L’ottimismo non è solo il profumo della vita, come recitava qualche anno fa il celebre spot con protagonista lo scomparso Tonino Guerra. La fiducia nel futuro, infatti, è anche una ricetta per vivere più a lungo. È quanto suggerisce una ricerca della Boston University School of Medicine che ha esaminato quasi 70.000 donne e 1.500 uomini, concludendo che i campioni di longevità hanno l’abitudine a vedere il bicchiere mezzo pieno. Gli ottimisti quindi hanno una marcia in più, probabilmente perché tendono ad assumere comportamenti più sani e reagiscono meglio allo stress. L’articolo pubblicato su PNAS conferma quello che già emergeva da studi precedenti: l’ottimismo è uno di quei fattori non biologici, ma psicosociali, potenzialmente in grado di influenzare la nostra salute.
Campioni di longevità
I partecipanti allo studio erano due gruppi di 69.744 donne e 1.429 uomini seguiti per 10 e per 30 anni, rispettivamente. All’inizio del periodo di monitoraggio è stato chiesto loro di rispondere a un questionario, che ha permesso di misurare il loro grado di ottimismo. Si chiama test LOT-R (Life Orientation Test Revised) e consiste nell’esprimere il proprio accordo o disaccordo con una serie di affermazioni, che riguardano in particolare la visione del futuro e il modo di affrontare i problemi e il rapporto con gli altri. Ai soggetti sono state anche poste domande sul loro stato di salute e dieta, consumo di alcol o fumo e altre abitudini più o meno salutari.
I risultati suggeriscono che l’ottimismo correla con un incremento medio della durata della vita compreso tra l’11 e il 15% in entrambi i gruppi. Sembra inoltre che la probabilità di raggiungere e superare gli 85 anni di età, quella che i ricercatori definiscono “longevità eccezionale”, aumenti del 50-70% negli individui più ottimisti. I dati sono risultati significativi anche dopo essere stati ripuliti da tutti i fattori che avrebbero potuto influenzare il risultato, come il grado di istruzione, la presenza di malattie croniche o depressione, lo stile di vita.
Ottimismo, una marcia in più
Che l’ottimismo facesse bene alla salute, in qualche modo, lo sapevamo già. Altri studi lo avevano correlato infatti a un rischio ridotto di morte prematura e a una minore incidenza di problemi cardiovascolari. Ma ora i ricercatori sono stati in grado di fornire una misura quantitativa degli effetti dell’ottimismo sulla durata della vita, e addirittura sul raggiungimento di una longevità eccezionale.
Secondo gli autori dello studio, l’asso nella manica degli ottimisti sarebbe la capacità di regolare emozioni e comportamenti, un’abilità che in circostanze stressanti permette di affrontare meglio i problemi e riprendersi più rapidamente. Oltre ovviamente a uno stile di vita sano, più comune tra chi è fiducioso nel futuro rispetto a chi non lo è.
L’ottimismo ha una base genetica ed è per il 25% ereditabile. Ma per la maggior parte dipende da fattori sociali. E soprattutto, si può imparare a essere ottimisti. Dagli esercizi di scrittura alla meditazione, fino alle terapie di tipo cognitivo-comportamentale, i metodi per “insegnare” l’ottimismo esistono e forse potrebbero aiutarci a vivere più a lungo e in generale a invecchiare più in salute. “Il nostro studio contribuisce alla conoscenza scientifica dei fattori che possono proteggere dal rischio di mortalità e migliorare la salute del pubblico durante l’invecchiamento”, ha dichiarato Lewina Lee primo autore della ricerca.
Riferimenti: Pnas