Ci sono numeri e numeri. Prendiamo la nostra data di nascita: per noi rappresenta il giorno in cui siamo venuti al mondo, il tempo che passa, la festa di compleanno, la voce da riportare sui documenti ufficiali. Ma è anche un insieme di cifre, che è possibile, per esempio, sommare tra loro. Sommersi dai numeri – veniamo a contatto con almeno mille cifre al giorno tra codici, prezzi e date – spesso non cogliamo la differenza tra i concetti di numero “enciclopedico”, usato per codici, cataloghi, date e numeri di telefono, e “non enciclopedico”, quello cioè utilizzato nell’aritmetica. Se leggiamo i simboli 56 e 57, è automatico pensare che si tratta di numeri consequenziali e che il secondo è più grande del primo di una unità. Se però leggiamo 501 o 747 ci viene subito in mente un paio di jeans e un aereo.
La distinzione all’interno del cervello umano è stata messa in evidenza da un’equipe dell’University College di Londra, guidata dall’italiana Marinella Cappelletti. Gli studiosi hanno riportato il caso di un paziente che, dopo aver subito un danno cerebrale al lobo temporale sinistro e conseguente epilessia, ha conservato la facoltà di compiere operazioni aritmetiche, ma non quella di associare i numeri ai fatti.
Come descritto su Cortex, una rivista internazionale sui processi cognitivi, il paziente mostrava una dissociazione tra i due processi cognitivi: conservava il concetto di numero e la capacità di compiere operazioni, ma aveva perso quello di numero enciclopedico: per lui, quindi, il 25/12 non era Natale ma l’equivalente di 2,08.
Secondo i ricercatori, questo caso fornisce nuovi dettagli su processi cognitivi non ancora esplorati in modo sistematico, e rappresenta un’ulteriore evidenza della distinzione tra sapere matematico e non numerico nel sistema semantico. (mi.m.)