Anche se la chiamiamo materia oscura, su di lei ne abbiamo dette di tutti i colori. Siamo abbastanza sicuri che esista, ma non l’abbiamo mai osservata direttamente. Ci chiediamo di cosa sia fatta, come si comporti, da dove venga, quale sarà il suo destino. C’è perfino chi ha ipotizzato che sia collegata a un altro Universo. L’ultima notizia – solo in ordine temporale – sulla materia oscura va ancora oltre: sulla scorta di un’ardita riformulazione della teoria della gravità, due scienziati del Department of Physics and Astronomy alla University College London, Jonathan Oppenheim e l’italiano Andrea Russo, hanno dedotto che forse l’esistenza della materia oscura non sarebbe poi così necessaria come invece ritengono le ipotesi attualmente più accreditate. L’idea di Oppenheim e Russo è descritta in un articolo scientifico appena caricato su arXiv, il server di pre-print che ospita i paper scientifici prima del processo di revisione dei pari e della pubblicazione su rivista: è quindi necessaria massima cautela nella valutazione della robustezza dei risultati fino a che la revisione non sarà completata.
Non si vede, ma c’è
Una domanda viene spontanea. Se non abbiamo mai visto (direttamente) la materia oscura, perché ipotizziamo che esista? La ragione sta nel fatto che molte osservazioni sperimentali sembrano essere spiegabili solo con questa assunzione. Tutto comincia con il cosiddetto Modello standard della fisica delle particelle, un impianto teorico che descrive la natura e il comportamento della materia ordinaria: al momento, questo modello è il più solido e verificato sperimentalmente per rappresentare il mondo che ci circonda. Ma non è perfetto: nel corso del Novecento, infatti, astronomi e cosmologi hanno cominciato ad accumulare diverse osservazioni sperimentali, legate soprattutto a fenomeni dovuti alla forza gravitazionale – la gravità è effettivamente l’entità che ancora comprendiamo meno – che non potevano essere descritti correttamente con le equazioni del Modello standard. Tra queste, per esempio, la velocità di rotazione delle stelle e delle galassie, alcune caratteristiche della radiazione cosmica di fondo e la curvatura della luce per effetto delle cosiddette lenti gravitazionali.
Se si considerano unicamente le particelle ordinarie, effettivamente, questi fenomeni sono inspiegabili. Ed è proprio per questo che nel corso degli anni si è fatta strada l’ipotesi che esista un altro tipo di materia, con caratteristiche diverse da quelle della materia ordinaria (e quindi non osservabile con i metodi con cui essa si rileva normalmente) ma in grado di interagire con quest’ultima tramite la gravità. Di più: questa sfuggente entità, chiamata per l’appunto materia oscura, rappresenterebbe addirittura la maggior parte dell’Universo – le stime più attuali valutano che la materia oscura costituisca ben l’85% della materia presente nell’Universo e circa il 27% della sua massa totale.
E se invece…
Oppenheim e Russo ipotizzano però che le cose potrebbero essere diverse. I due hanno sviluppato una propria teoria della gravità – che al momento, come sottolinea il Guardian, è considerata piuttosto “controversa” e “tutt’altro che rigorosamente testata” – che potrebbe “spiegare l’espansione dell’Universo e la rotazione delle galassie senza bisogno di materia oscura o di energia oscura”.
D’altronde, lo scenario ipotizzato da Oppenheim e Russo non è così nuovo. Qualcosa di simile è già successo, mutatis mutandis, con la cosiddetta teoria dell’etere – tempo fa si credeva che le contraddizioni tra meccanica ed elettromagnetismo potessero essere risolte solo ammettendo l’esistenza di un etere, per l’appunto, ossia di un mezzo in grado di propagare la luce; diversi esperimenti successivi, e la teoria della relatività di Albert Einstein, rimisero a posto le cose e dimostrarono che in realtà l’esistenza dell’etere non è necessaria, e la teoria fu abbandonata. “In assenza di prove dirette [dell’esistenza] della materia oscura e dell’energia oscura”, scrive ancor Oppenheim, “è naturale chiedersi se si tratti di costrutti scientifici non necessari, come fu per esempio per le sfere celesti, l’etere o il pianeta Vulcano, tutti successivamente sostituiti da spiegazioni più semplici. La gravità è storicamente sempre stata una grande imbrogliona”.
L’Universo bolle in pentola
La spiegazione più semplice di Oppenheim e Russo, in questo caso, coinvolge la cosiddetta teoria postquantistica della gravità classica, che ha l’ambizioso obiettivo di risolvere uno dei problemi più complessi e affascinanti della fisica moderna, ossia l’incompatibilità tra meccanica quantistica e relatività generale (due teorie che, prese indipendentemente, funzionano alla perfezione, ma che non possono essere inserite in un impianto unico coerente e armonioso), o, in altre parole, l’attuale difficoltà che hanno i fisici nel quantizzare la gravità. Secondo Oppenheim, il tessuto dello spazio-tempo, il sistema a quattro dimensioni in cui vive il nostro Universo, sarebbe “liscio” e continuo, cioè avrebbe le caratteristiche tipiche della fisica classica (il mondo della meccanica quantistica è invece discreto, ossia “discontinuo”), ma anche “intrinsecamente traballante”, ossia caratterizzato da continue fluttuazioni: la velocità di scorrimento del tempo, per esempio, fluttuerebbe in modo casuale e imprevedibile, e lo stesso avverrebbe per lo spazio, che si “deformerebbe” casualmente in diversi punti.
Forse non tutti sanno che… nessuno sa cos’è la gravità, nemmeno gli scienziati
Sarebbe proprio questo continuo “gorgoglio” di spazio e tempo, come quello di un ragù che bolle in pentola, a causare gli effetti che attualmente attribuiamo alla materia oscura, come per l’appunto le irregolarità nella rotazione delle galassie. “Abbiamo dimostrato”, si legge in un altro post di Oppenheim su X, “che si può spiegare l’espansione dell’Universo e le curve di rotazione delle galassie senza necessità di materia o energia oscura”. Ma è lo stesso Oppenheim a invitare alla prudenza nell’interpretazione e nella valutazione di questa ipotesi: “La cautela è d’obbligo, perché al momento esistono prove indirette della presenza della materia oscura, quindi sono necessari altri calcoli e altri confronti con i dati che abbiamo a disposizione. Se la nostra ipotesi fosse giusta, il 95% dell’energia dell’Universo sarebbe dovuta alla natura irregolare dello spazio-tempo, il che vorrebbe dire che siamo immersi in un ambiente che non obbedisce alle leggi della fisica classica o quantistica”. E cioè che la maggior parte della fisica conosciuta è da riscrivere, o quantomeno da correggere pesantemente. Solo il tempo potrà confermarlo o smentirlo.