Qual è l’odore di una città? Al di là delle impressioni, più o meno personali, di cosa è fatto materialmente l’odore delle strade, dei parchi in cui passiamo? Quanti sono naturali e quanti prodotti dai suoi abitanti? Per capirlo un team di ricercatori dell’Università di Innsbruck (Austria) è andato a spasso per la propria città, registrando la qualità dell’aria e la presenza composti organici volatili, molecole diverse tra loro, spesso odorose. E hanno scoperto che nelle miscele che respiriamo si trova di tutto, persino cosmetici, per esempio. Ma anche che l’impatto dell’essere umano, anche in questo caso, è sottostimato e che le considerazioni in materia andrebbero riviste.
Prima di entrare nel dettaglio serve inquadrare bene capire cosa esattamente i ricercatori hanno analizzato, ovvero i composti organici volatici diversi dal metano (o Nmvoc, acronimo dell’espressione inglese). La quantità in atmosfera questi composti è uno degli indicatori della qualità dell’aria e un parametro essenziale nei modelli atmosferici, meteorologici e climatici. Gli Nmvoc sono un insieme molto eterogeneo di sostanze, spesso odorose, sia di origine naturale che antropica, che hanno in comune la volatilità e che influenzano i processi chimici atmosferici, la formazione di aerosol e di inquinanti come l’ozono a livello del suolo. I ricercatori di Innsbruck in Austria hanno utilizzato un sofisticato detector e l’approccio statistico denominato “covarianza delle turbolenze” per ottenere informazioni di elevato dettaglio su composizione, origine e quantità dei Nmvoc cittadini e stimare l’impatto delle attività umane su questi inquinanti, generalmente ritenuto equivalente a quello di microbi e piante, sorgenti naturali di Nmvoc. Come raccontano in un articolo pubblicato su Pnas i ricercatori mostrano che la componente dovuta alle attività umane è tra due e quattro volte superiore a quella usualmente stimata, anche in una città poco industriale come Innsbruck. Ma questo è solo uno dei risultati raggiunti.
Tra luglio e ottobre 2015 i ricercatori hanno monitorato l’aria in una regione centrale della città, determinando la composizione dei Voc grazie a uno speciale spettrometro di massa sviluppato da una spin-off dell’Università di Innsbruck, una sorta di sofisticato naso artificiale in grado di distinguere ed identificare le diverse molecole presenti nell’aria. Oltre al traffico e al semplice respiro degli abitanti, l’analisi ha permesso di determinare altre fonti di Nmvoc, alcune finora sottovalutate: ad esempio ristoranti e panetterie, che diffondono nell’aria aromi caratteristici ma anche sostanze moderatamente tossiche come l’acetonitrile. Anche cosmetici e prodotti per l’igiene lasciano la loro traccia impercettibile (al nostro naso, ma non alla strumentazione dei ricercatori), fatta principalmente di siliconi.
Come spiegano i ricercatori, le sorgenti umane alimentano l’immissione in atmosfera soprattutto di un sottogruppo di sostanze, quello dei composti volatili ossigenati. Queste sono particolarmente presenti in vernici e solventi, per i quali la legislazione europea ha gradualmente imposto la sostituzione di sostanze tossiche come benzene e toluene con altre a base acquosa e meno dannose per l’ambiente. I composti ossigenati hanno meno rischi diretti per la salute ma possono incrementare la formazione di aerosol e di particolato.
Sulla base dei loro dati gli autori dello studio speculano che i valori di Voc assunti a livello globale nei modelli atmosferici e climatici siano pesantemente sottostimati. Infatti, se in una piccola città come Innsbruck, poco industriale e immersa nel verde, le attività umane hanno un impatto così rilevante sull’immissione di Voc in atmosfera, c’è da aspettarsi che nelle più grandi e inquinate metropoli del mondo l’effetto umano sia almeno equivalente, se non maggiore.
Con quali conseguenze? Per rispondere a questa domanda sono necessari studi più estesi, geograficamente e anche per quanto concerne gli effetti sulla salute. È certo però che i modelli atmosferici e climatici basati sulle usuali stime degli Nmvoc dovrebbero essere riadattati ai nuovi parametri per poter fornire predizioni più realistiche.
Riferimenti: Pnas