In Italia monitor e televisori funzionano con frequenze di scansione non regolamentate secondo criteri standard e quindi non sempre sono sicuri per la salute. È quanto è stato affermato nel primo workshop internazionale sull’argomento, che si è tenuto a Roma gli scorsi 27 e 28 novembre. L’esposizione prolungata a uno schermo può provocare crisi epilettiche anche gravi e la probabilità che ciò si verifichi dipende anche dalla frequenza di scansione dell’immagine, ossia la misura di quante volte l’intero quadro viene rigenerato ogni secondo. In Italia, per esempio, questo problema riguarda il 10 per cento dei 400 mila pazienti epilettici registrati.
“Uno dei principali obiettivi del nostro incontro”, dichiara Carla Buttinelli, del Dipartimento di Scienze Neurologiche del Policlinico Umberto I di Roma ed organizzatrice dell’evento, “è sensibilizzare le istituzioni alla formulazione di nuove linee guida, sul modello di quelle inglesi, dove il problema è stato risolto fin dagli anni Novanta”.
Dal confronto fra esperti, medici e pazienti emerge un decalogo con le regole e i comportamenti da seguire per prevenire i rischi, rivolto non solo ai soggetti a rischio, ma anche ai produttori dei monitor e ai responsabili della programmazione televisiva. Fra le indicazioni elencate ci sono la distanza da mantenere dallo schermo (paria tre volte la diagonale dello schermo), la frequenza minima di scansione che il monitor dovrebbe avere. Più la frequenza è elevata, infatti, e più l’immagine appare stabile. Normalmente lo schermo – preferibilmente Lcd o Tft – dovrebbe avere una frequenza al di sopra dei 70 hertz, in modo che lo sfarfallio non sia percepibile. Bisogna inoltre ridurre il più possibile il contrasto, e non passare più di un’ora davanti a un videogioco. (s.s.)