È fissata per il 2015 la scadenza degli obiettivi del millennio (Millenium Development Goals, o Mdg), l’agenda per lo sviluppo firmata da tutti i paesi delle Nazioni Unite durante il summit di New York del 2000. Con la deadline ormai alle porte, è stato quindi deciso di sviluppare una nuova lista di obiettivi per lo sviluppo sostenibile (Sustenable Development goals, o Sdg), con cui aggiornare gli Mdg per il post 2015. Un’apposita taskforce è già a lavoro per sviluppare i punti da inserire nell’agenda, ma se in futuro la lotta alla povertà continuerà ad essere l’obiettivo primario, questa da sola potrebbe non essere più sufficiente. A lanciare l’allarme è un gruppo di esperti guidato da David Griggs dell’università australiana di Monash, in un commento apparso su Nature. Secondo gli autori, i cambiamenti climatici rappresentano infatti un rischio tale per l’ecosistema terrestre che, senza interventi concreti in direzione di uno sviluppo che salvaguardi la stabilità del pianeta, tutti i progressi fatti nella lotta alla povertà e alla fame potrebbero risultare vani.
L’analisi di Griggs e colleghi parte da una constatazione: la capacità dell’uomo di modificare l’ambiente ha dato vita a una nuova epoca geologica, l’antropocene, in cui il principale fattore di cambiamento sul pianeta è rappresentato appunto dalla nostra specie. Se non verranno fermati per tempo, i mutamenti prodotti dall’attività umana modificheranno in maniera irreversibile l’ecosistema terrestre, provocando fenomeni come siccità, eventi metereologici estremi, diminuzione delle risorse alimentari, degradazione degli ecosistemi, acidificazione degli oceani e innalzamento del livello delle acque. Pericoli reali, che metterebbero a rischio lo sviluppo e scatenerebbero crisi umanitarie a livello globale.
Per questo motivo Griggs e colleghi ritengono che la lotta alla povertà non possa più prescindere dal perseguimento di uno sviluppo sostenibile. Un doppio obiettivo, che potrebbe essere raggiunto, aggiornando gli Mdg con un occhio di riguardo verso un minore sfruttamento delle risorse del pianeta. Sono sei gli obiettivi identificati nell’articolo: far prosperare l’ambiente (e di riflesso la vita umana); accesso sicuro e sostenibile al cibo; accesso sicuro e sostenibile all’acqua; energia pulita universale; ecosistemi sani e produttivi; autorità pensate per uno sviluppo sostenibile.
Per comprendere l’approccio proposto da Griggs può essere utile qualche esempio. Per quanto riguarda l’accesso al cibo, gli autori suggeriscono una diminuzione delle quantità di azoto e fosforo utilizzate in agricoltura: andrebbe limitato a 35 milioni di tonnellate entro il 2030 l’azoto estratto ogni anno dall’atmosfera, a 10 milioni di tonnellate il fosforo immesso negli oceani, e dimezzato quello gettato in fiumi e laghi, aumentando però al contempo del 20% l’efficienza dei fertilizzanti entro il 2020, per garantire cibo sufficiente ai i paesi in via di sviluppo. Riguardo all’acqua invece, i prelievi da fiumi e bacini idrici dovrebbero essere portati sotto la soglia del 50-80% del flusso di acqua annuale, puntando su una gestione integrata delle risorse idriche per garantire a tutta la popolazione mondiale accesso ad acqua potabile e servizi igenici.
Il principio alla base della nuova agenda rimarrebbe dunque lo stesso che ha animato gli Mdg, ridurre cioè la povertà e la fame, migliorare la salute, e creare pattern di sviluppo e di consumo sostenibile, ma con una maggiore attenzione al reciproco rapporto tra uomo e ambiente. Un cambiamento che secondo Griggs non può prescindere da profondi mutamenti nello scacchiere economico internazionale. Le autorità nazionali dovrebbero quindi porre un costo allo sfruttamento delle risorse naturali, e tassare i comportamenti non sostenibili. Andrebbe rafforzata la gestione internazionale dei beni comuni, con accordi stringenti per fermare i cambiamenti climatici e uno stop deciso alla perdita di biodiversità e allo sfruttamento eccessivo degli ecosistemi. Secondo Griggs e colleghi, questa è l’unica strada per garantire che i progressi fatti verso lo sviluppo globale non vengano persi a causa dei danni da noi stessi apportati all’ambiente in cui viviamo.
Riferimenti: Nature doi:10.1038/495305a
Credits immagine: Global Water Partnership – a water secure world/Flickr
Tutto questo servirà a poco se non si pone un freno alla crescita demografica.