Una nuova misura del “numero magico” che regola l’Universo

Costante di struttura fine
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È un numerello che a molti non dirà nulla. Ma che invece rappresenta il valore di una delle costanti più importanti della fisica. Uno di quei numeri, insomma, che per qualche ragione regolano il funzionamento dell’Universo così come lo conosciamo. Gli scienziati lo chiamano costante di struttura fine, e lo indicano con la lettera greca α: il suo valore numerico è vicino al rapporto 1/137, e, per spiegarlo con parole semplici, serve a caratterizzare l’intensità della forza elettromagnetica che agisce su particelle cariche come elettroni e protoni. Fu introdotta per la prima volta dal fisico Adam Sommerfeld, nel 1916, e oggi un’équipe di scienziati del Kastler Brossel Laboratory di Parigi è riuscita a misurarla con una precisione mai raggiunta finora, spingendosi addirittura a 11 cifre significative, tre in più rispetto alla stima precedente. Lo studio che racconta la ricerca è stato pubblicato sulla rivista Nature.

“La costante di struttura fine”, diceva il grande fisico Richard Feynman, “è un numero magico, del quale non abbiamo alcuna comprensione”. E Paul Dirac considerava la sua origine “il più fondamentale problema irrisolto della fisica”. Non proprio robetta, insomma: la costante è praticamente ubiqua nella fisica, dal momento che è legata alla forza elettromagnetica e, per dirla con le parole di Holger Mueller, fisico alla University of California, Berkeley, “tutto quello che vediamo nel mondo è legato all’elettromagnetismo o alla gravità: per questo la costante di struttura fine è così importante”. Il fatto che il suo valore, 1/137, sia piccolo, fa sì che l’elettromagnetismo sia una forza relativamente debole, e di conseguenza che gli elettroni siano in grado di “saltare” fuori dagli atomi e formare i legami chimici. Se però fosse ancora più piccolo, per esempio pari a 1/138, le stelle non sarebbero state in grado di formare gli atomi di carbonio, e la vita non sarebbe potuta esistere, almeno non come la conosciamo oggi. Ecco perché la determinazione del suo valore è così importante e interessante.

Per misurare la costante di struttura fine, gli scienziati dell’ateneo parigino hanno messo a punto un esperimento molto complesso e ingegnoso, raffreddando degli atomi di rubidio a temperature vicine allo zero assoluto, inserendoli in una camera a vuoto e infine osservando il loro comportamento quando assorbivano un fotone: la velocità di “rinculo” degli atomi di rubidio ha permesso di risalire al nuovo valore della costante di struttura fine, che, per i più curiosi, si è rivelato essere 1/137.035999206. “Il nostro risultato”, ha spiegato Saïda Guellati-Khélifa, coordinatrice del team di ricerca, “conferma splendidamente le previsioni teoriche del Modello Standard [la teoria che descrive il comportamento di tutte le particelle attualmente conosciute, nda]. È l’accordo più preciso tra teoria ed esperimenti”. Ma nel frattempo è già tornata al lavoro, raffinando la strumentazione, per una nuova misurazione, possibilmente ancora più precisa.

Riferimenti: Nature
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