Goffi nell’andatura, ma sempre eleganti nelle loro livree bianco-nere, i pinguini di Adélie hanno trovato, tra i ghiacci dell’Antartide, delle vere e proprie oasi. Sono le polinie, aree perennemente deglaciate e ricche di fauna marina: una manna nel deserto ghiacciato dove vivono questi simpatici animali. Ora, per la prima volta, un team di ricercatori della Stanford University (California, Usa) ha “spiato”, con l’aiuto dei satelliti Nasa, l’attività biologica che si sviluppa all’interno di queste oasi, descrivendola poi in uno studio apparso sul Journal of Geophysical Research. “Nessuno prima d’ora”, spiega Kevin Arrigo, coordinatore della ricerca, “ha potuto descrivere nei particolari ciò che avviene all’interno di queste ‘aree calde’, così soprannominate non in ragione della loro temperatura, ma della loro altissima produzione biologica. E nessuno, quindi, ha mai potuto comprendere quanto da questa produzione dipenda il benessere delle popolazioni dei pinguini di Adélie, e non solo il loro. Le polinie, infatti, offrono un lauto banchetto anche alle foche, alle balene e agli uccelli di mare che, oltretutto, dovendo percorrere brevi distanze per procurarsi il cibo, riducono il loro tempo di esposizione ai predatori”.Le polinie sono originate dai venti continentali che staccano dalla costa antartica piattaforme di ghiaccio e le trascinano in mare aperto. Si formano così degli “stagni” circondati dai ghiacci al cui interno la luce solare, assorbita in quantità maggiore che sulla superficie ghiacciata, crea le condizioni ideali per un’intensa fioritura del fitoplancton, alimento base di una lunga catena alimentare. “Si tratta di microalghe”, va avanti l’esperto, “che vivono sospese nell’acqua e che sono in grado di produrre, grazie al processo di fotosintesi clorofilliana, materia organica. Di cui si nutrono i ‘krill’, piccoli crostacei, che sono, a loro volta, il piatto preferito dai pinguini di Adélie”.I satelliti della Nasa hanno spiato per cinque anni, dal 1997 al 2002, 37 sistemi di polinie costali, tracciandone la mappa geografica e studiandone la produttività organica. I ricercatori hanno quindi individuato nel Mare di Ross la polinia più grande, estesa per 396.500 chilometri quadrati, grande quasi quanto la California, mentre la più piccola, appena mille chilometri quadri, è stata localizzata nel Mare di West Lazarev. Quanto alla produttività, gli studiosi hanno calcolato che, prese insieme, le polinie del Mare di Ross, dello Ronne Ice Shelf, della Baia di Prydz e del Mare di Amundsen, sono responsabili di oltre il 75 per cento della produzione totale, nella regione polare, di fitoplancton. Il che spiega perché più del 90 per cento di tutti i pinguini di Adélie vivano qui.L’indagine non sarebbe stata possibile senza il contributo del Goddard Space Flight Center della Nasa. “Abbiamo misurato i parametri di maggiore rilevanza biologica presenti nell’oceano antartico”, spiega Gert van Dijken, della Stanford University, “grazie all’utilizzo di differenti satelliti. Innanzitutto il Ssm/i (Special sensor microwave imager), un sensore in grado di stimare la concentrazione di ghiaccio e le dimensioni delle polinie, riuscendo ad aumentare, tramite un algoritmo, la risoluzione dell’immagine di ben 16 volte. Poi il SeaWiFS (Sea-viewing Wide Field-of-view Sensor), una sorta di marker del fitoplancton, deputato a stabilire il colore dell’acqua, ossia la quantità di clorofilla e, quindi, di fitoplancton, presente”. Detto in altre parole, se l’acqua è verde, significa che c’è molto fitoplancton, se è blu, vuol dire che ce ne è poco o per niente. “I satelliti Avhrr (Advanced very high resolution radiometer) e Toms (Total ozone mapping spectrometer) infine”, continua van Dijken, “ci hanno permesso di misurare, rispettivamente, la temperatura dell’acqua, individuando nelle zone più calde la maggiore presenza di alghe, e il livello di ozono, grazie a cui è possibile misurare la quantità di luce ricevuta dal fitoplancton (anche in questo caso, a un maggior assorbimento di radiazione solare corrisponde una maggiore crescita biologica). Con questi dati, infine, siamo stati in grado di ricostruire la distribuzione dei pinguini”.Gli occhi dei satelliti, intanto, sono ora puntati su altre polinie: quella del Mare di Weddell Sea e le polinie associate alla zona soprannominata il “cimitero degli iceberg” (Iceberg graveyard), un luogo, a ovest di Cape Adare, dove gli iceberg si arenano, attaccandosi l’uno all’altro a formare una grande baia.