Oceani: il rischio di estinzione è maggiore per i grandi animali marini

Credits: Nooa
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I grandi animali marini corrono un rischio di estinzione più elevato delle specie più piccole. È la prima volta che si assiste a un simile scenario nella storia del nostro pianeta, e il principale imputato, anche questa volta, sembra essere l’uomo. A denunciarlo è uno studio dell’Università di Stanford pubblicato sulla rivista Science.

“Abbiamo scoperto che la minaccia di estinzione negli oceani moderni è fortemente associata con maggiori dimensioni corporee”, spiega Jonathan Payne, paleobiologo della School of Earth, Energy & Environmental Sciences di Stanford. “Questo molto probabilmente è dovuto al fatto che la gente punti prima alle specie più grandi per il consumo”, sostiene il ricercatore.

Payne e i suoi colleghi hanno esaminato l’associazione tra il livello di minaccia di estinzione e alcune caratteristiche ecologiche, come appunto le dimensioni corporee, per due grandi gruppi di animali marini, i molluschi e i vertebrati, nel corso degli ultimi 500 anni. Poi i dati raccolti sono stati confrontati con quelli relativi a un passato estremamente più antico, che si estende fino a 445 milioni di anni fa, con una particolare attenzione agli ultimi 66 milioni di anni.

I risultati sono stati scoraggianti. Grazie alla documentazione fossile, infatti, i ricercatori hanno evidenziato che l’era moderna è unica nella tendenza attuale alla sparizione di specie di grandi dimensioni. Le precedenti estinzioni di massa avevano riguardato tutti gli animali marini, oppure si erano limitate a quelli di dimensioni più piccole. “Quello che la nostra analisi dimostra è che per ogni fattore 10 di aumento della massa corporea – spiega Payne – le probabilità di estinzione salgono di un fattore 13 o giù di lì”. Insomma, precisa il paleobiologo: “maggiori sono le dimensioni degli animali marini, più elevato è il rischio che possano estinguersi”.

Secondo i ricercatori, l’estinzione selettiva degli animali più grandi potrebbe avere gravi conseguenze per la salute degli ecosistemi marini, perché si tratta di specie che tendono a essere in cima alle reti alimentari e i loro movimenti attraverso la colonna d’acqua e sul fondale marino favoriscono il ciclo delle sostanze nutritive negli oceani.

Sebbene lo studio non abbia esaminato direttamente il motivo per cui i grandi animali marini moderni siano a maggior rischio di estinzione, i risultati sono coerenti con un crescente corpo di dati scientifici che indica gli esseri umani come i principali colpevoli. “È in linea con la tendenza dell’industria ittica a sfruttare prima le specie più grandi e successivamente a spostarsi verso il basso della catena alimentare e prendere di mira le specie più piccole”, sottolinea Matthew Knope, coautore dello studio.

Tuttavia, secondo gli scienziati, c’è ancora tempo per invertire la rotta. “Non possiamo fare molto per invertire rapidamente le tendenze al riscaldamento e all’acidificazione degli oceani, che rappresentano le minacce più gravi, ma possiamo cambiare i trattati relativi al modo in cui cacciare e pescare”, sostiene Payne. “Le popolazioni ittiche hanno la capacità di recuperare molto più rapidamente del clima o della chimica dell’oceano”.

Riferimenti: Science

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