Trans cranial Direct Current Stimulation) sono delle metodiche non invasive capaci di modificare le proprietà di scarica dei neuroni stimolati. La neuromodulazione può modificare l’attività elettrica del cervello ma può avere anche altre applicazioni, intuite e sperimentate dai giovani psicologi e psiconeurologi di Siena. Per esempio, secondo l’idea di Emiliano Santarnecchi, la TMS permette di intervenire sul flusso ematico che irrora tumori localizzati nella corteccia cerebrale e avviare quindi processi terapeutici non chirurgici.
Tutti cervelloni con il neuroenhancement
Serendipity e competenza, intuizione e padronanza delle situazioni stanno dunque aprendo nuove possibilità terapeutiche così come ne aprono altre a livello di prestazioni cognitive. Immettendo una minima corrente alternata negli elettrodi posizionati sullo scalpo, si può attivare un “entrainment”, cioè un trascinamento, una amplificazione del ritmo cerebrale corrispondente alla rete neuronale stimolata: con questo tipo di interventi diventerà possibile modificare, per esempio, il risultato di un compito di esame e ottenere altre modifiche comportamentali.
Questi risultati aprono un campo di ricerca che va sotto il nome di neuroenhancement e che riguarda tutti i problemi connessi al potenziamento cognitivo. Dal punto di vista farmacologico si sa che dal 5% al 35% degli studenti fa uso di sostanze – lecite e illecite- per migliorare le proprie prestazioni; a questi si aggiungono manager, sportivi e tutti quelli che ambiscono a miglioramenti estremi nel proprio campo di attività. Al doping chimico si aggiunge adesso il doping elettrico, di cui si è cominciato a parlare qualche anno fa, migliore del precedente perché non lascia tracce che possano individuarlo. Non c’è nessuna normativa che proibisce, attualmente, l’uso della stimolazione cerebrale ma il mercato, soprattutto l’on-line, sta offrendo un numero sempre crescente di strumenti per una neuromodulazione non invasiva, per un fai-da-te- che promette potenziamento cognitivo. Chi sa che le cuffiette che si vedono in testa a molti sportivi- commenta Rossi- servano non per sentire musica ma per migliorare le proprie prestazioni.
I più a rischio contro i pericoli del brain stimulation sono ovviamente gli adolescenti: effetti collaterali possono essere attacchi epilettici, disturbi di memoria, un generale sbilanciamento dei meccanismi inibitori ed eccitatori del cervello. E non è rara, avverte ancora Rossi, una associazione tra l’uso della stimolazione cerebrale e videogiochi in ambienti domestici.
Addio pillole, arriva l’elettroceutica
Lo sviluppo di dispositivi bioelettronici che utilizzano la corrente per modificare funzioni e disfunzioni del nostro corpo e in particolare del cervello va oggi sotto il nome di elettroceutica, ed è un settore in pieno sviluppo. Gli studi vanno dalle possibilità di impiantare chip cerebrali nei soldati per aumentarne le potenzialità psicologiche e fisiche a quelle di restituire il movimento a pazienti tetraplegici inserendo microelettrodi miniaturizzati nelle aree cerebrali responsabili. Con questi dispositivi si possono inviare dal cervello impulsi che ripristinino l’omeostasi sostituendo con messaggi corretti quelli “falsi” responsabili di varie patologie; altri impulsi potranno modificare l’elaborazione del dolore sostituendosi agli interventi di tipo farmacologico, altri ancora permetteranno il recupero di memorie perdute.
La possibilità di sostituire elettroceuticamente la farmacologia chimica in situazioni controllate non è poi cosi remota. Abbastanza remota, invece, è la realizzazione di quello che Rossi immagina a conclusione del suo libro: trasformare i segnali elettrici del nostro cervello in energia accumulabile da utilizzare, con dispositivi appropriati, come segnale elettrico in uscita. Accendere una lampadina con uno sforzo cognitivo ci farebbe entrare a pieno titolo nel mondo dei fumetti e sarebbe una reale testimonianza delle idee geniali che ci passano nella mente.
Il libro
Simone Rossi
Il cervello elettrico. Le sfide della neuro modulazione
Raffaello Cortina Editore, 2020
pp. 162, € 18,00
Illustrazione di Megan Rexazin da Pixabay