I microrganismi che vivono nell’intestino potrebbero giocare un ruolo per la nostra forma fisica? A quanto pare, l’ipotesi non è da escludere. La flora batterica intestinale delle persone obese sarebbe infatti diversa da quella delle persone magre e potrebbe avere un effetto sull’aumento del peso. Risulta così da una ricerca della Washington University School of Medicine di St. Louis (Usa), che ha effettuato un’indagine comparativa sia negli esseri umani sia nei topi.
In base allo studio, i “microbi dell’obesità” sarebbero in grado di estrarre maggiori calorie dal cibo ingerito, calorie che vengono assimilate dall’organismo e depositate come grasso in eccesso. Non sono ancora chiare, tuttavia, le implicazioni per chi vuole dimagrire: non è noto l’effetto sulla salute del cambiamento della flora intestinale o se l’organismo è in grado di bilanciare eventuali scompensi.
Già dal 2004 i ricercatori ritengono che la flora intestinale, che conta circa 3 miliardi di batteri, abbia un ruolo nel controllo del peso. I dati ora pubblicati su Nature mostrano che le popolazioni microbiche di 12 soggetti obesi presentano lo stesso tipo di batteri delle persone normopeso, ma in proporzione differente. Gli obesi possiedono infatti il 20 per cento in più di batteri Firmicuti e quasi il 90 per cento in meno di Bacteroideti. Sottoposti a una dieta a basso tenore di grassi e carboidrati per un anno, gli individui grassi non solo hanno ridotto del 25 per cento il loro peso, ma mostravano valori quasi normali di Bacteroideti e Firmicuti.
Sui topi invece è stato effettuato un esperimento di altro tipo: da topi geneticamente modificati per diventare obesi è stato prelevato un campione di flora batterica, che è stata successivamente impiantata in topi normali. Dopo solo due settimane essi presentavano il doppio di massa grassa rispetto ai topi controllo. Inoltre la loro flora batterica era composta prevalentemente da Firmicuti e l’analisi genetica dei batteri mostrava un’elevata presenza di geni che consentono la degradazione delle fibre alimentari. Ciò suggerisce che tali batteri possano effettivamente estrarre maggiori calorie dai cibi. (a.p.)